COMUNICATO
Traccia per la discussione sul rinnovo
contrattuale per i direttivi e gli attivi territoriali dei delegati Uilm
Premessa
Il rinnovo del Contratto nazionale nel settore metalmeccanico è da
sempre vertenza difficile e delicata. Questa volta la vertenza appare
ancor più difficile e delicata, condizionata com'è dalle divisioni
sindacali, dalla debolezza della congiuntura internazionale e dal
tentativo della Confindustria e degli altri datori di lavoro di forzare
il Governo a compiere scelte antisociali sul versante della riduzione
delle pensioni, su quello della spesa sanitaria e su quello del
contenimento delle retribuzioni.
Solo così si può spiegare l'ostinazione con cui il Governo e gli
industriali difendono la scelta miope e unilaterale di indicare per il
2003 e il 2004 tassi d'inflazione programmata, rispettivamente 1,4 e
1,3%, palesemente irrealistici. Si tenta di mutare il concetto di
inflazione programmata, che ha consentito di ridurre lo scarto tra
l'inflazione italiana e quella europea perché vedeva le Parti sociali e
il Governo impegnati nel perseguire una politica concertata di
risanamento e di crescita, in un vincolo all'autonomia contrattuale
delle Parti sociali. Tutto ciò è inaccettabile per la Uilm che ritiene
come la politica dei redditi serva a favorire la crescita dell'economia
nella coesione sociale e a tutelare il potere d'acquisto, anziché
comprimere le retribuzioni.
Di fronte a questa scelta del Governo e della Confindustria, per la
tutela degli interessi dei lavoratori è necessaria una forte, razionale
e - possibilmente - unitaria risposta sindacale. Non si tratta di
banalizzare le ragioni delle divisioni sindacali dei mesi passati, ma di
impedire che queste divisioni (in un contesto di crescita debole, cioè
di minor potere contrattuale dei lavoratori e del sindacato) forniscano
un alibi alla Federmeccanica per non rinnovare il Contratto nazionale di
lavoro nell'industria metalmeccanica.
Il contratto nazionale, infatti, si difende e si valorizza soprattutto
rinnovandolo: questo è il motivo sostanziale che ha portato la Uilm nel
luglio del 2001 a firmare l'accordo di rinnovo. Oggi - alla luce degli
eventi e della congiuntura economica - possiamo senza dubbio affermare
che non firmare a luglio 2001 sarebbe stata una scelta sbagliata e
penalizzante per i lavoratori metalmeccanici.
Per queste ragioni il rinnovo del contratto è per la Uilm obiettivo
prioritario e a questo obiettivo dedicheremo gran parte della nostra
attività.
Ci sembra, quindi, sbagliata la scelta della Fiom di presentare un
proprio e unilaterale documento esplicativo delle richieste per il
rinnovo del Contratto nazionale dell'artigianato metalmeccanico. Si
concede così un vantaggio alle controparti artigiane: quello di
contrattare con le Organizzazioni sindacali lacerate dalle divisioni,
confondendo, inoltre, i lavoratori. Senza contare la contraddizione che
si viene a creare nel fronte sindacale che, sia a livello di categoria
che a quello Confederale, sinora ci aveva visti uniti. Ed è, infine, un
pessimo segnale alla vigilia della scadenza del contratto dell'industria
metalmeccanica.
Però, per costruire una piattaforma contrattuale unitaria con i
presupposti di una conclusione contrattuale è chiaramente necessario
che ciascuna Organizzazione sindacale faccia un passo indietro. Non
pretendiamo abiure e non siamo neppure disponibili a farne, ma crediamo
che sia ancora possibile trovare una sintesi unitaria tra Fim, Fiom e
Uilm nell'interesse dei lavoratori metalmeccanici che senza contratto
nazionale sarebbero tutti più deboli. Tenteremo sino alla fine di
elaborare una piattaforma unitaria e dovranno essere chiare le
responsabilità di chi ha cercato la divisione e quindi di chi rischia
di indebolire il fronte sindacale.
La Uilm crede in un modello di democrazia delegata fondata su regole
certe e vincolanti per tutti. Ribadiamo pertanto la scelta del voto
delle Rsu sugli atti negoziali in azienda e guardiamo con grande
interesse al modello di validazione dei contratti nazionale in vigore
nel Pubblico impiego. Quel modello non può meccanicamente essere
trasposto nel settore privato per la frammentazione delle imprese e per
la carenza di strumenti di certificazione degli iscritti e dei voti. Ma
si tratta di difficoltà superabili in un costruttivo confronto con Fim
e Fiom.
Questo modello ci convince perché coniuga la partecipazione democratica
di tutti i lavoratori con il ruolo e le prerogative degli iscritti al
sindacato.
Il referendum, invece, è uno strumento non adeguato ad affrontare
materie complesse come quelle contrattuali, perché rigido e schematico.
Premesso tutto ciò, per questa volta e proprio nella logica di fare il
contratto, siamo disponibili a sottoporre a referendum la piattaforma
unitaria e l'ipotesi di accordo su questa base raggiunta. Alla verifica
referendaria vanno però poste anche tutte le scelte che si compiono
nella gestione della vertenza e quindi anche sul ricorso allo sciopero.
Poniamo queste condizioni, perché solo così saremo certi che si tratta
di un referendum svolto ai fini della misurazione del consenso e non di
uno strumento, divaricante, di lotta politica nel mondo sindacale.
Il merito contrattuale
A. Salario
Pur non essendo l'unico tema del negoziato che ci accingiamo ad avviare,
le richieste salariali rappresenteranno - come sempre - uno degli
elementi determinanti nell'esito della trattativa.
Tali richieste per la Uilm si collocano necessariamente nell'ambito dei
principi stabiliti dal Protocollo del 23 luglio 1993:
1. politica salariale non inflazionistica, ma che tuteli i salari reali;
2. doppio livello di contrattazione, con il contratto nazionale che
salvaguardi il salario reale e la contrattazione aziendale che
ridistribuisca la produttività e la ricchezza realizzata.
Riaffermare l'attualità e la validità di questi principi per la Uilm,
non significa negare la necessità e l'urgenza di intervenire per
tentare di porre rimedio ad alcuni limiti di questo accordo. In questo
senso e alla luce di una esperienza quasi decennale, due ci paiono i
limiti che emergono nell'applicazione di questo modello contrattuale.
In primo luogo, l'insufficiente diffusione della contrattazione di
secondo livello che ha coinvolto poco meno della metà degli addetti nel
settore metalmeccanico. Risultano esclusi dalla tutela salariale della
contrattazione integrativa in particolare i lavoratori dipendenti delle
piccole imprese.
La mancata redistribuzione degli incrementi di produttività ha
determinato una serie di conseguenze negative per i lavoratori
metalmeccanici e - crediamo - per l'intero sistema produttivo italiano:
1. risulta penalizzata una consistente parte dei lavoratori
metalmeccanici, perlopiù giovani, che lavorano nelle piccole imprese e
che non vedono riconosciuto il loro contributo allo sviluppo delle
imprese. Da qui il crescente rifiuto del lavoro in fabbrica;
2. le imprese prive di contrattazione di secondo livello inoltre
praticano un sorta di concorrenza sleale nei confronti delle imprese che
invece contrattano;
3. infine, la possibilità di eludere la contrattazione integrativa ha
favorito la frammentazione e alla limitata massa critica delle imprese
che oggi si trovano in difficoltà nella competizione internazionale.
Il secondo limite che si è evidenziato in questi anni è quello che
attiene alla credibilità del tasso di inflazione programmata. Nessuno,
infatti, vuole negare il contributo positivo di questo parametro nella
discesa dell'inflazione in Italia, nel convergere verso tassi
d'inflazione europei (vedi grafico 2) e contemporaneamente nel tutelare
i salari reali dei lavoratori dipendenti.
Però, come mostra il grafico 3, non si può negare che il
riferimento all'inflazione programmata abbia negli ultimi anni perso di
efficacia e di credibilità.
In un certo senso anche la decisione di Federmeccanica, Assistal, Fim
e Uilm di adottare, sia pur per i soli primi sei mesi del 2001, il tasso
di inflazione reale in luogo di quella programmata per la definizione
degli aumenti contrattuali del 2° biennio, può essere interpretato
come prova di sfiducia nei confronti del tasso d'inflazione programmato.
La poca credibilità del criterio inflazione programmata ha
probabilmente molteplici cause e non può essere imputato soltanto ai
programmatori che pure alcuni errori di previsione li hanno commessi.
Cambiamenti strutturali (l'introduzione dell'euro, la cessione della
sovranità monetaria alla BCE), elementi congiunturali (la tendenza al
rialzo del petrolio e del dollaro), l'arresto delle politiche di
liberalizzazione e di sviluppo della concorrenza (si pensi a petrolieri
e assicurazioni), il tentativo di Confindustria e degli altri datori di
lavoro di trasformare l'inflazione programmata da elemento fondante la
politica dei redditi a un vincolo negoziale che riduce di fatto il costo
del lavoro, sono tra le concause più evidenti.
Pertanto per la Uilm è necessario che nella definizione delle richieste
salariali, oltre al pieno recupero dello scostamento tra inflazione
programmata e quella reale per il periodo 1° luglio 2001 - 31 dicembre
2002, si prevedano:
1. l'integrale recupero dello scarto tra inflazione reale e quella con
cui è stato rinnovato il biennio 2001-2002;
2. il ricorso, in luogo degli improbabili tassi di inflazione
programmata previsti nel recente DPEF, a parametri ben più credibili
quali le previsioni di autorevoli Enti di ricerca o gli obiettivi
d'inflazione della Banca Centrale Europea.
3. la definizione di un istituto contrattuale sul modello della vecchia
indennità mancato premio di produzione che compensi almeno in parte i
metalmeccanici che non fanno contrattazione di secondo livello. Si
tratta di un istituto già presente in altri contratti nazionali.
Significherebbe una soluzione realistica e attuabile da subito ma che in
prospettiva potrà essere sostituita dalla contrattazione territoriale;
Queste richieste, accompagnate dalla riduzione della pressione fiscale
concordata col Patto per l'Italia, potranno avere un benefico effetto
sui consumi delle famiglie e quindi avviare una nuova fase di sviluppo
economico.
B. Bilateralità
La bilateralità rappresenta per il movimento sindacale una notevole
risorsa in termini di controllo e orientamento di scelte che altrimenti
vengono gestite unilateralmente dalle imprese, ma è anche un'importante
opportunità di offerta di servizi e tutele ai lavoratori e di
proselitismo.
Tre ci sembrano essere gli ambiti nei quali la bilateralità può
svolgere una funzione positiva per i lavoratori:
1. il tema della formazione sulla sicurezza, di quella professionale e
di conseguenza del collocamento: chi meglio delle parti sociali può
conoscere i fabbisogni professionali, o i rischi specifici e quindi le
esigenze formative degli addetti metalmeccanici?
2. il tema della tutela e del supporto ai lavoratori a tempo
determinato, per costruire le condizioni per una loro stabilizzazione,
sulla base delle esperienze già realizzate per il lavoro temporaneo;
3. la realizzazione in una realtà sempre più caratterizzata dalla
dispersione delle imprese - perlopiù di piccole dimensioni - di un
sistema di tutele e di assistenza su base territoriale analogo a quello
garantito dai Cral aziendali e dalle istituzioni sociali comunque
denominate.
C. Inquadramento unico
La revisione dopo circa 30 anni del sistema di inquadramento
rappresenta una priorità dell'azione sindacale. In questa fase di
elaborazione vengono individuate le categorie che presentano le maggiori
problematicità:
1. i lavoratori inquadrati nella 3a e nella 4a categoria professionale,
cui molto spesso vengono affidati compiti di certificazione della
qualità dei componenti assemblati, di collaudo e controllo, di piccola
manutenzione e di logistica anche con l'ausilio di strumenti
informatici;
2. i lavoratori operai inquadrati nella 5a categoria professionale che
spesso svolgono mansioni "pregiate", con contenuti
professionali complessi o comunque rare nel mercato del lavoro locale
che risentono negativamente della limitazione delle attività manuali e
operative prevista dal contratto nazionale. Si tratta di immaginare un
percorso che sposti il punto di intreccio tra mansioni operaie e quelle
impiegatizie al livello della 5a categoria super;
3. i lavoratori inquadrati nella 6a e nella 7a categoria professionale,
che rappresentano un'area di potenziale espansione dell'occupazione
posto che l'industria metalmeccanica italiana riesca a competere
nell'economia globale sul terreno dell'innovazione di prodotto e di
processo e su quello della qualità.
Nelle richieste si dovrà quindi individuare un costo contrattuale da
finalizzare alla riforma del sistema di classificazione.
D. Diritti
Dobbiamo richiedere una serie di interventi sulla parte normativa del
Ccnl per adeguare, contrattualizzare, o adempiere ai rinvii operati da
nuove norme di legge (per esempio, i congedi parentali, quelli per la
formazione, l'accesso al part time o all'aspettativa, normare il diritto
di prelazione in caso di assunzione per i lavoratori con contratto a
termine) per garantire l'esigibilità e l'accesso per i lavoratori
metalmeccanici di diritti previsti per legge o per concederne di
ulteriori in materia di diritto allo studio, ai lavori di cura, alla
sicurezza e a un ambiente di lavoro sano. Altrettanto importante sarà
individuare innovative soluzioni contrattuali per i lavoratori
"atipici". Nelle discussioni che - speriamo - possano essere
unitarie, approfondiremo ulteriormente questi temi.
E. Campo di applicazione
Occorre verificare le condizioni per creare nel contratto degli spazi
normativi specifici per le attività non manifatturiere (informatica,
servizi logistici, global service, ecc.) che renda più aderenti le
normative contrattuali con le esigenze produttive e dei lavoratori anche
con un differente equilibrio tra inquadramento professionale e normative
contrattuali. Su questo occorre sviluppare il dibattito per i necessari
approfondimenti.
Roma, 2 ottobre 2002
|
|