UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VI - NUMERO 8 Novembre 2001

Donne migranti tra integrazione ed associazionismo - 3° puntata

Questi movimenti associativi femminili prendono sia la forma di una rete, dove le attività si svolgono in un quadro comunitario di gruppi non dichiarati extra-istituzionali, sia di associazione riconosciuta secondo la legge. In questo caso, le associazioni si collocano nel quadro delle logiche istituzionali locali. Un avvio formale per costituirsi in associazione appare la condizione sine qua non per fruire del riconoscimento e del credito previsto dalla regolamentazione vigente.
La struttura di queste associazioni rimane prevalentemente fragile, ad eccezion fatta di quelle che si appoggiano ai sindacati o alla Caritas. Al di là della presidente, gli altri ruoli non sono mai troppo chiaramente definiti e variano in funzione delle disponibilità del savoir-faire e delle richieste. I modi di funzionamento sono molto variabili a seconda della personalità delle leaders, del numero di donne che si mobilitano e della disponibilità o meno di locali. Disporre di un locale, infatti, è la prova dell'interesse che le collettività di connazionali hanno per le attività dell'associazione e la capacità di queste ultime di farsi riconoscere come strumenti utili per la loro conoscenza dei mille rivoli della società italiana. Un locale ed un telefono sono quindi in ultima analisi gli strumenti principali delle associazioni .
La scelta delle responsabili si attua secondo alcuni criteri: le competenze, il periodo di militanza e la fiducia. La questione della fiducia è fondamentale in questo tipo di struttura. La legittimità delle responsabili deriva da un lato dal loro impegno e dalla efficacia del loro lavoro sul campo, dai titoli di studio che possono aver conseguito sia nei paesi di origine che in Italia, dal periodo di militanza nell'associazione, molte, infatti, sono socie fondatrici.
Una delle caratteristiche delle associazioni pluri-etniche è quella di saper mobilitare le competenze più diversificate indipendentemente dalle appartenenze nazionali. D'altronde le caratteristiche plurinazionali di queste associazioni corrispondono alle richieste dei sovvenzionatori. Il pluriculturale è spesso una condizione per ottenere dei sostegni22 e questo le associazioni sembrano averlo compreso. Questa apertura alle "altre" non sembra peraltro solo strumentale poiché corrisponde alle esigenze derivanti dalle situazioni riscontrabili nella realtà. Più una associazione si sviluppa , più le origini geografiche delle responsabili, ma anche delle aderenti e delle utenti, tendono a diversificarsi. Si può notare che anche in Italia come in Francia le associazioni più cosmopolite sono quelle che hanno come obiettivo prioritario progetti di sviluppo economico e ricerca o creazione di occupazione23.
Le attività delle associazioni, i loro intenti e i loro obiettivi non sono prefissati e definiti una volta per tutte ma seguono la variabilità della loro struttura e del loro funzionamento di cui già si è sottolineata la mobilità.
Esse si dividono fra la difesa di valori generali condivisi dal movimento delle donne a livello mondiale ed un approccio più pragmatico alle difficoltà familiari e sociali che le donne affrontano nella loro vita quotidiana; fra una trasformazione radicale delle situazioni di dominio e sottomissione e la ricerca di nuovi elementi per negoziare condizioni sociali intollerabili.
La maggioranza delle associazioni si colloca su una linea mediana di dialogo fra i dispositivi istituzionali realizzati dallo Stato, dalle regioni e dai comuni con i gruppi comunitari e le famiglie, autodefinendosi così come luoghi di mediazione. Queste ultime determinano un quadro nel quale alcune donne offrono ad altre donne le loro competenze, le loro conoscenze della società italiana e la loro comprensione, supportata sia dalla loro formazione che da una precedente esperienza. Questo si connota peraltro come uno scambio reciproco, dato che da questo lavoro, in qualche misura, le mediatrici si aspettano un riconoscimento sociale, di ruolo, in ultima analisi, un salto di status. Le associazioni possono, quindi, rivelarsi anche creatrici di legami sociali e innovatori. Gruppi di intermediazione nel senso in cui intendeva Durkheim, mezzi di integrazione del mondo moderno. Possono presentarsi come luoghi in cui le donne incontrandosi ridefiniscono contestualmente nuovi parametri di identificazione e le loro relazioni con gli altri.
Le attività di mediazione delle associazioni possono aver luogo seguendo tre direttrici :
- contattare i diversi partners sociali al fine di approfondire la conoscenza della società italiana con l'obiettivo di accrescere la propria efficacia;
- familiarizzare le donne immigrate con i diversi codici sociali, i molteplici comportamenti in vigore nella società che le accoglie;
- assolvere un ruolo importante nella nuova vita quotidiana "delocalizzata" tra una donna e suo marito, i suoi figli, la sua famiglia ed anche la sua comunità.
Quest'ultimo è un ruolo cruciale proprio perché è lì che i nuovi sincretismi e gli scambi più intensi con la società di accoglienza si manifestano24.
Ed è qui che le associazioni consentono se non la soluzione, quanto meno l'attenuazione delle tensioni dovute allo scarto tra i comportamenti richiesti dalla società esterna e quelli consolidati all'interno delle comunità o delle famiglie di origine.
I partners sociali che hanno il compito di sovrintendere alla integrazione quotidiana devono misurarsi con una contraddizione. Da un lato, infatti, hanno come compito primario il far rispettare un modello ed un insieme di leggi, norme e regolamenti della società di accoglienza che si traducono in valori e comportamenti, dall'altra si rivolgono a una categoria di persone che non fruisce delle condizioni economiche e sociali che le consentirebbero di aderire, quantunque parzialmente, a questo modello, e che tende a preservare la propria identità che, pur essendo una identità di transizione in ragione della stessa condizione di migranti, tende a riprodurre il più possibile il sistema da cui proviene.
E' questa contraddizione che consente di comprendere l'importanza della dinamica associativa tra le donne immigrate e le richieste delle istituzioni. Si tratta di sottolineare gli elementi più significativi di questa attività negoziale.
Le associazioni cercano di far conoscere la cultura, le pratiche, i costumi delle donne immigrate allo scopo di utilizzare tutti gli strumenti possibili rispondendo alla richiesta di contatti con medici, infermieri, assistenti sociali, insegnanti, avvocati. Per andare al di là dei contatti individuali, i cui limiti sono ovvi, tra le attività delle associazioni vi è l'organizzazione di giornate dedicate all'informazione, sia rivolte alle sole donne immigrate, sia agli operatori dei vari settori25, sia ad ambedue contestualmente. Queste giornate richiedono peraltro infrastrutture e il riconoscimento degli ambienti professionali. Queste giornate consentono alle associazioni di trasmettere alle donne immigrate elementi di migliore conoscenza della società di accoglienza. Si tratta di un ampliamento del pur necessario rapporto individuale. La natura della mediazione è in questo caso quella di costituire, tramite un processo formativo, una autonomia di gruppo delle donne immigrate per la comprensione della nuova società. Questo perché è sempre presente nelle associazioni la preoccupazione che non si sviluppino fra rappresentanti e "fruitrici" rapporti duraturi di assistenza che non farebbero altro che far passare le immigrate da una dipendenza ad un'altra: dall'ignoranza all'assistenzialismo.
In conclusione, due sembrano essere gli aspetti salienti del lavoro associativo. Il primo è una nuova gestione in modo del tutto originale dell'incontro fra specificità etniche e cosmopolitismo. L'assunzione di impegni nelle associazioni è una occasione di apertura, di ridefinizione, di vera e propria creazione di nuovi modelli di integrazione.
Il secondo è quello di superare un ruolo, necessario ma insufficiente, di intermediazione fra individui, famiglie e istituzioni, intervenendo piuttosto presso le istituzioni per modificarne progressivamente l'approccio al fenomeno migratorio.

22 Questo è ben evidenziato in una intervista da me condotta alla dott.ssa Vaifra Palanca del Dipartimento Affari sociali, Presidenza del Consiglio dei Mnistri
23 Sembra che l'Italia ripercorra l'esperienza francese. Vedi Catherine Quiminal, "L'autre immigration. Initiative associative des femmes africaines", Migrants-formations, n.105, juin 1996.
24 Idem.
25 Come per l'associazione CANDELARIA, via San Francesco di Sales, 1B, Roma.

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