COMUNICATO
STAMPA
Uilm
nazionale
Il seminario della Uilm sull’immigrazione.
La cronaca della giornata a cura di Monica Di Sisto,
cronista della redazione “Sociale” dell’agenzia di stampa Asca
Basta
qualche numero per capire che il mondo del lavoro “è quello dove vivono
principalmente gli immigrati: al 31 dicembre 2005 gli stranieri residenti
rappresentavano il 4,5 della popolazione ma ben il 10,5% della popolazione
lavorativa”. Per questo “la loro integrazione non può che vedere il
sindacato, e la UILM in particolare, protagonisti con proposte concrete, a
partire dai contratti di lavoro”. Antonino Regazzi, leader dei
metalmeccanici della Uilm riuniti a Roma in direttivo per una due giorni
con al centro i temi dell'immigrazione e del rinnovo contrattuale, ha
spiegato che “è possibile anche nell’attuale tornata contrattuale
raggiungere, almeno per la nostra categoria, avanzare rivendicazioni
specifiche e ottenere risultati importanti”. Tra i primi risultati
possibili, Regazzi indica il diritto alle 150 ore di formazione, “già
presente nell’ultimo contratto normativo siglato separatamente da UIL e
UILM e che può essere finalizzato prioritariamente allo studio della
lingua italiana e della cultura civile del nostro Paese”. Ma si fa
riferimento anche ad un sostegno nei rapporti con la pubblica istruzione e
con la sanità, fino a “iniziative specifiche sull’urgente tema dell’alloggio,
sulle quali è giusto avviare un lavoro specifico per avviare un percorso
di integrazione positiva”. L’immigrazione, come fenomeno sempre più
strutturale per il nostro Paese, impegna anche i sindacati “per la
parità dei diritti degli immigrati all’interno dei luoghi di lavoro e
la loro accoglienza al di fuori dell’ambito lavorativo in senso stretto”,
ha affermato nella relazione di apertura del direttivo Ariel Hassan, 27
anni delegato Alenia. Anche perchè “il rischio di trovare sacche di
immigrati sfruttati nei luoghi di lavoro e indottrinati dai predicatori
dell’odio - ha sottolineato - è troppo forte nel nostro Paese e noi
come sindacato dobbiamo opporci con tutte le nostre forze”. Oltre alla
dichiarazione di disponibilità di intervenire, come forza sociale, in
aiuto rispetto ad altri problemi specifici che il lavoratore straniero
deve affrontare, come il permesso di soggiorno, il ricongiungimento
familiare e le procedure per la cittadinanza, appoggio del sindacato alla
proposta della creazione di un “ministero dell'integrazione”, con il
compito, ha aggiunto Hassan “di definire, pianificare, sovrintendere e
finanziare una via italiana all'integrazione”, che, ha concluso “affermi
e valorizzi l’identità nazionale”, e aiuti gli immigrati “a
perseguire il traguardo della cittadinanza secondo un modello di
convivenza sociale e di società italiana”.
Arrivare a “forme più flessibili di accompagnamento
all’ingresso'', superando “una volta per tutte il dibattito su quanti
devono essere gli immigrati”, ma non pensando nemmeno che “i problemi
dell’immigrazione si possano risolvere o chiudendo i Centri di
permanenza temporanea o chiudendo le nostre frontiere”. Sono le
indicazioni che Uil e Uilm hanno lanciato questa mattina a Roma dal
direttivo della categoria dei metalmeccanici che ha per tema le politiche
del lavoro e dell'immigrazione. Secondo il segretario confederale della
Uil, responsabile per le politiche dell'Immigrazione, Guglielmo Loy, “uno
dei nodi per la futura legge sull'immigrazione sarà rivedere il criterio
dei flussi d'accesso, collegando più razionalmente la questione del
lavoro e quella degli ingressi”. Il prefetto Angela Pria, direttore
centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera, ha sottolineato
che tra le iniziative più efficaci del contrasto all'immigrazione
clandestina, si rivela essere “lo sviluppo di accordi di cooperazione
bilaterale e multilaterale con i Paesi di maggiore provenienza ha
diminuito il traffico di persone e gli sbarchi”. Una riflessione sull’integrazione
è importante, secondo il prefetto Pria, alla sua prima uscita pubblica,
ma vede coinvolti non soltanto il ministero degli Interni “che esercita
la funzione che piace di meno ma consente ad altri, attraverso un sistema
di regolare immigrazione, di svolgere le proprie funzioni”. Tra gli
altri, in primo luogo, il ministero della Solidarietà, che oggi ha la
maggior parte delle competenze in materia, e che secondo Pria può operare
più agevolmente in presenza di “programmi precedenti che mettano gli
stranieri in condizione di conoscere la nostra lingua ma anche, ad
esempio, le esigenze del mercato del lavoro”.
Per superare i “due vizi italiani”, quello della
“fobia nei confronti degli immigrati” e “il suo simmetrico e
opposto, cioè il buonismo”, il politologo Massimo Teodori, intervenuto
al direttivo Uilm, chiede al Paese di considerare la presenza dei migranti
“non come una presenza temporanea, ‘usa e getta’, marginale nel
Paese, ma come una componente stabile della popolazione italiana”. E’
necessario, inoltre, secondo Teodori distinguere nettamente, l’integrazione
civile dall’assimilazione culturale. Anche in merito alle recenti
polemiche sulla possibilità di introduzione del divieto del velo per le
minorenni, Teodori chiarisce che “un atteggiamento laico, che guarda al
futuro non pretende dagli immigrati l’assimilazione culturale, l’adesione
acritica ai nostri valori che derivano dalla nostra cultura e dalla nostra
religione, ma un’integrazione civile e completa”. Il percorso per la
cittadinanza, secondo il politologo esperto di Stati Uniti, può anche
essere più veloce, ma non può prescindere da tre passaggi. “Innanzitutto
un giuramento formale sulla Costituzione italiana - spiega Teodori - che
impedisca una doppia obbedienza, al Paese d'origine o alla comunità,
anche religiosa, di appartenenza”. In secondo luogo, “il rispetto
delle leggi del nostro Paese” e infine “la conoscenza della lingua”
pur accettando, ha concluso Teodori, “che l'identità italiana, che pure
esiste, non può essere assolutizzata.Il passaggio di più di cinque
milioni di cittadini da Sud a Nord, ad esempio, ha cambiato il volto
dell'Italia dopo l'Unità”. Tra i valori più cari che l’Occidente ha,
secondo il politologo “c’è l’universalismo dei diritti delle
persone. Per questo dobbiamo rifiutare la deriva verso una società
corporativa, dove ogni comunità si possa organizzare a modo proprio”.
Ufficio Stampa Uilm
(Monica Di Sisto dell'Asca intervista Antonino Regazzi)
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(Vincenzo Sannino intervista Antonino Regazzi)
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Roma, 16 gennaio 1007
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