DOCUMENTAZIONE
COMETA (Seminario del
2 marzo 2005)
- 1
Relazione introduttiva di Anna
Trovò - 2
Prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita di
Alessandro Falcione -
3 Il Dibattito -
|
1) La Relazione introduttiva
di Anna Trovò - segreteria nazionale Fim-Cisl
Nel sistema della previdenza complementare la contrattazione ha una parte
estremamente importante:
> 41 Fondi nati
dalla contrattazione;
> 1.062.000
iscritti;
> 5.880 milioni di
euro di attivo netto destinato alle prestazioni;
> ma milioni
sono i lavoratori dipendenti non iscritti, moltissimi i potenziali
aderenti che operano in settori coperti contrattualmente da un fondo di
previdenza complementare.
I fondi pensione non esercitano ancora pienamente la funzione di
adeguare le rendite pensionistiche alla necessità di benessere economico
dei lavoratori nell'età della vecchiaia, funzione loro attribuita dalle
riforme previdenziali degli anni 90, che hanno visto nella previdenza
complementare lo strumento idoneo per integrare progressivamente la
copertura pensionistica decrescente da parte della previdenza pubblica a
causa del passaggio al sistema contributivo.
Tra le cause principali di questo stato di cose:
> la
scarsa informazione sulle prospettive previdenziali dei più giovani;
> interessi
contrastanti in campo che non favoriscono un impegno collettivo su
obiettivi condivisi;
>
l'instabilità normativa.
In circa 10 anni abbiamo avuto a che fare con una vera proliferazione
normativa sulla materia: quattro interventi legislativi in materia di
previdenza pubblica; due riforme fiscali che hanno coinvolto in modo
rilevante la previdenza complementare; due leggi sulla previdenza
complementare, una Legge delega ancora in attesa di essere pienamente
attuata con l'emanazione di una pluralità di decreti applicativi, causa
di nuove preoccupazioni e diffidenze.
Per il mondo dei lavoratori metalmeccanici un fondo di categoria -
Cometa - e due intercategoriali Fondapi e Artifond (se si esclude qualche
limitata esperienza a livello regionale), con avvii, solidità e
problematiche differenti, ma anche con condizioni di forza e opportunità
di sviluppo differenti.
A pochi giorni dalla chiusura delle urne per il rinnovo dell'Assemblea
dei delegati di Cometa e nell'imminenza della conclusione del secondo
triennio di gestione del Fondo abbiamo ritenuto importante fermarci a
riflettere
Dedicarci a un momento di verifica dell'attuale situazione della
previdenza complementare e del nostro maggiore Fondo sotto l'aspetto
organizzativo e gestionale, nonché di esame delle problematiche
principali aperte per Cometa nel sistema della previdenza complementare e
di indicazione di prospettive di innovazione e sviluppo.
Siamo in un momento importante per la vita associativa di Cometa, il
momento in cui ogni iscritto è chiamato a votare i propri rappresentanti
all'interno dell'Assemblea dei delegati.
Seguirà a breve l'elezione del nuovo CdiA.
Colgo l'occasione per ringraziare a nome di Fim, Fiom, Uilm (e Fismic)
il CdiA a fine mandato e il Presidente Militello per il positivo lavoro
svolto nel triennio trascorso, portatore di innovazioni importanti per la
vita e le prospettive del Fondo.
Siamo in una fase impegnativa e delicata che vede Cometa arrivare
all'attuazione della innovazione profonda nella gestione finanziaria che
ci porta dal monocomparto al multicomparto.
Siamo anche, purtroppo, ancora circondati dalle incertezze delle
trasformazioni annunciate nella normativa di riferimento della previdenza
complementare determinate nella filosofia che le ispira - quella della
libera circolazione e della concorrenza tra tutte le forme di previdenza
complementare - e negli obiettivi - aumentare i flussi finanziari verso la
previdenza complementare - dalla legge delega del luglio scorso, ma ad
oggi inattuate tra allarmismi e vere campagne di disinformazione.
Ribadiamo i nostri:
No al principio dell'equiparazione tra tutte le forme di previdenza
complementare e le polizze individuali,
Si alla contrattazione,
Si alla libertà di scelta.
Proprio stamattina si tiene l'incontro dei nostri Segretari
confederali con il Ministero del welfare per la presentazione dello schema
di decreto delegato sulla materia (nel pomeriggio si svolge l'incontro sul
decreto relativo alla competitività, che concerne anche la destinazione
del Tfr).
> In
questo complesso contesto si colloca Cometa:
321.000 aderenti attivi (e quasi 100mila lavoratori già liquidati),
2.027 milioni di attivo netto per prestazioni,
una positiva esperienza di gestione paritetica e bilaterale.
Ma questa descrizione del nostro solido ed importante Fondo non ci
deve nascondere le problematiche esistenti:
> il tasso
di adesione è fermo al 26%, i potenziali aderenti superano il 1.200.000;
> Osservando
l'anagrafica degli aderenti le preoccupazioni aumentano;
> l'8% ha meno di 30
anni;
> oltre il 22%
ha oltre 50 anni.
L'obiettivo prioritario della previdenza complementare non è il
risparmio gestito per i lavoratori più anziani, ma l'integrazione del
reddito pensionistico per i più giovani, quelli che ne hanno più
bisogno!
Abbiamo poi anche nel nostro settore una pluralità di soggetti ancora
scoperti:
> I lavoratori
con contratto di somministrazione e i lavoratori a progetto.
> Questi sommano la
bassa contribuzione presso l'Inps alla sua discontinuità e alla
inesistenza di forme di previdenza integrativa. Urgono interventi
legislativi e contrattuali in merito.
> I lavoratori
dell'artigianato che a sette anni dall'accordo contrattuale per
l'istituzione di Artifond ancora non godono dei benefici della previdenza
complementare ed hanno accumulato anni di perdita economica.
> Per Fondapi
possiamo invece dire che dopo avere stentato organizzativamente in fase di
avvio oggi disponiamo di una struttura operativa efficiente ma ancora di
un numero di iscritti largamente insufficiente.
Le cause dell'insoddisfacente tasso di adesione a Cometa come a
Fondapi si possono ricondurre principalmente:
> Alla
mancanza di informazione dei lavoratori;
> Ad una
collaborazione non sempre fattiva da parte delle imprese;
>
All'attenzione non sempre diffusa e costante verso la materia da parte
delle organizzazioni sindacali.
Questa situazione necessita di un intervento per il quale suggeriamo
qualche proposta:
> Una
campagna informativa straordinaria di sensibilizzazione sulle prospettive
previdenziali e sulla previdenza complementare come "seconda
gamba" del reddito pensionistico dei lavoratori, anche richiedendo
l'aiuto istituzionale delle Pubblicità Progresso.
> Informazione
costante e capillare nelle aziende con cadenza annuale sulle
caratteristiche del Fondo, sui risultati di gestione, sulle innovazioni,
sul diritto contrattuale ad iscriversi (ottenere un'ora di assemblea
annuale retribuita, come già richiesto).
Perché Cometa è parte del contratto nazionale di lavoro.
Abbiamo fatto esperienza in questo senso.
Nel 1998 con una campagna massiccia di assemblee informative;
nel 2004-2005 con un'ulteriore campagna di assemblee in occasione del
passaggio al multicomparto.
In quest'occasione abbiamo riscontrato partecipazione assidua, forte
interesse ed alta attenzione.
Abbiamo svolto centinaia di assemblee molto apprezzate dai lavoratori: ne
misureremo l'efficacia anche in termini di crescita delle adesioni nelle
aziende coinvolte in questa campagna che va ulteriormente ripetuta ed
ampliata
Una domanda dei lavoratori di essere informati/coinvolti; poche, quasi
nessuna contestazione.
Allo stesso modo e con le medesime finalità dobbiamo informare i
lavoratori della piccola e media impresa (Fondapi) con assemblee
interaziendali e/o territoriali (e per questo è necessario coinvolgere le
controparti in un ruolo attivo, altrimenti si rischia l'esercizio virtuale
del diritto all'iscrizione).
E' inoltre importante l'informazione al neo-assunto che, prevista
dagli accordi contrattuali del 2003, risulta ad oggi ampiamente
inapplicata (occorre quindi trovare insieme alle controparti soluzioni
formali tese al rispetto di questo diritto: per ipotesi, la tenuta di un
registro iscritti, oppure un documento che attesti la correttezza
contributiva da parte dell'azienda e che potrebbe essere esibito al
momento di una richiesta di vantaggi fiscali o di mutui).
Gli incentivi fiscali sono un altro motore della promozione
dell'adesione ai fondi pensione.
Ma, al di là della propaganda e delle volontà dichiarate, la
legislazione di questi ultimi anni non ha favorito la promozione delle
adesioni ai fondi contrattuali.
Il Decreto Lgs. n. 47 ha penalizzato in materia di deducibilità il lavoro
dipendente e ha assoggettato a tassazione il contributo del lavoratore,
precedentemente esente, al momento della riscossione della prestazione.
L'imposta sostitutiva sui rendimenti delle forme pensionistiche
complementari è ferma all'11% mentre in molti Paesi dell'Ue, in ragione
della finalità previdenziale del risparmio, è inferiore o non c'è.
La tassazione del riscatto è stata appesantita in funzione della riforma
fiscale che ha innalzato dal 18 al 23% la prima aliquota utile per la
tassazione separata.
Anche sulla natura e tipologia di prestazioni è opportuno guardare
avanti e fare programmi per rendere il Fondo più interessante ed
appetibile, ricordando che Cometa nasce per realizzare un obiettivo
previdenziale attraverso la contrattazione e non è un qualsiasi prodotto
di risparmio o di gestione finanziaria.
Questa caratteristica rende il Fondo sensibile ai bisogni degli individui,
oltre che all'entità delle prestazioni e al tema dei costi di gestione.
Politiche di investimento adeguate sono il presupposto di un buon
risultato e di rendimenti positivi, ma la nostra attenzione può e deve
andare anche più in là.
Col montante contributivo maturato attraverso una buona gestione il Fondo
dovrebbe arrivare ad offrire all'iscritto la possibilità di scegliere il
tipo di prestazione più vicina ai suoi bisogni al momento del
pensionamento.
Possiamo immaginare varie tipologie di associati con bisogni differenti:
>
associato con famiglia monoreddito;
> con famiglia
bi-reddito;
> con figli
studenti;
> con
soddisfacente copertura Inps;
> con la
prospettiva di perdere capacità di reddito;
> con problemi
di salute e carente di assistenza familiare.
Questi ipotetici diversi problemi richiederebbero soluzioni diverse:
> una
rendita reversibile;
> una rendita
puramente vitalizia;
> una rendita
certa prima e poi vitalizia;
> una rendita
differita;
> una rendita
vitalizia abbinata a long term care, quando il bisogno non è limitato al
reddito sapendo che il 21% degli ultra sessantacinquenni e il 38% degli
ultra settantacinquenni è disabile;
> rendita di
senescenza che si alza con l'avanzamento dell'età.
Sempre in materia di prestazioni pensionistiche c'è un problema di
rendita differenziata per genere.
La vita media di una donna è maggiore di quella di un uomo.
La rata calcolata per la pensione pertanto è inferiore in base a puri
calcoli di natura finanziaria. Teoricamente è equo, ma i bisogni non sono
forse identici?
Il problema è rinviabile solo ai tecnici ed alle convenzioni con le
compagnie di assicurazione?
Occorre una valutazione di natura sociale e politica da parte nostra nella
consapevolezza di dover mantenere equilibrio nei conti e nei costi.
E' opportuno poi iniziare ad ipotizzare altre prestazioni collaterali
ed accessorie in forma volontaria o obbligatoria che potrebbero andare
dalle assicurazioni per eventi negativi, come la premorienza e
l'invalidità, ai servizi aggiuntivi per i quali il Fondo potrebbe
ottenere condizioni contrattuali di miglior favore per gli aderenti a
Cometa.
Si possono immaginare offerte di mutui o assicurazioni aggiuntive, fino a
quella dell'automobile.
Occorre iniziare ad esplorare il mercato ed offrire presto qualche
risultato.
La buona gestione finanziaria è il presupposto dell'erogazione di
prestazioni soddisfacenti.
Perciò il legislatore ha normato la gestione finanziaria dei fondi
tenendo distinta l'attività gestionale da quella amministrativa e
prevedendo che le varie attività venissero affidate a soggetti diversi.
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) ha disciplinato
criteri di scelta dei gestori e trasparenza del procedimento. Così si è
proceduto nelle selezioni dei gestori di Cometa.
Al CdiA compete individuare gli obiettivi della gestione partendo dalle
caratteristiche della popolazione iscritta e scegliere i profili di
rischio e rendimento di ogni comparto, deliberare il bando di gara per
valutare i candidati assegnando loro un punteggio.
Viene così adottato un criterio di valutazione oggettivo e condiviso che
attraverso parametri qualitativi e quantitativi porta ad individuare le
migliori offerte e porta a scegliere i migliori gestori.
La selezione dei gestori:
una materia complessa, rispetto alla quale abbiamo accumulato
un'esperienza limitata.
Occorre lavorare per superare eventuali, possibili margini di
discrezionalità che ancora possono esistere nel processo di selezione e
scelta dei gestori.
L'attività dei gestori viene poi misurata nel tempo sulla base dei
parametri oggettivi che sono i benchmarks di riferimento loro assegnati.
In questi anni il confronto vede spesso i risultati dei gestori sotto al
benchmark. Vorremmo invertire questo dato.
Ma vi è anche un altro benchmark occulto con cui fare i conti, la
rivalutazione del Tfr in azienda.
Il rapporto tra Fondo a finanza non è limitato al risultato
finanziario, ma va a toccare il peso che nel tempo i fondi avranno
nell'orientare gli investimenti. Possibilità di orientare, ad esempio,
eticamente parte degli investimenti o tutto il patrimonio investito.
Lo stesso schema di Decreto delegato oggi presentato dal Governo
afferma "le forme pensionistiche sono tenute ad esporre nelle
comunicazioni agli iscritti se e in quale misura nella gestione delle
risorse sono presi in considerazione aspetti etici, sociali e
ambientali".
Al fondo pensione inoltre compete il diritto di voto inerente i valori
mobiliari nei quali sono investite le disponibilità del Fondo.
Cometa non ha finora esercitato questo diritto; è necessario che il CdiA
e le parti istitutive inizino una riflessione in merito.
Infine, una buona occasione di promozione del Fondo sta nel
valorizzare le sue peculiarità:
>
l'assenza di fini di lucro;
> la natura
associativa;
> gli
organismi paritetici di governo;
> la gestione
e il controllo nei quali operano le parti istitutive.
Di governance dei fondi pensione parlerà Messori ma a nostro parere
ci sono aspetti migliorabili, sono possibili arricchimenti per i ruoli e
le funzioni oggi esercitati negli organismi.
L'ASSEMBLEA
Proponiamo di ripetere l'esperienza formativa per i componenti neo
eletti, prevedendo che questa venga effettuata in forma bilaterale,
coinvolgendo tutte le parti istitutive.
Più competenza per i componenti dell'Assemblea: è il presupposto per
accrescere la capacità di esercitare un ruolo più attivo sul territorio
e quindi una migliore attività promozionale.
E' inoltre auspicabile un'intensificazione delle convocazioni
dell'Assemblea, che dovrebbero essere semestrali.
Proponiamo anche che si inizi a riflettere su una possibile modifica allo
Statuto volta a dare la possibilità all'Assemblea di essere propositiva e
non solo organismo di ratifica di decisioni prese dal CdiA.
IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
I Consiglieri assolvono una funzione tecnico-professionale, ma non
solo. Essi sono anche - dotati dei necessari requisiti di professionalità
- rappresentanti delle parti istitutive. Nel corso dei prossimi anni,
stante l'attuale legislazione, le Organizzazioni sindacali ed
imprenditoriali si troveranno ad essere impossibilitate ad esprimere
propri rappresentanti. Occorre individuare soluzioni affinché questo non
avvenga. Per quanto riguarda invece i "tecnici" riteniamo
percorribile l'ipotesi di candidati scelti di comune accordo e non
assegnati ad ogni singola organizzazione.
IL FONDO
E' opportuno che si lavori per il miglioramento della capacità di
controllo amministrativo e finanziario interno del Fondo, come da
indicazioni della Covip, potenziabili anche con il migliore utilizzo di
risorse interne ( a titolo puramente esemplificativo, il vice presidente o
i revisori dei conti,) o con il ricorso a risorse esterne (società di
consulenza, tipo Prometeia).
LE PARTI ISTITUTIVE
Come già detto è necessario un forte impegno delle parti istitutive
per la promozione del Fondo e l'informazione ai potenziali aderenti.
E' importante in questa direzione il recente Avviso comune sulla
previdenza complementare sottoscritto da Confindustria Confcommercio,
Confartigianato, Confapi e Cgil, Cisl e Uil, così come l'attività
intrapresa da Assofondipensione (associazione promossa dalle
Organizzazioni sindacali e imprenditoriali che associa 18 fondi pensione
di natura contrattuale) è importante nella direzione di un impegno
reciproco e condiviso tra le parti.
Questo può essere esercitato anche attraverso nuovi interventi
contrattuali (incremento contribuzione-attrezzature informatiche-
assemblee dedicate retribuite- permessi, etc.) oltre che con la piena
attuazione di quanto già previsto.
Per quanto riguarda invece le nostre Organizzazioni, dal punto di vista
dell'attività è necessario ricostruire anche una rete interna, con il
coinvolgimento dell'insieme delle strutture sindacali e degli uffici
organizzativi non considerando la previdenza complementare un ambito di
lavoro a latere di quello sindacale, riservato esclusivamente a
"specialisti".
L'iniziativa di oggi ha la finalità di farci condividere progetti di
innovazione e di rendere tutti consapevoli che la previdenza complementare
è una parte importante e insostituibile delle tutele rivolte al futuro
che la contrattazione deve continuare a promuovere e migliorare.
2) Comunicazione:
Prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita
di Alessandro Falcione - Attuario, componente consulta Uil Previdenza
Complementare
"E' meglio avere un reddito duraturo piuttosto che avere
fascino". E' una massima di Oscar Wilde. Ma se questo reddito
duraturo fosse rappresentato da una rendita vitalizia, allora molti
pensionandi, reputo, riterrebbero meglio possedere fascino. Cercherò di
dimostrare che non hanno del tutto ragione.
Quello di rendita vitalizia è il contratto che, verso il pagamento di un
premio, impegna la controparte, generalmente un assicuratore, a
corrispondere all'assicurato una somma ricorrente per tutta la durata
della vita dello stesso. E' un contratto che, semplicemente, permette di
proteggersi dal rischio di vivere più a lungo della durata del proprio
patrimonio. Per illustrare meglio questo concetto mi permetto di fare un
esempio. Un maschio 65 enne, come noto in questa materia la differenza tra
maschi e femmine continua ad essere importante, in base a recenti tavole
di sopravvivenza può contare su di una speranza di vita di circa 16 anni,
deve aspettarsi cioè di vivere sino ad 81 anni. Qualora utilizzasse il
suo patrimonio pianificando di non disporre più di denaro a 81 anni,
rischierebbe parecchio. Infatti 81 è una media: il 25% dei 65enni vivrà
sino a 90 anni ed oltre (il 33% se si fosse trattato di donne). Lo
strumento con maggiore efficacia per distribuire il proprio reddito per
tutta la vita è appunto la rendita. Efficace ed efficiente: se nella
programmazione basata sulla speranza di vita di cui in precedenza si fosse
utilizzato uno strumento solo finanziario (considerando il capitale
iniziale e gli interessi relativi) si sarebbe ottenuta una disponibilità
annuale inferiore a quella riveniente da una rendita assicurativa
calcolata allo stesso tasso di interesse, senza spese e limitata a 81 anni
(rendita temporanea), in quanto al rendimento finanziario si sarebbe
aggiunto quello demografico).
Una delle ragioni che portano a sottostimare l'utilità della rendita,
come peraltro emerge da una inchiesta Irsa/Eurisco, potrebbe essere
rappresentata dalla percezione da parte della maggioranza dei lavoratori
che la loro pensione di primo pilastro, quella dell'Inps per intendersi,
continuerà a rappresentare all'incirca l'80% dell'ultimo salario e potrà
essere quindi sufficiente per le esigenze dell' età anziana e che tale
loro pensione non ha la minima correlazione con grandezze relative a
fenomeni finanziari e demografici. Nessuna delle due percezioni
corrisponde alla realtà. Quanto alla misura, infatti, pur nella grande
difficoltà di effettuare previsioni di cui parleremo di seguito, una
stima tratta dal rapporto governativo sulle strategie nazionali per i
futuri sistemi pensionistici del 2002 indica che il tasso di sostituzione,
e cioè il rapporto tra pensione e salario a fine carriera, per un
lavoratore dipendente del settore privato andato in pensione nel 2000 con
60 anni d'età e 35 di contribuzione era pari al 67,3% (del resto coerente
con l'80% percepito a 40 anni di anzianità). Una analoga situazione
pensionistica riferita al 2050 portava ad ipotizzare un tasso di
sostituzione del 48,1%, con un abbassamento di quasi 20 punti percentuali.
Quanto alla dipendenza da fenomeni finanziari e demografici, va
considerato che il calcolo della pensione nel regime di contribuzione
definita vigente, tiene conto dell'intera storia contributiva del singolo,
dell'andamento del prodotto interno lordo italiano in alcuni anni
precedenti il pensionamento, dell'andamento dei tassi di sopravvivenza dei
maschi e delle femmine, del livello dei rendimenti finanziari e, per
finire, della composizione per struttura ed età delle famiglie.
In definitiva la riforma pensionistica degli anni 90 del secolo scorso,
incentrata a regime su di un sistema retributivo a capitalizzazione
virtuale, porta a tassi di sostituzione sicuramente più contenuti dei
precedenti con la caratteristica, peraltro, di notevole aleatorietà dei
tassi di sostituzione e con assoluta assenza di garanzia sul loro livello:
oltre alle variabili relative alla singola posizione ( ad esempio la
storia contributiva), tale tasso di sostituzione risulterà in futuro più
elevato per coloro che avranno vissuto favorevoli periodi di espansione
economica in certi momenti piuttosto che in altri. Basterà considerare
che se il calcolo finale si andrà ad effettuare su medie di Pil
dell'ordine del 4%( attuale andamento americano) si potrà godere, con 40
anni di anzianità, di pensione doppia rispetto a quella che, a parità di
tutto il resto, spetterebbe in caso di Pil pari all'1%.
La presenza di previdenza integrativa, peraltro dipendente dal ciclo
economico relativo a tutto il periodo di accumulo, costituisce necessaria
protezione per un futuro che presenta garanzie pensionistiche minori ed
incerte. Al momento della quiescenza, a conoscenza del tasso di
sostituzione della pensione di primo pilastro, sarà possibile, salvi i
minimi di legge, destinare quote accumulate a rendita integrativa sino a
raggiungere il tasso di sostituzione complessivo desiderato.
Il poter fruire di risparmio integrativo accumulato sotto forma di rendita
erogabile per tutta la vita, evita sì allo Stato di doversi far carico di
future possibili situazioni di disagio dei singoli, ma, e soprattutto,
evita agli stessi di dover far conto su future aleatorie provvidenze
pubbliche. Nè i contesti sociologico ed economico attuali sembrano poter
permettere di sopperire alla certezza della rendita integrativa con la
solidarietà familiare. Ulteriori eventuali necessità di disponibilità
di risparmio potrebbero egualmente essere risolte assicurativamente. Basta
pensare alle coperture che permettono di ovviare ad eventuali stati di non
autosufficienza (Long term care).
La normativa sulla previdenza complementare contiene disposizioni assai
scarne relativamente alla rendita vitalizia o meglio alle "
prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita", come recita la
legge. Scarne ed altalenanti. Dapprima il legislatore della previdenza
integrativa contemplava solo prestazioni pensionistiche erogabili sotto
forma di rendita, con la possibilità però per le forme costitutive di
prevedere la facoltà di chiedere la prestazione sotto forma di capitale,
per un importo non superiore al 50% dell'accumulato (100% per i vecchi
iscritti ai fondi preesistenti). Successivamente, nel 2000, veniva
consentito, nel caso in cui l'impiego del montante accumulato portasse ad
una rendita inferiore all'assegno sociale (4667 euro per il 2003), che
l'obbligo del minimo in rendita potesse essere superato, norma questa di
non poco peso visto che le posizioni di pensione integrativa sono in
essere da non molti anni e che pertanto non presentano forti accumuli e
che, soprattutto, permette, in base ai tassi di premio della rendita
adottata( come vedremo in seguito molto variabili sia per le molteplici
forme di rendita adottabili che per le condizioni di mercato in vigore al
momento della stipula delle convenzioni), disparità di trattamento da
fondo a fondo e possibilità di elusione dell'obbligo di rendita.
Attualmente si è tornati a privilegiare la rendita: la legge delega che,
tra l'altro, incentiva il trasferimento del Tfr dalle aziende alle forme
pensionistiche complementari, assume pieno significato solo se si
considera che queste ultime erogheranno anche rendite; altrimenti, e più
semplicemente, le aziende avrebbero potuto continuare a mantenere il Tfr
ed erogarlo sotto forma di capitale. Nel contempo, nel verso contrario, la
legge dispone di superare l'attuale condizionamento fiscale nell'esercizio
della facoltà di chiedere capitale invece che rendita, in ipotesi di non
supero dell'assegno minimo.
La presenza di obbligatoria trasformazione in rendita di parte dei
montanti accumulati è importante non solo dal punto di vista
previdenziale in senso lato, ma anche sotto il profilo tecnico.
L'obbligatorietà permette di eliminare la cosiddetta antiselezione, il
fenomeno del tutto naturale per cui coloro che si sentono in piena forma
sono maggiormente portati a scegliere la rendita rispetto a coloro che si
sentono un po' "acciaccati", come si dice a Roma. Sarà così
possibile adottare, nella costruzione dei premi assicurativi, tavole di
sopravvivenza relative alla popolazione generale, notevolmente più
vantaggiose in termini di importo di rendita assicurabile (rendite
superiori anche del 20-30% nei primi anni di erogazione) rispetto alle
rendite calcolate con tavole selezionate, relative cioè a collettività
di assicurati volontari di rendita vitalizia; e queste appunto sono le
tavole che, peraltro in maniera tecnicamente corretta, vengono adottate
dagli assicuratori per le rendite attualmente reperibili sul mercato.
Il superamento, tramite l'obbligatorietà, dell'antiselezione ha come
ulteriore effetto positivo la possibilità, in corso di erogazione della
rendita, di chiedere all'assicuratore il rilascio delle attività
accantonate a fronte del contratto (cosiddette riserve matematiche),
possibilità giustamente esclusa dagli attuali contratti stipulati
volontariamente ma che, una volta introducibile ed introdotta,
garantirebbe opportuna mobilità nell'ambito del mercato delle rendite.
Il legislatore, pur nella essenzialità con la quale tratta di rendite,
trova modo di stabilire l'importo minimo del montante accumulato
trasformabile in rendita (ne abbiamo largamente parlato); di prevedere che
le rendite, ricorrendo determinate condizioni e con specifiche modalità,
possono essere erogate direttamente dal fondo pensione oppure, tramite
convenzione, da un assicuratore (o in via diretta in caso di previdenza
integrativa attuata con i Fip); di normare dettagliatamente sulle
modalità di scelta di tale assicuratore; di fissare la fiscalità cui le
rendite debbono essere assoggettate. Evita però accuratamente di definire
cosa si deve intendere per rendita, di prevedere la necessaria presenza di
alcune caratteristiche e la non adottabilità di altre.
I contratti di rendita esistenti sul mercato sono molti e molto diversi
tra di loro. Senza considerare che gli attuari (coloro che predispongono i
contratti) sono dei professionisti molto fantasiosi e che quindi possono
rimboccarsi le maniche e inventarsene altri. Sicuramente il legislatore,
in senso lato, attende che il fenomeno rendita si concretizzi maggiormente
in termini di urgenza, che dal mercato e dagli operatori, ivi compreso
naturalmente il sindacato, vengano esperienze, studi e richieste, per poi
intervenire in via normativa.
Quale primo e modesto contributo, al fine di monitorare la situazione,
proviamo a elencare i contratti più noti esistenti sul mercato:
- rendita fissa;
- rendita adeguabile a tasso minimo garantito, inizialmente più alta e
poi piuttosto piatta;
- a tasso zero e crescenti più rapidamente (maggiore copertura età
anziane);
- rendita collegata ad un paniere di titoli pubblici garantenti
l'inflazione;
- rendita espressa in unit-linked (anche strutturati su fondi azionari);
- rendita differita;
- rendita temporanea (esclusa giustamente da disposizioni Covip):
- rendita con coperture complementari implicite (certa per un determinato
periodo ed importo, successivamente ed anche per importo diverso,
vitalizia; con il rimborso della parte di premio eventualmente non erogata
per decesso; ecc.);
- rendite con coperture complementari esplicite (reversibilità libera o
limitata a moglie e figli; infortunio; "long term care"; ecc.).
A fronte del molto che permette, la previdenza privata non può però
offrire alcune prestazioni che invece sono presenti nella previdenza di
primo pilastro e che, in base alla considerazione che le rendite di cui si
tratta costituiscono previdenza integrativa o complementare, si potrebbe
essere giustamente tentati di introdurre totalmente o parzialmente. In
dettaglio:
- nel sistema pubblico la prestazione pensionistica non può essere
decrescente ma si incrementa nel tempo in connessione con il fenomeno
inflattivo. Non si possono garantire prestazioni analoghe con le rendite
private a meno che lo Stato non emetta titoli indicizzati e quindi si
assuma lui il rischio. E' però forte, da questa premessa, la deduzione
che sarebbe opportuno non consentire rendite dal valore erratico quali
quelle collegate a sottostanti molto rischiosi o rendite fisse o poco
dinamiche o addirittura decrescenti quali quelle certe per un determinato
periodo;
- nel sistema pubblico, la reversibilità (dirottamento della rendita o di
parte di essa ad altro soggetto in caso di morte del pensionato) è
automatica nel senso che, a prescindere dalla volontà del pensionato, è
prevista a favore della moglie e dei figli, in certe proporzioni ed a
certe prefissate condizioni, anche se tali familiari, in ipotesi, non
esistevano al momento della messa in quiescenza del lavoratore. Nel
sistema privato bisogna invece indicare i soggetti cui la reversibilità
viene indirizzata che debbono peraltro essere in vita al momento della
stipula, e fissare i corrispondenti importi di rendita erogabile. Tali
soggetti possono essere anche non parenti del pensionato. Data l'estrema
costosità di tali garanzie, sembra opportuno un minimo di
regolamentazione;
- nel sistema pubblico i tassi conversione in rendita, tra maschi e
femmine della stessa età, sono uguali, anche se notoriamente il garantire
le femmine è molto più costoso, per la loro maggiore longevità. C'è
però compensazione nel sistema per il maggior costo per i maschi della
reversibilità. Nel sistema privato, a meno di un costoso ombrello
pubblico o consortile, non è possibile raggiungere tale uniformità (si
pensi alla diversa composizione per età dei singoli gruppi assicurati);
- nel sistema pubblico il rischio cosiddetto di emittenza non esiste in
quanto le pensioni sono garantite dallo Stato. Nel privato i singoli
operatori che erogano la rendita, invece, sono soggetti alle leggi di
mercato. Sorgono pertanto problemi in ordine alla opportunità di un fondo
di garanzia per le rendite (per esempio ne esiste uno presso l'Inps per il
trattamento di fine rapporto, ne esistono per le rendite in Svizzera ed in
Germania; in Italia sono presenti fondi per garantire i depositi,
l'intermediazione finanziaria attuata con promotori, uno per i broker di
assicurazione, e chissà quanti altri); sorgono problemi in ordine alla
responsabilità dei fondi pensione nei confronti dei loro iscritti
pensionati; in ordine alla creazione di un sano e concorrenziale mercato
delle rendite a premio unico; in ordine alla incentivazione all'
erogazione diretta delle rendite da parte del fondo con la susseguente
possibilità di trattenimento da parte dello stesso dei montanti
accumulati.
- nella previdenza pubblica, salvo la reversibilità, non esistono
complementari. Anche nel sistema privato si potrebbe prevedere che le
coperture complementari vengano pagate con la parte dell'accumulo non
obbligatoriamente convertibile in rendita.
Non credo che possano essere lasciate alla libera scelta degli
operatori tutte le rendite attualmente possibili e magari qualche altro
contratto inventato e che sarà denominato rendita. La scelta
dell'assicurato, subordinata alle prescelte effettuate dalle forme
pensionistiche integrative alle quali è iscritto o presso le quali si
trasferisce prima del pensionamento, appunto al fine di scegliere la
rendita e l'operatore assicurativo desiderato, deve essere effettuata
nella classe di rendite che rispondano a requisiti prefissati. Solo così
sarà possibile fornire tutte le informazioni che necessitano
all'assicurando per la sua scelta, creare un mercato competitivo su
prodotti comparabili, ottenere un minimo di uniformità e quindi di
esperienze condivisibili tra operatori di diversi comparti e dello stesso
comparto nel corso del tempo.
Molto c'è da fare ma sono fiducioso che lo faremo. Così potremo
trasformarci, se non in redditieri almeno in renditieri.
3) Il Dibattito
Il dibattito seguito alla Relazione introduttiva si è aperto con
l'intervento del presidente del Consiglio di amministrazione uscente di
Cometa.
Giacinto Militello ha esordito richiamando alcuni punti forti
dell'esperienza recente di Cometa, come la consistenza del patrimonio
accumulato e la scelta del multicomparto.
In questo secondo caso si è trattato di un percorso complesso che,
aldilà dell'intenso dibattito vissuto entro il Consiglio, ha permesso di
realizzare un risultato di particolare importanza, anche per l'equilibrio
raggiunto tra ipotesi iperprudenziali e scelte più esposte al rischio.
L'intervento si è poi inoltrato su quello che si voleva fosse il senso
del seminario: guardare al futuro, costruendo innovazioni sia negli
obiettivi che nel modo di lavorare.
In questo senso assume importanza l'avvio recente di una riflessione entro
il Consiglio di Cometa intorno alla realizzazione di possibili prestazioni
aggiuntive (sia a fronte di eventi negativi che in termini di servizi
aggiuntivi).
L'interesse del Presidente si è quindi rivolto verso una questione
fondamentale: pur nell'ambito delle rilevanti dimensioni di Cometa in
termini di associati, le adesioni al Fondo hanno un andamento
insoddisfacente; il saldo tra quelli che escono e i nuovi che entrano è
negativo, sono ancora pochi i giovani che si iscrivono.
E a questo proposito, se è importante che attraverso l'azione sindacale
si sia riusciti a respingere alcune ipotesi del governo (la
decontribuzione e l'obbligo di adesione ai fondi pensione), così come è
importante che le Confederazioni (Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Confapi,
Confcommercio, Confartigianato e Ugl) abbiano raggiunto un orientamento
comune da sottoporre al governo a proposito dell'attuazione della Legge
delega sulla previdenza complementare (di cui a oggi il governo non sembra
aver tenuto conto), è anche vero che le risposte per il futuro della
previdenza complementare negoziale vanno ricercate innanzitutto nelle
convinzioni, nelle scelte interne alle organizzazioni sindacali. I temi su
cui lavorare non mancano: dall'attività di investimento dei fondi
pensioni, alla legge sul risparmio, alle tecniche innovative di gestione
finanziaria nei fondi.
Tutto ciò spinge a un innalzamento della competenza tecnica all'interno
dei fondi e da questo punto di vista un sostegno potrebbe ritrovarsi
nell'adozione di criteri congiunti, unitari (e quindi non esercitati da
ogni singola parte istitutiva) nella scelta dei Consiglieri con competenze
professionali e finanziarie.
La Legge delega si orienta a introdurre maggiori principi di concorrenza e
questo è positivo; stimola i Fondi negoziali stessi all'innovazione: ma
non può essere accettato un principio che equipara meccanicamente
strumenti che tra loro non sono uguali. Nel caso di Cometa, per fare un
esempio, il lavoratore è socio, non cliente, come avviene nel caso di una
banca o di un'assicurazione.
Militello, sulla basa anche delle considerazioni fin qui svolte, ha
concluso ricordando l'importanza di introdurre una modifica statutaria che
dia all'Assemblea facoltà di proposta e non solo di ratifica o rigetto di
quanto le viene sottoposto.
Marcello Messori (economista ed ex presidente di Mefop, l'organismo
tecnico-scientifico di supporto ai fondi pensione) ha svolto il suo
intervento utilizzando come chiave di lettura una coppia di termini:
competenza e rappresentanza. E in funzione dell'accrescimento delle
competenze ha sostenuto l'utilità di un ampliamento del ruolo
dell'Assemblea attraverso la facoltà di questa di formulare proposte e
non solo di approvare o meno quelle avanzate dal CdA.
Messori ha proseguito soffermandosi sull'importanza di stabilire regole
nei processi di scelta dei gestori e nel percorso di costruzione dell'Asset
Allocation (strategia d'investimento). Ma tali regole non possono essere
rigide, devono mantenere un margine di discrezionalità che ha ragion
d'essere solo nel momento in cui, ad esempio, il processo di selezione dei
gestori si è ristretto a una piccola rosa di candidati: sarebbe invece
grave se la discrezionalità di applicasse a una rosa ampia di
concorrenti.
Va inoltre tenuto presente che il peso della strategia d'investimento (che
vede protagonista il CdA) è assolutamente maggioritario rispetto a quello
che possono esercitare i gestori finanziari nel momento in cui comprano e
vendono titoli (azione tattica d'investimento). Se i pesi sono così
distribuiti, occorre essere coscienti che nei CdA non è facile trovare le
competenze adeguate: se ne rileva più l'assenza che la presenza. Una
competenza adeguata può tra l'altro porre meglio al riparo dai tentativi
di manipolare l'Asset allocation con frequenza o con eccessiva
discrezionalità. Occorre in sostanza darsi regole chiare ma flessibili.
In termini di rappresentanza occorre superare il vincolo per cui oggi si
possono immettere nei Consigli solo rappresentanti sindacali che abbiano i
requisiti di idoneità previsti (in pratica solo quei sindacalisti che
hanno partecipato ai CdA nella fase fondativa). Tale vincolo irrigidisce
le presenze, non facilita rotazioni e sostituzioni.
In conclusione, una prospettiva che innalzi il livello delle competenze
comporta anche maggiori responsabilità per l'insieme della struttura
interna del Fondo e per il Direttore generale.
Il terzo intervento è stato di Maurizio Benetti, componente il CdA di
Cometa, il quale ha esordito ricordando quali siano, nella pratica
concreta, i criteri sostanziali che si seguono per comporre l'Assemblea e
i Consigli (strutture che risultano entrambe espressione delle parti
istitutive). Se si tiene conto di questi dati non è facile pensare che
l'Assemblea possa poi sentirsi svincolata nelle decisioni di voto e di
proposta.
Anche Benetti, come altri in precedenza, ha constatato i limiti (da
superare) posti dagli attuali vincoli all'eleggibilità dei Consiglieri di
estrazione sindacale. E proseguendo su questi aspetti ha rilevato
l'inesistenza di particolari ostacoli a eleggere in modo condiviso i
Consiglieri "tecnici" (superando il criterio secondo cui ognuno
elegge i propri): su questo l'Assemblea del Fondo può decidere in
autonomia, senza vincoli di legge.
Interagendo con alcune affermazioni di Messori, Benetti ha ricordato come
nell'ambito del Consiglio di amministrazione, il processo di selezione dei
gestori finanziari abbia visto un ruolo primario della Commissione
finanziaria (composta dai Consiglieri più competenti sulla materia) e
come sia stato quindi valorizzato il ruolo degli specialisti.
L'intervento si è poi concentrato sul tema spinoso delle adesioni, a
partire dalla constatazione che da due anni i riscatti (ovvero le uscite
dal Fondo) sono stati superiori ai nuovi ingressi. Certo, le
organizzazioni sindacali hanno fatto bene a respingere l'obbligatorietà
nell'iscrizione ai Fondi, ma occorre riflettere su quale potrà essere la
prospettiva, in termini di adesioni, nelle pmi e nell'artigianato: qui
c'è il rischio forte che i datori di lavoro scoraggino i lavoratori a
iscriversi ai fondi pensione. Infatti i riferimenti delle organizzazioni
sindacali si rifanno sempre alla grande impresa, dove c'è
sindacalizzazione e ci sono i delegati e ci si dimentica delle realtà
minori, che poi sono la maggioranza.
Tra i temi richiamati nella Relazione introduttiva c'è stato quello delle
prestazioni accessorie: qui occorre innanzitutto approfondire - ha
proseguito Benetti - se si tratta di opportunità che Cometa può mettere
a disposizione di chi lo richieda o se si tratta di strumenti che
verrebbero estesi all'intera platea degli iscritti (prevedendo quindi una
qualche forma di mutualità).
In tema di investimenti effettuati dal più grande Fondo dei
metalmeccanici è stato ricordato come su 100 euro (ipotetici) investiti
in titoli di capitale, solo una parte esigua di questi venga di fatto
investita in titoli italiani: ciò pone problemi che andrebbero
approfonditi. E per restare in quest'ambito, Benetti ha anche richiamato
il tema ampio del diritto di voto. Infatti è il Fondo ad essere titolare
delle azioni acquistate; spetta quindi ad esso costruire possibili
percorsi e criteri ( a maggior ragione man mano che crescerà il
patrimonio di Cometa) per esercitare questo diritto nelle assemblee degli
azionisti.
In merito agli incentivi fiscali il Consigliere ha espresso le proprie
perplessità circa la loro utilità. Essi infatti finiscono per agire in
modo inversamente proporzionale: se ne avvantaggiano coloro che hanno un
più alto reddito e restano sfavoriti i redditi più bassi e coloro che
hanno rapporti di lavoro meno garantiti: meglio sarebbe trovare una
soluzione che avvantaggiasse questi ultimi.
Il dibattito è proseguito con la comunicazione di Alessandro
Falcione, attuario e componente della Consulta previdenziale Uil, il cui
testo riportiamo a parte.
E' poi intervenuto Roberto Santarelli, vice presidente del CdA di
Cometa e vice direttore di Federmeccanica. Il rappresentante dei datori di
lavoro ha esordito esprimendo soddisfazione per questo avvio di
riflessione. Pochi anni addietro non esisteva un punto di incontro tra
mondo della finanza e mondo del lavoro: oggi questo rapporto esiste e ci
si inizia a porre interrogativi più sofisticati.
Si è fin qui percorso in modo positivo un tratto di cammino importante,
tanto che la stessa Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
riconosce che i Fondi negoziali hanno realizzato migliori rendimenti - con
minori costi per il contribuente - dei Fondi aperti, strumenti
professionalmente gestiti da banche e assicurazioni.
Oggi la Legge delega e i decreti attuativi che il governo si accinge a
varare vanno nella direzione di una profonda rivisitazione della legge n.
124 del '93, la legge istitutiva dei fondi pensione. Quell'impostazione
viene oggi sottoposta a stress e mentre si introducono regole che vogliono
garantire la concorrenza, si fa confusione tra secondo pilastro
(previdenza negoziale) e terzo pilastro (polizze individuali), pilastro
quest'ultimo peraltro già individuato da una legge (la n.47) del 2000.
Santarelli ha ribadito come vada conservata la centralità del ruolo della
contrattazione: principio affermato a chiare lettere (e condiviso) nel
documento comune sottoscritto a metà febbraio dalle Confederazioni (Confindustria
compresa). E il punto di approdo di questo documento comune costituisce un
fatto importante, per niente scontato, per quanto riguarda il versante
delle rappresentanze dei datori di lavoro.
Guardando al futuro è importante che Fim, Fiom e Uilm abbiano aperto una
riflessione sulle prospettive: altrettanto si dovrà fare in casa
Federmeccanica, per poi confrontarsi insieme.
Su alcune questioni di merito Santarelli ha espresso giudizi
differenziati:
- sul ruolo dell'Assemblea occorre riflettere su ambiti e materie
sulle quali potrebbe essere possibile ampliare le competenze di quell'organismo
(validi - secondo il vice presidente - i richiami espressi da Benetti a
riguardo);
- perplessità maggiori sull'eventualità di scegliere di comune accordo i
Consiglieri tecnici: questa componente del Consiglio è stata già
valorizzata nel processo di selezione dei gestori; occorre quindi
riflettere su quali possano essere le modalità più idonee e/o innovative
per scegliere i tecnici;
- in merito al rapporto tra il Fondo e la gestione finanziaria Santarelli
ha ricordato come tra gli obiettivi principali della previdenza
complementare non vi fosse solo quello di garantire in modo efficace
un'integrazione pensionistica, ma anche quello di creare un investitore
istituzionale che consentisse nel medio - lungo periodo delle ricadute
positive in termini di sviluppo del sistema industriale. E' quindi
legittimo chiedersi se i Fondi pensione si stiano muovendo in questa
direzione. In realtà questa prospettiva non è favorita dalla debolezza
del sistema industriale proprio nei comparti più esposti alla
concorrenza; inoltre pesa negativamente la ristrettezza del mercato
azionario italiano, con l'effetto indesiderato che si rischia di
finanziare la concorrenza più che le imprese italiane.
Santarelli ha concluso con un invito, a proposito delle prestazioni
accessorie, a procedere con cautela, per non correre il rischio di
appesantire in modo eccessivo i compiti dei Fondi pensione negoziali.
Il dibattito è proseguito con l'intervento di Daniele Cerri,
Coordinatore nazionale Cgil sulla previdenza complementare (che ha
sostituito Morena Piccinini, impegnata in incontri con il governo proprio
sulle materie oggetto del seminario).
Cerri ha fornito un resoconto in presa diretta sull'incontro avuto dalle
organizzazioni sindacali con il governo nel corso della mattina a
proposito del decreto attuativo della Legge delega sulla previdenza. Si è
trattato di un incontro difficile - ha detto l'oratore - in cui è
risultata chiara la scelta del ministro Maroni (e del governo) di ridurre
lo spazio alla contrattazione collettiva. Un indirizzo che si realizza
attraverso un maggiore spazio concesso al mercato, ovvero attraverso
l'equiparazione piena di strumenti che in realtà sono diversi tra loro.
E' così risultata vanificata, per il momento, la speranza che il governo
tenesse conto dell'Avviso comune raggiunto unitariamente dalle
Confederazioni sindacali e da quelle datoriali e che quindi il confronto
partisse da lì.
Il decreto attuativo proposto dal governo invece rivede aspetti
fondamentali della legge n.124, abolisce le gerarchie tra le diverse forme
previdenziali, cancellando la quasi totalità delle distinzioni.
L'orientamento è quello di impegnare tutto il Tfr maturando nei fondi
pensione (non esisterà più quindi la quota del 40%) e la quota del
lavoratore, quella dell'azienda e il Tfr saranno trasferibili verso una
qualsiasi delle forme previdenziali previste (fondi negoziali, fondi
aperti, polizze individuali).
Il governo dall'incontro pensava di ottenere (già oggi) un via libera che
consentisse ad Ania ed Abi di cominciare a operare concretamente (cosa che
qualche assicurazione o banca ha scorrettamente cominciato a fare,
nonostante che il decreto non sia stato varato). In realtà ci sono
elementi che non sono assolutamente equiparabili: trasparenza di
funzionamento e tipo di governance sono differenti, così come a oggi non
sono equiparabili i vincoli di permanenza e i costi amministrativi per
l'iscritto. Nei piani individuali, ad esempio, c'è l'obbligo di pagare
all'inizio del periodo contributivo tutti i costi amministrativi relativi
all'intera durata prevista del piano pensionistico (un bel problema nel
momento in cui l'iscritto volesse trasferirsi in un altro fondo).
Aldilà di questi problemi sostanziali, non ultimo, c'è quello del
diritto all'informazione dei lavoratori dipendenti. Il governo ha di
promesso una campagna del tipo "pubblicità progresso".
In conclusione, l'esponente Cgil ha ricordato che occorre avere un quadro
completo della normativa che verrà prospettata e che comunque il
sindacato non potrà rinunciare al ruolo prioritario della contrattazione
collettiva. Si tratta quindi di affermare il ruolo prioritario della
previdenza complementare collettiva di tipo negoziale, partendo dai punti
individuati nell'Avviso comune delle Confederazioni e non dal decreto
governativo.
Di fronte a un quadro così complesso e preoccupante occorre rilanciare il
dialogo con i lavoratori, coinvolgendoli nei possibili esiti di questa
vicenda, producendo iniziative in grado di evitare un risultato
sfavorevole.
Fausto Durante, della Segreteria nazionale della Fiom, nel tirare le
fila del dibattito ha esordito registrando la non piena convinzione dei
gruppi dirigenti del sindacato nel sostegno allo sviluppo della previdenza
complementare. Con l'iniziativa odierna - fatto importante - si è ripreso
a ragionare sulla prospettiva, sul bisogno di rilanciare l'iniziativa su
questa materia. E' quindi necessario ritrovare lo spirito del '98, quando
si fece una campagna a tappeto per lanciare la previdenza complementare
negoziale. Non si può pensare ancora oggi che si possa vivere sugli
allori della fase pionieristica.
Alla fine del mandato di questo Consiglio di amministrazione va inviato un
sincero ringraziamento a tutti i Consiglieri, ai Revisori, alla struttura
del Fondo e in particolare al presidente Giacinto Militello per la
passione e la dedizione con cui ha svolto i propri compiti in questi tre
anni e portato a termine un passaggio innovativo sostanziale, il
multicomparto.
Il Cda, anche nella fase conclusiva del proprio mandato, potrà iniziare a
ragionare sugli spunti importanti offerti da questa iniziativa. E ciò a
maggior ragione proprio perché la struttura e gli organismi del Fondo non
possono fondarsi sull'entusiasmo della fase di avvio: è necessario un
potenziamento e l'apertura di riflessioni su nuove tematiche.
Occorre inoltre intervenire sul sistema di votazione in occasione del
rinnovo dell'Assemblea. Per tre volte abbiamo agito in deroga al sistema
dei seggi nei luoghi di lavoro (adottando il voto postale): occorre
trovare soluzioni che alzino il livello di partecipazione al voto, magari
facendo ricorso a sistemi misti (seggi in azienda, schede distribuite e
raccolte dall'azienda nelle piccole imprese, ricorso al voto elettronico).
Occorre riprendere - dopo anni di conflittualità - i rapporti tra le
parti istitutive, anche per produrre accordi che razionalizzino e
migliorino il funzionamento del Fondo. Rilanceremo la richiesta
contrattuale di un'ora retribuita annuale di assemblea sul posto di lavoro
dedicata alla previdenza complementare.
Al fine di accrescere le adesioni occorre migliorare il rapporto tra
Cometa e gli iscritti (comunicazione ed efficienza amministrativa), tra
Cometa e le parti istitutive (canali di dialogo più stabili). Occorre in
sostanza esaltare il fatto che l'iscritto a Cometa (o a Fondapi) non è un
numero, è un lavoratore che ha bisogno di avvertire un diverso rapporto
umano, diverso da quello che può trovare in una banca o in
un'assicurazione.
Ma vi sono anche altre questioni da affrontare: è importante, ad esempio,
ottenere risultati superiori al rendimento del Tfr (anche se il confronto
diretto è parzialmente valido). Se è vero - come è stato ricordato -
che il successo finanziario dipende in modo quasi pieno dalla strategia
(più che dalla tattica) di investimento, occorre concentrarsi su questo
argomento e riflettere a fondo. Sono necessarie competenze di alto profilo
e un loro uso ottimale.
Infine occorre trovare soluzioni per coinvolgere nella previdenza
complementare negoziale i lavoratori con rapporti di lavoro non a tempo
indeterminato.
Per fare tutto ciò occorre incontrare una più fattiva collaborazione da
parte del sistema delle imprese (rispetto del diritto all'iscrizione,
rispetto del dovere di contribuzione), un rapporto più stretto tra
sindacato e rappresentanze dei datori di lavoro.
Nel corso degli anni che ci sono alle spalle abbiamo avuto tanti motivi di
divisione, ma sulla previdenza (su Cometa e Fondapi) abbiamo conservato un
rapporto unitario costante: lavoriamo per valorizzare questo patrimonio
comune.
Le sintesi degli interventi - a cura di G. Ferrante - non sono state
riviste dagli autori.
Per ragioni di spazio diamo conto solo degli interventi preventivamente
programmati dal seminario.
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