UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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DOCUMENTAZIONE COMETA  (Seminario del 2 marzo 2005)

- 1 Relazione introduttiva di Anna Trovò2 Prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita di Alessandro Falcione - 3 Il Dibattito -

1) La Relazione introduttiva
di Anna Trovò - segreteria nazionale Fim-Cisl


Nel sistema della previdenza complementare la contrattazione ha una parte estremamente importante:

> 41 Fondi nati dalla contrattazione;
> 1.062.000 iscritti;
> 5.880 milioni di euro di attivo netto destinato alle prestazioni;
>  ma milioni sono i lavoratori dipendenti non iscritti, moltissimi i potenziali aderenti che operano in settori coperti contrattualmente da un fondo di previdenza complementare.

I fondi pensione non esercitano ancora pienamente la funzione di adeguare le rendite pensionistiche alla necessità di benessere economico dei lavoratori nell'età della vecchiaia, funzione loro attribuita dalle riforme previdenziali degli anni 90, che hanno visto nella previdenza complementare lo strumento idoneo per integrare progressivamente la copertura pensionistica decrescente da parte della previdenza pubblica a causa del passaggio al sistema contributivo.

Tra le cause principali di questo stato di cose:

>  la scarsa informazione sulle prospettive previdenziali dei più giovani;
>  interessi contrastanti in campo che non favoriscono un impegno collettivo su obiettivi condivisi;
>  l'instabilità normativa.

In circa 10 anni abbiamo avuto a che fare con una vera proliferazione normativa sulla materia: quattro interventi legislativi in materia di previdenza pubblica; due riforme fiscali che hanno coinvolto in modo rilevante la previdenza complementare; due leggi sulla previdenza complementare, una Legge delega ancora in attesa di essere pienamente attuata con l'emanazione di una pluralità di decreti applicativi, causa di nuove preoccupazioni e diffidenze.

Per il mondo dei lavoratori metalmeccanici un fondo di categoria - Cometa - e due intercategoriali Fondapi e Artifond (se si esclude qualche limitata esperienza a livello regionale), con avvii, solidità e problematiche differenti, ma anche con condizioni di forza e opportunità di sviluppo differenti.

A pochi giorni dalla chiusura delle urne per il rinnovo dell'Assemblea dei delegati di Cometa e nell'imminenza della conclusione del secondo triennio di gestione del Fondo abbiamo ritenuto importante fermarci a riflettere
Dedicarci a un momento di verifica dell'attuale situazione della previdenza complementare e del nostro maggiore Fondo sotto l'aspetto organizzativo e gestionale, nonché di esame delle problematiche principali aperte per Cometa nel sistema della previdenza complementare e di indicazione di prospettive di innovazione e sviluppo.

Siamo in un momento importante per la vita associativa di Cometa, il momento in cui ogni iscritto è chiamato a votare i propri rappresentanti all'interno dell'Assemblea dei delegati.
Seguirà a breve l'elezione del nuovo CdiA.

Colgo l'occasione per ringraziare a nome di Fim, Fiom, Uilm (e Fismic) il CdiA a fine mandato e il Presidente Militello per il positivo lavoro svolto nel triennio trascorso, portatore di innovazioni importanti per la vita e le prospettive del Fondo.

Siamo in una fase impegnativa e delicata che vede Cometa arrivare all'attuazione della innovazione profonda nella gestione finanziaria che ci porta dal monocomparto al multicomparto.

Siamo anche, purtroppo, ancora circondati dalle incertezze delle trasformazioni annunciate nella normativa di riferimento della previdenza complementare determinate nella filosofia che le ispira - quella della libera circolazione e della concorrenza tra tutte le forme di previdenza complementare - e negli obiettivi - aumentare i flussi finanziari verso la previdenza complementare - dalla legge delega del luglio scorso, ma ad oggi inattuate tra allarmismi e vere campagne di disinformazione.
Ribadiamo i nostri:

No al principio dell'equiparazione tra tutte le forme di previdenza complementare e le polizze individuali,
Si alla contrattazione,
Si alla libertà di scelta.

Proprio stamattina si tiene l'incontro dei nostri Segretari confederali con il Ministero del welfare per la presentazione dello schema di decreto delegato sulla materia (nel pomeriggio si svolge l'incontro sul decreto relativo alla competitività, che concerne anche la destinazione del Tfr).

>  In questo complesso contesto si colloca Cometa:
321.000 aderenti attivi (e quasi 100mila lavoratori già liquidati),
2.027 milioni di attivo netto per prestazioni,
una positiva esperienza di gestione paritetica e bilaterale.

Ma questa descrizione del nostro solido ed importante Fondo non ci deve nascondere le problematiche esistenti:

>  il tasso di adesione è fermo al 26%, i potenziali aderenti superano il 1.200.000;
>  Osservando l'anagrafica degli aderenti le preoccupazioni aumentano;
> l'8% ha meno di 30 anni;
>  oltre il 22% ha oltre 50 anni.

L'obiettivo prioritario della previdenza complementare non è il risparmio gestito per i lavoratori più anziani, ma l'integrazione del reddito pensionistico per i più giovani, quelli che ne hanno più bisogno!

Abbiamo poi anche nel nostro settore una pluralità di soggetti ancora scoperti:

> I lavoratori con contratto di somministrazione e i lavoratori a progetto.
> Questi sommano la bassa contribuzione presso l'Inps alla sua discontinuità e alla inesistenza di forme di previdenza integrativa. Urgono interventi legislativi e contrattuali in merito.
>  I lavoratori dell'artigianato che a sette anni dall'accordo contrattuale per l'istituzione di Artifond ancora non godono dei benefici della previdenza complementare ed hanno accumulato anni di perdita economica.
>  Per Fondapi possiamo invece dire che dopo avere stentato organizzativamente in fase di avvio oggi disponiamo di una struttura operativa efficiente ma ancora di un numero di iscritti largamente insufficiente.

Le cause dell'insoddisfacente tasso di adesione a Cometa come a Fondapi si possono ricondurre principalmente:

>  Alla mancanza di informazione dei lavoratori;
>  Ad una collaborazione non sempre fattiva da parte delle imprese;
>  All'attenzione non sempre diffusa e costante verso la materia da parte delle organizzazioni sindacali.

Questa situazione necessita di un intervento per il quale suggeriamo qualche proposta:

>  Una campagna informativa straordinaria di sensibilizzazione sulle prospettive previdenziali e sulla previdenza complementare come "seconda gamba" del reddito pensionistico dei lavoratori, anche richiedendo l'aiuto istituzionale delle Pubblicità Progresso.
>  Informazione costante e capillare nelle aziende con cadenza annuale sulle caratteristiche del Fondo, sui risultati di gestione, sulle innovazioni, sul diritto contrattuale ad iscriversi (ottenere un'ora di assemblea annuale retribuita, come già richiesto).

Perché Cometa è parte del contratto nazionale di lavoro.

Abbiamo fatto esperienza in questo senso.
Nel 1998 con una campagna massiccia di assemblee informative;
nel 2004-2005 con un'ulteriore campagna di assemblee in occasione del passaggio al multicomparto.
In quest'occasione abbiamo riscontrato partecipazione assidua, forte interesse ed alta attenzione.
Abbiamo svolto centinaia di assemblee molto apprezzate dai lavoratori: ne misureremo l'efficacia anche in termini di crescita delle adesioni nelle aziende coinvolte in questa campagna che va ulteriormente ripetuta ed ampliata
Una domanda dei lavoratori di essere informati/coinvolti; poche, quasi nessuna contestazione.

Allo stesso modo e con le medesime finalità dobbiamo informare i lavoratori della piccola e media impresa (Fondapi) con assemblee interaziendali e/o territoriali (e per questo è necessario coinvolgere le controparti in un ruolo attivo, altrimenti si rischia l'esercizio virtuale del diritto all'iscrizione).

E' inoltre importante l'informazione al neo-assunto che, prevista dagli accordi contrattuali del 2003, risulta ad oggi ampiamente inapplicata (occorre quindi trovare insieme alle controparti soluzioni formali tese al rispetto di questo diritto: per ipotesi, la tenuta di un registro iscritti, oppure un documento che attesti la correttezza contributiva da parte dell'azienda e che potrebbe essere esibito al momento di una richiesta di vantaggi fiscali o di mutui).

Gli incentivi fiscali sono un altro motore della promozione dell'adesione ai fondi pensione.
Ma, al di là della propaganda e delle volontà dichiarate, la legislazione di questi ultimi anni non ha favorito la promozione delle adesioni ai fondi contrattuali.
Il Decreto Lgs. n. 47 ha penalizzato in materia di deducibilità il lavoro dipendente e ha assoggettato a tassazione il contributo del lavoratore, precedentemente esente, al momento della riscossione della prestazione.
L'imposta sostitutiva sui rendimenti delle forme pensionistiche complementari è ferma all'11% mentre in molti Paesi dell'Ue, in ragione della finalità previdenziale del risparmio, è inferiore o non c'è.
La tassazione del riscatto è stata appesantita in funzione della riforma fiscale che ha innalzato dal 18 al 23% la prima aliquota utile per la tassazione separata.

Anche sulla natura e tipologia di prestazioni è opportuno guardare avanti e fare programmi per rendere il Fondo più interessante ed appetibile, ricordando che Cometa nasce per realizzare un obiettivo previdenziale attraverso la contrattazione e non è un qualsiasi prodotto di risparmio o di gestione finanziaria.
Questa caratteristica rende il Fondo sensibile ai bisogni degli individui, oltre che all'entità delle prestazioni e al tema dei costi di gestione.
Politiche di investimento adeguate sono il presupposto di un buon risultato e di rendimenti positivi, ma la nostra attenzione può e deve andare anche più in là.
Col montante contributivo maturato attraverso una buona gestione il Fondo dovrebbe arrivare ad offrire all'iscritto la possibilità di scegliere il tipo di prestazione più vicina ai suoi bisogni al momento del pensionamento.
Possiamo immaginare varie tipologie di associati con bisogni differenti:

>  associato con famiglia monoreddito;
>  con famiglia bi-reddito;
>  con figli studenti;
>  con soddisfacente copertura Inps;
>  con la prospettiva di perdere capacità di reddito;
>  con problemi di salute e carente di assistenza familiare.

Questi ipotetici diversi problemi richiederebbero soluzioni diverse:

>  una rendita reversibile;
>  una rendita puramente vitalizia;
>  una rendita certa prima e poi vitalizia;
>  una rendita differita;
>  una rendita vitalizia abbinata a long term care, quando il bisogno non è limitato al reddito sapendo che il 21% degli ultra sessantacinquenni e il 38% degli ultra settantacinquenni è disabile;
>  rendita di senescenza che si alza con l'avanzamento dell'età.

Sempre in materia di prestazioni pensionistiche c'è un problema di rendita differenziata per genere.
La vita media di una donna è maggiore di quella di un uomo.
La rata calcolata per la pensione pertanto è inferiore in base a puri calcoli di natura finanziaria. Teoricamente è equo, ma i bisogni non sono forse identici?
Il problema è rinviabile solo ai tecnici ed alle convenzioni con le compagnie di assicurazione?
Occorre una valutazione di natura sociale e politica da parte nostra nella consapevolezza di dover mantenere equilibrio nei conti e nei costi.

E' opportuno poi iniziare ad ipotizzare altre prestazioni collaterali ed accessorie in forma volontaria o obbligatoria che potrebbero andare dalle assicurazioni per eventi negativi, come la premorienza e l'invalidità, ai servizi aggiuntivi per i quali il Fondo potrebbe ottenere condizioni contrattuali di miglior favore per gli aderenti a Cometa.
Si possono immaginare offerte di mutui o assicurazioni aggiuntive, fino a quella dell'automobile.

Occorre iniziare ad esplorare il mercato ed offrire presto qualche risultato.

La buona gestione finanziaria è il presupposto dell'erogazione di prestazioni soddisfacenti.
Perciò il legislatore ha normato la gestione finanziaria dei fondi tenendo distinta l'attività gestionale da quella amministrativa e prevedendo che le varie attività venissero affidate a soggetti diversi.
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) ha disciplinato criteri di scelta dei gestori e trasparenza del procedimento. Così si è proceduto nelle selezioni dei gestori di Cometa.
Al CdiA compete individuare gli obiettivi della gestione partendo dalle caratteristiche della popolazione iscritta e scegliere i profili di rischio e rendimento di ogni comparto, deliberare il bando di gara per valutare i candidati assegnando loro un punteggio.
Viene così adottato un criterio di valutazione oggettivo e condiviso che attraverso parametri qualitativi e quantitativi porta ad individuare le migliori offerte e porta a scegliere i migliori gestori.

La selezione dei gestori:
una materia complessa, rispetto alla quale abbiamo accumulato un'esperienza limitata.
Occorre lavorare per superare eventuali, possibili margini di discrezionalità che ancora possono esistere nel processo di selezione e scelta dei gestori.
L'attività dei gestori viene poi misurata nel tempo sulla base dei parametri oggettivi che sono i benchmarks di riferimento loro assegnati.
In questi anni il confronto vede spesso i risultati dei gestori sotto al benchmark. Vorremmo invertire questo dato.
Ma vi è anche un altro benchmark occulto con cui fare i conti, la rivalutazione del Tfr in azienda.

Il rapporto tra Fondo a finanza non è limitato al risultato finanziario, ma va a toccare il peso che nel tempo i fondi avranno nell'orientare gli investimenti. Possibilità di orientare, ad esempio, eticamente parte degli investimenti o tutto il patrimonio investito.

Lo stesso schema di Decreto delegato oggi presentato dal Governo afferma "le forme pensionistiche sono tenute ad esporre nelle comunicazioni agli iscritti se e in quale misura nella gestione delle risorse sono presi in considerazione aspetti etici, sociali e ambientali".
Al fondo pensione inoltre compete il diritto di voto inerente i valori mobiliari nei quali sono investite le disponibilità del Fondo.
Cometa non ha finora esercitato questo diritto; è necessario che il CdiA e le parti istitutive inizino una riflessione in merito.

Infine, una buona occasione di promozione del Fondo sta nel valorizzare le sue peculiarità:

>  l'assenza di fini di lucro;
>  la natura associativa;
>  gli organismi paritetici di governo;
>  la gestione e il controllo nei quali operano le parti istitutive.

Di governance dei fondi pensione parlerà Messori ma a nostro parere ci sono aspetti migliorabili, sono possibili arricchimenti per i ruoli e le funzioni oggi esercitati negli organismi.

L'ASSEMBLEA

Proponiamo di ripetere l'esperienza formativa per i componenti neo eletti, prevedendo che questa venga effettuata in forma bilaterale, coinvolgendo tutte le parti istitutive.
Più competenza per i componenti dell'Assemblea: è il presupposto per accrescere la capacità di esercitare un ruolo più attivo sul territorio e quindi una migliore attività promozionale.
E' inoltre auspicabile un'intensificazione delle convocazioni dell'Assemblea, che dovrebbero essere semestrali.
Proponiamo anche che si inizi a riflettere su una possibile modifica allo Statuto volta a dare la possibilità all'Assemblea di essere propositiva e non solo organismo di ratifica di decisioni prese dal CdiA.

IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

I Consiglieri assolvono una funzione tecnico-professionale, ma non solo. Essi sono anche - dotati dei necessari requisiti di professionalità - rappresentanti delle parti istitutive. Nel corso dei prossimi anni, stante l'attuale legislazione, le Organizzazioni sindacali ed imprenditoriali si troveranno ad essere impossibilitate ad esprimere propri rappresentanti. Occorre individuare soluzioni affinché questo non avvenga. Per quanto riguarda invece i "tecnici" riteniamo percorribile l'ipotesi di candidati scelti di comune accordo e non assegnati ad ogni singola organizzazione.

IL FONDO

E' opportuno che si lavori per il miglioramento della capacità di controllo amministrativo e finanziario interno del Fondo, come da indicazioni della Covip, potenziabili anche con il migliore utilizzo di risorse interne ( a titolo puramente esemplificativo, il vice presidente o i revisori dei conti,) o con il ricorso a risorse esterne (società di consulenza, tipo Prometeia).

LE PARTI ISTITUTIVE

Come già detto è necessario un forte impegno delle parti istitutive per la promozione del Fondo e l'informazione ai potenziali aderenti.
E' importante in questa direzione il recente Avviso comune sulla previdenza complementare sottoscritto da Confindustria Confcommercio, Confartigianato, Confapi e Cgil, Cisl e Uil, così come l'attività intrapresa da Assofondipensione (associazione promossa dalle Organizzazioni sindacali e imprenditoriali che associa 18 fondi pensione di natura contrattuale) è importante nella direzione di un impegno reciproco e condiviso tra le parti.
Questo può essere esercitato anche attraverso nuovi interventi contrattuali (incremento contribuzione-attrezzature informatiche- assemblee dedicate retribuite- permessi, etc.) oltre che con la piena attuazione di quanto già previsto.
Per quanto riguarda invece le nostre Organizzazioni, dal punto di vista dell'attività è necessario ricostruire anche una rete interna, con il coinvolgimento dell'insieme delle strutture sindacali e degli uffici organizzativi non considerando la previdenza complementare un ambito di lavoro a latere di quello sindacale, riservato esclusivamente a "specialisti".

L'iniziativa di oggi ha la finalità di farci condividere progetti di innovazione e di rendere tutti consapevoli che la previdenza complementare è una parte importante e insostituibile delle tutele rivolte al futuro che la contrattazione deve continuare a promuovere e migliorare.

2) Comunicazione:
Prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita
di Alessandro Falcione - Attuario, componente consulta Uil Previdenza Complementare

"E' meglio avere un reddito duraturo piuttosto che avere fascino". E' una massima di Oscar Wilde. Ma se questo reddito duraturo fosse rappresentato da una rendita vitalizia, allora molti pensionandi, reputo, riterrebbero meglio possedere fascino. Cercherò di dimostrare che non hanno del tutto ragione.
Quello di rendita vitalizia è il contratto che, verso il pagamento di un premio, impegna la controparte, generalmente un assicuratore, a corrispondere all'assicurato una somma ricorrente per tutta la durata della vita dello stesso. E' un contratto che, semplicemente, permette di proteggersi dal rischio di vivere più a lungo della durata del proprio patrimonio. Per illustrare meglio questo concetto mi permetto di fare un esempio. Un maschio 65 enne, come noto in questa materia la differenza tra maschi e femmine continua ad essere importante, in base a recenti tavole di sopravvivenza può contare su di una speranza di vita di circa 16 anni, deve aspettarsi cioè di vivere sino ad 81 anni. Qualora utilizzasse il suo patrimonio pianificando di non disporre più di denaro a 81 anni, rischierebbe parecchio. Infatti 81 è una media: il 25% dei 65enni vivrà sino a 90 anni ed oltre (il 33% se si fosse trattato di donne). Lo strumento con maggiore efficacia per distribuire il proprio reddito per tutta la vita è appunto la rendita. Efficace ed efficiente: se nella programmazione basata sulla speranza di vita di cui in precedenza si fosse utilizzato uno strumento solo finanziario (considerando il capitale iniziale e gli interessi relativi) si sarebbe ottenuta una disponibilità annuale inferiore a quella riveniente da una rendita assicurativa calcolata allo stesso tasso di interesse, senza spese e limitata a 81 anni (rendita temporanea), in quanto al rendimento finanziario si sarebbe aggiunto quello demografico).
Una delle ragioni che portano a sottostimare l'utilità della rendita, come peraltro emerge da una inchiesta Irsa/Eurisco, potrebbe essere rappresentata dalla percezione da parte della maggioranza dei lavoratori che la loro pensione di primo pilastro, quella dell'Inps per intendersi, continuerà a rappresentare all'incirca l'80% dell'ultimo salario e potrà essere quindi sufficiente per le esigenze dell' età anziana e che tale loro pensione non ha la minima correlazione con grandezze relative a fenomeni finanziari e demografici. Nessuna delle due percezioni corrisponde alla realtà. Quanto alla misura, infatti, pur nella grande difficoltà di effettuare previsioni di cui parleremo di seguito, una stima tratta dal rapporto governativo sulle strategie nazionali per i futuri sistemi pensionistici del 2002 indica che il tasso di sostituzione, e cioè il rapporto tra pensione e salario a fine carriera, per un lavoratore dipendente del settore privato andato in pensione nel 2000 con 60 anni d'età e 35 di contribuzione era pari al 67,3% (del resto coerente con l'80% percepito a 40 anni di anzianità). Una analoga situazione pensionistica riferita al 2050 portava ad ipotizzare un tasso di sostituzione del 48,1%, con un abbassamento di quasi 20 punti percentuali. Quanto alla dipendenza da fenomeni finanziari e demografici, va considerato che il calcolo della pensione nel regime di contribuzione definita vigente, tiene conto dell'intera storia contributiva del singolo, dell'andamento del prodotto interno lordo italiano in alcuni anni precedenti il pensionamento, dell'andamento dei tassi di sopravvivenza dei maschi e delle femmine, del livello dei rendimenti finanziari e, per finire, della composizione per struttura ed età delle famiglie.
In definitiva la riforma pensionistica degli anni 90 del secolo scorso, incentrata a regime su di un sistema retributivo a capitalizzazione virtuale, porta a tassi di sostituzione sicuramente più contenuti dei precedenti con la caratteristica, peraltro, di notevole aleatorietà dei tassi di sostituzione e con assoluta assenza di garanzia sul loro livello: oltre alle variabili relative alla singola posizione ( ad esempio la storia contributiva), tale tasso di sostituzione risulterà in futuro più elevato per coloro che avranno vissuto favorevoli periodi di espansione economica in certi momenti piuttosto che in altri. Basterà considerare che se il calcolo finale si andrà ad effettuare su medie di Pil dell'ordine del 4%( attuale andamento americano) si potrà godere, con 40 anni di anzianità, di pensione doppia rispetto a quella che, a parità di tutto il resto, spetterebbe in caso di Pil pari all'1%.
La presenza di previdenza integrativa, peraltro dipendente dal ciclo economico relativo a tutto il periodo di accumulo, costituisce necessaria protezione per un futuro che presenta garanzie pensionistiche minori ed incerte. Al momento della quiescenza, a conoscenza del tasso di sostituzione della pensione di primo pilastro, sarà possibile, salvi i minimi di legge, destinare quote accumulate a rendita integrativa sino a raggiungere il tasso di sostituzione complessivo desiderato.
Il poter fruire di risparmio integrativo accumulato sotto forma di rendita erogabile per tutta la vita, evita sì allo Stato di doversi far carico di future possibili situazioni di disagio dei singoli, ma, e soprattutto, evita agli stessi di dover far conto su future aleatorie provvidenze pubbliche. Nè i contesti sociologico ed economico attuali sembrano poter permettere di sopperire alla certezza della rendita integrativa con la solidarietà familiare. Ulteriori eventuali necessità di disponibilità di risparmio potrebbero egualmente essere risolte assicurativamente. Basta pensare alle coperture che permettono di ovviare ad eventuali stati di non autosufficienza (Long term care).
La normativa sulla previdenza complementare contiene disposizioni assai scarne relativamente alla rendita vitalizia o meglio alle " prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita", come recita la legge. Scarne ed altalenanti. Dapprima il legislatore della previdenza integrativa contemplava solo prestazioni pensionistiche erogabili sotto forma di rendita, con la possibilità però per le forme costitutive di prevedere la facoltà di chiedere la prestazione sotto forma di capitale, per un importo non superiore al 50% dell'accumulato (100% per i vecchi iscritti ai fondi preesistenti). Successivamente, nel 2000, veniva consentito, nel caso in cui l'impiego del montante accumulato portasse ad una rendita inferiore all'assegno sociale (4667 euro per il 2003), che l'obbligo del minimo in rendita potesse essere superato, norma questa di non poco peso visto che le posizioni di pensione integrativa sono in essere da non molti anni e che pertanto non presentano forti accumuli e che, soprattutto, permette, in base ai tassi di premio della rendita adottata( come vedremo in seguito molto variabili sia per le molteplici forme di rendita adottabili che per le condizioni di mercato in vigore al momento della stipula delle convenzioni), disparità di trattamento da fondo a fondo e possibilità di elusione dell'obbligo di rendita. Attualmente si è tornati a privilegiare la rendita: la legge delega che, tra l'altro, incentiva il trasferimento del Tfr dalle aziende alle forme pensionistiche complementari, assume pieno significato solo se si considera che queste ultime erogheranno anche rendite; altrimenti, e più semplicemente, le aziende avrebbero potuto continuare a mantenere il Tfr ed erogarlo sotto forma di capitale. Nel contempo, nel verso contrario, la legge dispone di superare l'attuale condizionamento fiscale nell'esercizio della facoltà di chiedere capitale invece che rendita, in ipotesi di non supero dell'assegno minimo.
La presenza di obbligatoria trasformazione in rendita di parte dei montanti accumulati è importante non solo dal punto di vista previdenziale in senso lato, ma anche sotto il profilo tecnico. L'obbligatorietà permette di eliminare la cosiddetta antiselezione, il fenomeno del tutto naturale per cui coloro che si sentono in piena forma sono maggiormente portati a scegliere la rendita rispetto a coloro che si sentono un po' "acciaccati", come si dice a Roma. Sarà così possibile adottare, nella costruzione dei premi assicurativi, tavole di sopravvivenza relative alla popolazione generale, notevolmente più vantaggiose in termini di importo di rendita assicurabile (rendite superiori anche del 20-30% nei primi anni di erogazione) rispetto alle rendite calcolate con tavole selezionate, relative cioè a collettività di assicurati volontari di rendita vitalizia; e queste appunto sono le tavole che, peraltro in maniera tecnicamente corretta, vengono adottate dagli assicuratori per le rendite attualmente reperibili sul mercato.
Il superamento, tramite l'obbligatorietà, dell'antiselezione ha come ulteriore effetto positivo la possibilità, in corso di erogazione della rendita, di chiedere all'assicuratore il rilascio delle attività accantonate a fronte del contratto (cosiddette riserve matematiche), possibilità giustamente esclusa dagli attuali contratti stipulati volontariamente ma che, una volta introducibile ed introdotta, garantirebbe opportuna mobilità nell'ambito del mercato delle rendite.
Il legislatore, pur nella essenzialità con la quale tratta di rendite, trova modo di stabilire l'importo minimo del montante accumulato trasformabile in rendita (ne abbiamo largamente parlato); di prevedere che le rendite, ricorrendo determinate condizioni e con specifiche modalità, possono essere erogate direttamente dal fondo pensione oppure, tramite convenzione, da un assicuratore (o in via diretta in caso di previdenza integrativa attuata con i Fip); di normare dettagliatamente sulle modalità di scelta di tale assicuratore; di fissare la fiscalità cui le rendite debbono essere assoggettate. Evita però accuratamente di definire cosa si deve intendere per rendita, di prevedere la necessaria presenza di alcune caratteristiche e la non adottabilità di altre.
I contratti di rendita esistenti sul mercato sono molti e molto diversi tra di loro. Senza considerare che gli attuari (coloro che predispongono i contratti) sono dei professionisti molto fantasiosi e che quindi possono rimboccarsi le maniche e inventarsene altri. Sicuramente il legislatore, in senso lato, attende che il fenomeno rendita si concretizzi maggiormente in termini di urgenza, che dal mercato e dagli operatori, ivi compreso naturalmente il sindacato, vengano esperienze, studi e richieste, per poi intervenire in via normativa.
Quale primo e modesto contributo, al fine di monitorare la situazione, proviamo a elencare i contratti più noti esistenti sul mercato:

- rendita fissa;
- rendita adeguabile a tasso minimo garantito, inizialmente più alta e poi piuttosto piatta;
- a tasso zero e crescenti più rapidamente (maggiore copertura età anziane);
- rendita collegata ad un paniere di titoli pubblici garantenti l'inflazione;
- rendita espressa in unit-linked (anche strutturati su fondi azionari);
- rendita differita;
- rendita temporanea (esclusa giustamente da disposizioni Covip):
- rendita con coperture complementari implicite (certa per un determinato periodo ed importo, successivamente ed anche per importo diverso, vitalizia; con il rimborso della parte di premio eventualmente non erogata per decesso; ecc.);
- rendite con coperture complementari esplicite (reversibilità libera o limitata a moglie e figli; infortunio; "long term care"; ecc.).

A fronte del molto che permette, la previdenza privata non può però offrire alcune prestazioni che invece sono presenti nella previdenza di primo pilastro e che, in base alla considerazione che le rendite di cui si tratta costituiscono previdenza integrativa o complementare, si potrebbe essere giustamente tentati di introdurre totalmente o parzialmente. In dettaglio:

- nel sistema pubblico la prestazione pensionistica non può essere decrescente ma si incrementa nel tempo in connessione con il fenomeno inflattivo. Non si possono garantire prestazioni analoghe con le rendite private a meno che lo Stato non emetta titoli indicizzati e quindi si assuma lui il rischio. E' però forte, da questa premessa, la deduzione che sarebbe opportuno non consentire rendite dal valore erratico quali quelle collegate a sottostanti molto rischiosi o rendite fisse o poco dinamiche o addirittura decrescenti quali quelle certe per un determinato periodo;
- nel sistema pubblico, la reversibilità (dirottamento della rendita o di parte di essa ad altro soggetto in caso di morte del pensionato) è automatica nel senso che, a prescindere dalla volontà del pensionato, è prevista a favore della moglie e dei figli, in certe proporzioni ed a certe prefissate condizioni, anche se tali familiari, in ipotesi, non esistevano al momento della messa in quiescenza del lavoratore. Nel sistema privato bisogna invece indicare i soggetti cui la reversibilità viene indirizzata che debbono peraltro essere in vita al momento della stipula, e fissare i corrispondenti importi di rendita erogabile. Tali soggetti possono essere anche non parenti del pensionato. Data l'estrema costosità di tali garanzie, sembra opportuno un minimo di regolamentazione;
- nel sistema pubblico i tassi conversione in rendita, tra maschi e femmine della stessa età, sono uguali, anche se notoriamente il garantire le femmine è molto più costoso, per la loro maggiore longevità. C'è però compensazione nel sistema per il maggior costo per i maschi della reversibilità. Nel sistema privato, a meno di un costoso ombrello pubblico o consortile, non è possibile raggiungere tale uniformità (si pensi alla diversa composizione per età dei singoli gruppi assicurati);
- nel sistema pubblico il rischio cosiddetto di emittenza non esiste in quanto le pensioni sono garantite dallo Stato. Nel privato i singoli operatori che erogano la rendita, invece, sono soggetti alle leggi di mercato. Sorgono pertanto problemi in ordine alla opportunità di un fondo di garanzia per le rendite (per esempio ne esiste uno presso l'Inps per il trattamento di fine rapporto, ne esistono per le rendite in Svizzera ed in Germania; in Italia sono presenti fondi per garantire i depositi, l'intermediazione finanziaria attuata con promotori, uno per i broker di assicurazione, e chissà quanti altri); sorgono problemi in ordine alla responsabilità dei fondi pensione nei confronti dei loro iscritti pensionati; in ordine alla creazione di un sano e concorrenziale mercato delle rendite a premio unico; in ordine alla incentivazione all' erogazione diretta delle rendite da parte del fondo con la susseguente possibilità di trattenimento da parte dello stesso dei montanti accumulati.
- nella previdenza pubblica, salvo la reversibilità, non esistono complementari. Anche nel sistema privato si potrebbe prevedere che le coperture complementari vengano pagate con la parte dell'accumulo non obbligatoriamente convertibile in rendita.

Non credo che possano essere lasciate alla libera scelta degli operatori tutte le rendite attualmente possibili e magari qualche altro contratto inventato e che sarà denominato rendita. La scelta dell'assicurato, subordinata alle prescelte effettuate dalle forme pensionistiche integrative alle quali è iscritto o presso le quali si trasferisce prima del pensionamento, appunto al fine di scegliere la rendita e l'operatore assicurativo desiderato, deve essere effettuata nella classe di rendite che rispondano a requisiti prefissati. Solo così sarà possibile fornire tutte le informazioni che necessitano all'assicurando per la sua scelta, creare un mercato competitivo su prodotti comparabili, ottenere un minimo di uniformità e quindi di esperienze condivisibili tra operatori di diversi comparti e dello stesso comparto nel corso del tempo.
Molto c'è da fare ma sono fiducioso che lo faremo. Così potremo trasformarci, se non in redditieri almeno in renditieri.

3) Il Dibattito

Il dibattito seguito alla Relazione introduttiva si è aperto con l'intervento del presidente del Consiglio di amministrazione uscente di Cometa.
Giacinto Militello ha esordito richiamando alcuni punti forti dell'esperienza recente di Cometa, come la consistenza del patrimonio accumulato e la scelta del multicomparto.
In questo secondo caso si è trattato di un percorso complesso che, aldilà dell'intenso dibattito vissuto entro il Consiglio, ha permesso di realizzare un risultato di particolare importanza, anche per l'equilibrio raggiunto tra ipotesi iperprudenziali e scelte più esposte al rischio.
L'intervento si è poi inoltrato su quello che si voleva fosse il senso del seminario: guardare al futuro, costruendo innovazioni sia negli obiettivi che nel modo di lavorare.
In questo senso assume importanza l'avvio recente di una riflessione entro il Consiglio di Cometa intorno alla realizzazione di possibili prestazioni aggiuntive (sia a fronte di eventi negativi che in termini di servizi aggiuntivi).
L'interesse del Presidente si è quindi rivolto verso una questione fondamentale: pur nell'ambito delle rilevanti dimensioni di Cometa in termini di associati, le adesioni al Fondo hanno un andamento insoddisfacente; il saldo tra quelli che escono e i nuovi che entrano è negativo, sono ancora pochi i giovani che si iscrivono.
E a questo proposito, se è importante che attraverso l'azione sindacale si sia riusciti a respingere alcune ipotesi del governo (la decontribuzione e l'obbligo di adesione ai fondi pensione), così come è importante che le Confederazioni (Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confartigianato e Ugl) abbiano raggiunto un orientamento comune da sottoporre al governo a proposito dell'attuazione della Legge delega sulla previdenza complementare (di cui a oggi il governo non sembra aver tenuto conto), è anche vero che le risposte per il futuro della previdenza complementare negoziale vanno ricercate innanzitutto nelle convinzioni, nelle scelte interne alle organizzazioni sindacali. I temi su cui lavorare non mancano: dall'attività di investimento dei fondi pensioni, alla legge sul risparmio, alle tecniche innovative di gestione finanziaria nei fondi.
Tutto ciò spinge a un innalzamento della competenza tecnica all'interno dei fondi e da questo punto di vista un sostegno potrebbe ritrovarsi nell'adozione di criteri congiunti, unitari (e quindi non esercitati da ogni singola parte istitutiva) nella scelta dei Consiglieri con competenze professionali e finanziarie.
La Legge delega si orienta a introdurre maggiori principi di concorrenza e questo è positivo; stimola i Fondi negoziali stessi all'innovazione: ma non può essere accettato un principio che equipara meccanicamente strumenti che tra loro non sono uguali. Nel caso di Cometa, per fare un esempio, il lavoratore è socio, non cliente, come avviene nel caso di una banca o di un'assicurazione.
Militello, sulla basa anche delle considerazioni fin qui svolte, ha concluso ricordando l'importanza di introdurre una modifica statutaria che dia all'Assemblea facoltà di proposta e non solo di ratifica o rigetto di quanto le viene sottoposto.

Marcello Messori (economista ed ex presidente di Mefop, l'organismo tecnico-scientifico di supporto ai fondi pensione) ha svolto il suo intervento utilizzando come chiave di lettura una coppia di termini: competenza e rappresentanza. E in funzione dell'accrescimento delle competenze ha sostenuto l'utilità di un ampliamento del ruolo dell'Assemblea attraverso la facoltà di questa di formulare proposte e non solo di approvare o meno quelle avanzate dal CdA.
Messori ha proseguito soffermandosi sull'importanza di stabilire regole nei processi di scelta dei gestori e nel percorso di costruzione dell'Asset Allocation (strategia d'investimento). Ma tali regole non possono essere rigide, devono mantenere un margine di discrezionalità che ha ragion d'essere solo nel momento in cui, ad esempio, il processo di selezione dei gestori si è ristretto a una piccola rosa di candidati: sarebbe invece grave se la discrezionalità di applicasse a una rosa ampia di concorrenti.
Va inoltre tenuto presente che il peso della strategia d'investimento (che vede protagonista il CdA) è assolutamente maggioritario rispetto a quello che possono esercitare i gestori finanziari nel momento in cui comprano e vendono titoli (azione tattica d'investimento). Se i pesi sono così distribuiti, occorre essere coscienti che nei CdA non è facile trovare le competenze adeguate: se ne rileva più l'assenza che la presenza. Una competenza adeguata può tra l'altro porre meglio al riparo dai tentativi di manipolare l'Asset allocation con frequenza o con eccessiva discrezionalità. Occorre in sostanza darsi regole chiare ma flessibili.
In termini di rappresentanza occorre superare il vincolo per cui oggi si possono immettere nei Consigli solo rappresentanti sindacali che abbiano i requisiti di idoneità previsti (in pratica solo quei sindacalisti che hanno partecipato ai CdA nella fase fondativa). Tale vincolo irrigidisce le presenze, non facilita rotazioni e sostituzioni.
In conclusione, una prospettiva che innalzi il livello delle competenze comporta anche maggiori responsabilità per l'insieme della struttura interna del Fondo e per il Direttore generale.

Il terzo intervento è stato di Maurizio Benetti, componente il CdA di Cometa, il quale ha esordito ricordando quali siano, nella pratica concreta, i criteri sostanziali che si seguono per comporre l'Assemblea e i Consigli (strutture che risultano entrambe espressione delle parti istitutive). Se si tiene conto di questi dati non è facile pensare che l'Assemblea possa poi sentirsi svincolata nelle decisioni di voto e di proposta.
Anche Benetti, come altri in precedenza, ha constatato i limiti (da superare) posti dagli attuali vincoli all'eleggibilità dei Consiglieri di estrazione sindacale. E proseguendo su questi aspetti ha rilevato l'inesistenza di particolari ostacoli a eleggere in modo condiviso i Consiglieri "tecnici" (superando il criterio secondo cui ognuno elegge i propri): su questo l'Assemblea del Fondo può decidere in autonomia, senza vincoli di legge.
Interagendo con alcune affermazioni di Messori, Benetti ha ricordato come nell'ambito del Consiglio di amministrazione, il processo di selezione dei gestori finanziari abbia visto un ruolo primario della Commissione finanziaria (composta dai Consiglieri più competenti sulla materia) e come sia stato quindi valorizzato il ruolo degli specialisti.
L'intervento si è poi concentrato sul tema spinoso delle adesioni, a partire dalla constatazione che da due anni i riscatti (ovvero le uscite dal Fondo) sono stati superiori ai nuovi ingressi. Certo, le organizzazioni sindacali hanno fatto bene a respingere l'obbligatorietà nell'iscrizione ai Fondi, ma occorre riflettere su quale potrà essere la prospettiva, in termini di adesioni, nelle pmi e nell'artigianato: qui c'è il rischio forte che i datori di lavoro scoraggino i lavoratori a iscriversi ai fondi pensione. Infatti i riferimenti delle organizzazioni sindacali si rifanno sempre alla grande impresa, dove c'è sindacalizzazione e ci sono i delegati e ci si dimentica delle realtà minori, che poi sono la maggioranza.
Tra i temi richiamati nella Relazione introduttiva c'è stato quello delle prestazioni accessorie: qui occorre innanzitutto approfondire - ha proseguito Benetti - se si tratta di opportunità che Cometa può mettere a disposizione di chi lo richieda o se si tratta di strumenti che verrebbero estesi all'intera platea degli iscritti (prevedendo quindi una qualche forma di mutualità).
In tema di investimenti effettuati dal più grande Fondo dei metalmeccanici è stato ricordato come su 100 euro (ipotetici) investiti in titoli di capitale, solo una parte esigua di questi venga di fatto investita in titoli italiani: ciò pone problemi che andrebbero approfonditi. E per restare in quest'ambito, Benetti ha anche richiamato il tema ampio del diritto di voto. Infatti è il Fondo ad essere titolare delle azioni acquistate; spetta quindi ad esso costruire possibili percorsi e criteri ( a maggior ragione man mano che crescerà il patrimonio di Cometa) per esercitare questo diritto nelle assemblee degli azionisti.
In merito agli incentivi fiscali il Consigliere ha espresso le proprie perplessità circa la loro utilità. Essi infatti finiscono per agire in modo inversamente proporzionale: se ne avvantaggiano coloro che hanno un più alto reddito e restano sfavoriti i redditi più bassi e coloro che hanno rapporti di lavoro meno garantiti: meglio sarebbe trovare una soluzione che avvantaggiasse questi ultimi.

Il dibattito è proseguito con la comunicazione di Alessandro Falcione, attuario e componente della Consulta previdenziale Uil, il cui testo riportiamo a parte.

E' poi intervenuto Roberto Santarelli, vice presidente del CdA di Cometa e vice direttore di Federmeccanica. Il rappresentante dei datori di lavoro ha esordito esprimendo soddisfazione per questo avvio di riflessione. Pochi anni addietro non esisteva un punto di incontro tra mondo della finanza e mondo del lavoro: oggi questo rapporto esiste e ci si inizia a porre interrogativi più sofisticati.
Si è fin qui percorso in modo positivo un tratto di cammino importante, tanto che la stessa Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) riconosce che i Fondi negoziali hanno realizzato migliori rendimenti - con minori costi per il contribuente - dei Fondi aperti, strumenti professionalmente gestiti da banche e assicurazioni.
Oggi la Legge delega e i decreti attuativi che il governo si accinge a varare vanno nella direzione di una profonda rivisitazione della legge n. 124 del '93, la legge istitutiva dei fondi pensione. Quell'impostazione viene oggi sottoposta a stress e mentre si introducono regole che vogliono garantire la concorrenza, si fa confusione tra secondo pilastro (previdenza negoziale) e terzo pilastro (polizze individuali), pilastro quest'ultimo peraltro già individuato da una legge (la n.47) del 2000.
Santarelli ha ribadito come vada conservata la centralità del ruolo della contrattazione: principio affermato a chiare lettere (e condiviso) nel documento comune sottoscritto a metà febbraio dalle Confederazioni (Confindustria compresa). E il punto di approdo di questo documento comune costituisce un fatto importante, per niente scontato, per quanto riguarda il versante delle rappresentanze dei datori di lavoro.
Guardando al futuro è importante che Fim, Fiom e Uilm abbiano aperto una riflessione sulle prospettive: altrettanto si dovrà fare in casa Federmeccanica, per poi confrontarsi insieme.
Su alcune questioni di merito Santarelli ha espresso giudizi differenziati:

- sul ruolo dell'Assemblea occorre riflettere su ambiti e materie sulle quali potrebbe essere possibile ampliare le competenze di quell'organismo (validi - secondo il vice presidente - i richiami espressi da Benetti a riguardo);
- perplessità maggiori sull'eventualità di scegliere di comune accordo i Consiglieri tecnici: questa componente del Consiglio è stata già valorizzata nel processo di selezione dei gestori; occorre quindi riflettere su quali possano essere le modalità più idonee e/o innovative per scegliere i tecnici;
- in merito al rapporto tra il Fondo e la gestione finanziaria Santarelli ha ricordato come tra gli obiettivi principali della previdenza complementare non vi fosse solo quello di garantire in modo efficace un'integrazione pensionistica, ma anche quello di creare un investitore istituzionale che consentisse nel medio - lungo periodo delle ricadute positive in termini di sviluppo del sistema industriale. E' quindi legittimo chiedersi se i Fondi pensione si stiano muovendo in questa direzione. In realtà questa prospettiva non è favorita dalla debolezza del sistema industriale proprio nei comparti più esposti alla concorrenza; inoltre pesa negativamente la ristrettezza del mercato azionario italiano, con l'effetto indesiderato che si rischia di finanziare la concorrenza più che le imprese italiane.

Santarelli ha concluso con un invito, a proposito delle prestazioni accessorie, a procedere con cautela, per non correre il rischio di appesantire in modo eccessivo i compiti dei Fondi pensione negoziali.

Il dibattito è proseguito con l'intervento di Daniele Cerri, Coordinatore nazionale Cgil sulla previdenza complementare (che ha sostituito Morena Piccinini, impegnata in incontri con il governo proprio sulle materie oggetto del seminario).
Cerri ha fornito un resoconto in presa diretta sull'incontro avuto dalle organizzazioni sindacali con il governo nel corso della mattina a proposito del decreto attuativo della Legge delega sulla previdenza. Si è trattato di un incontro difficile - ha detto l'oratore - in cui è risultata chiara la scelta del ministro Maroni (e del governo) di ridurre lo spazio alla contrattazione collettiva. Un indirizzo che si realizza attraverso un maggiore spazio concesso al mercato, ovvero attraverso l'equiparazione piena di strumenti che in realtà sono diversi tra loro. E' così risultata vanificata, per il momento, la speranza che il governo tenesse conto dell'Avviso comune raggiunto unitariamente dalle Confederazioni sindacali e da quelle datoriali e che quindi il confronto partisse da lì.
Il decreto attuativo proposto dal governo invece rivede aspetti fondamentali della legge n.124, abolisce le gerarchie tra le diverse forme previdenziali, cancellando la quasi totalità delle distinzioni.
L'orientamento è quello di impegnare tutto il Tfr maturando nei fondi pensione (non esisterà più quindi la quota del 40%) e la quota del lavoratore, quella dell'azienda e il Tfr saranno trasferibili verso una qualsiasi delle forme previdenziali previste (fondi negoziali, fondi aperti, polizze individuali).
Il governo dall'incontro pensava di ottenere (già oggi) un via libera che consentisse ad Ania ed Abi di cominciare a operare concretamente (cosa che qualche assicurazione o banca ha scorrettamente cominciato a fare, nonostante che il decreto non sia stato varato). In realtà ci sono elementi che non sono assolutamente equiparabili: trasparenza di funzionamento e tipo di governance sono differenti, così come a oggi non sono equiparabili i vincoli di permanenza e i costi amministrativi per l'iscritto. Nei piani individuali, ad esempio, c'è l'obbligo di pagare all'inizio del periodo contributivo tutti i costi amministrativi relativi all'intera durata prevista del piano pensionistico (un bel problema nel momento in cui l'iscritto volesse trasferirsi in un altro fondo).
Aldilà di questi problemi sostanziali, non ultimo, c'è quello del diritto all'informazione dei lavoratori dipendenti. Il governo ha di promesso una campagna del tipo "pubblicità progresso".
In conclusione, l'esponente Cgil ha ricordato che occorre avere un quadro completo della normativa che verrà prospettata e che comunque il sindacato non potrà rinunciare al ruolo prioritario della contrattazione collettiva. Si tratta quindi di affermare il ruolo prioritario della previdenza complementare collettiva di tipo negoziale, partendo dai punti individuati nell'Avviso comune delle Confederazioni e non dal decreto governativo.
Di fronte a un quadro così complesso e preoccupante occorre rilanciare il dialogo con i lavoratori, coinvolgendoli nei possibili esiti di questa vicenda, producendo iniziative in grado di evitare un risultato sfavorevole.

Fausto Durante, della Segreteria nazionale della Fiom, nel tirare le fila del dibattito ha esordito registrando la non piena convinzione dei gruppi dirigenti del sindacato nel sostegno allo sviluppo della previdenza complementare. Con l'iniziativa odierna - fatto importante - si è ripreso a ragionare sulla prospettiva, sul bisogno di rilanciare l'iniziativa su questa materia. E' quindi necessario ritrovare lo spirito del '98, quando si fece una campagna a tappeto per lanciare la previdenza complementare negoziale. Non si può pensare ancora oggi che si possa vivere sugli allori della fase pionieristica.
Alla fine del mandato di questo Consiglio di amministrazione va inviato un sincero ringraziamento a tutti i Consiglieri, ai Revisori, alla struttura del Fondo e in particolare al presidente Giacinto Militello per la passione e la dedizione con cui ha svolto i propri compiti in questi tre anni e portato a termine un passaggio innovativo sostanziale, il multicomparto.
Il Cda, anche nella fase conclusiva del proprio mandato, potrà iniziare a ragionare sugli spunti importanti offerti da questa iniziativa. E ciò a maggior ragione proprio perché la struttura e gli organismi del Fondo non possono fondarsi sull'entusiasmo della fase di avvio: è necessario un potenziamento e l'apertura di riflessioni su nuove tematiche.
Occorre inoltre intervenire sul sistema di votazione in occasione del rinnovo dell'Assemblea. Per tre volte abbiamo agito in deroga al sistema dei seggi nei luoghi di lavoro (adottando il voto postale): occorre trovare soluzioni che alzino il livello di partecipazione al voto, magari facendo ricorso a sistemi misti (seggi in azienda, schede distribuite e raccolte dall'azienda nelle piccole imprese, ricorso al voto elettronico).
Occorre riprendere - dopo anni di conflittualità - i rapporti tra le parti istitutive, anche per produrre accordi che razionalizzino e migliorino il funzionamento del Fondo. Rilanceremo la richiesta contrattuale di un'ora retribuita annuale di assemblea sul posto di lavoro dedicata alla previdenza complementare.
Al fine di accrescere le adesioni occorre migliorare il rapporto tra Cometa e gli iscritti (comunicazione ed efficienza amministrativa), tra Cometa e le parti istitutive (canali di dialogo più stabili). Occorre in sostanza esaltare il fatto che l'iscritto a Cometa (o a Fondapi) non è un numero, è un lavoratore che ha bisogno di avvertire un diverso rapporto umano, diverso da quello che può trovare in una banca o in un'assicurazione.
Ma vi sono anche altre questioni da affrontare: è importante, ad esempio, ottenere risultati superiori al rendimento del Tfr (anche se il confronto diretto è parzialmente valido). Se è vero - come è stato ricordato - che il successo finanziario dipende in modo quasi pieno dalla strategia (più che dalla tattica) di investimento, occorre concentrarsi su questo argomento e riflettere a fondo. Sono necessarie competenze di alto profilo e un loro uso ottimale.
Infine occorre trovare soluzioni per coinvolgere nella previdenza complementare negoziale i lavoratori con rapporti di lavoro non a tempo indeterminato.
Per fare tutto ciò occorre incontrare una più fattiva collaborazione da parte del sistema delle imprese (rispetto del diritto all'iscrizione, rispetto del dovere di contribuzione), un rapporto più stretto tra sindacato e rappresentanze dei datori di lavoro.
Nel corso degli anni che ci sono alle spalle abbiamo avuto tanti motivi di divisione, ma sulla previdenza (su Cometa e Fondapi) abbiamo conservato un rapporto unitario costante: lavoriamo per valorizzare questo patrimonio comune.

Le sintesi degli interventi - a cura di G. Ferrante - non sono state riviste dagli autori.
Per ragioni di spazio diamo conto solo degli interventi preventivamente programmati dal seminario.

 

 

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