UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - Tel. 06.852.622.01 - 06.852.622.02
Fax 06.852.622.03 - E-mail uilm@uil.it

 

 
Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VII - n° 1 febbraio 2002

Protagonisti della società che cambia

Care delegate, cari delegati, graditi ospiti…
si apre oggi il nostro dodicesimo congresso.
Occasione per misurarsi con i grandi e piccoli cambiamenti che stanno attraversando il mondo intero, mondo del quale siamo parte integrante. E' il primo congresso che la Uilm svolge nel III millennio, sono trascorsi oltre due secoli da quando, dalle piccole botteghe artigiane, ai grandi agglomerati industriali molti lavoratori avvertirono il bisogno, l'esigenza di associarsi creando così una nuova forma di identità. Nascente identità alla quale il sindacato si impegnò a dare risposta, forma e voce. Il sindacato nasce, ed è ancora una libera associazione, di mestieri prima, di categorie poi, ha rappresentato e rappresenta quella insostituibile esigenza di dare voce a quanti voce non hanno. A tutti gli uomini e le donne che ogni giorno da sempre prestano la loro opera, la loro capacità, la loro intelligenza in quella comunità del lavoro e dei lavori sulla quale il nostro 12° Congresso vuole riflettere. Qui, adesso, tutti insieme, uomini e donne, dirigenti e delegati dell'organizzazione.
E' impossibile per chiunque, leggere il secolo appena trascorso, la storia del nostro paese, senza analizzare l'intreccio di valori, aspettativa, progresso, cambiamento sociale di cui il sindacato è stato e vuole continuare ad essere espressione.
Fin dai primi processi di industrializzazione, la tensione etica, l'impegno, la scelta di campo e di vita di molti uomini e donne, fu indirizzata verso l'affermazione della dignità del lavoro e dei lavoratori.
Dignità troppo spesso calpestata da una gerarchia di fabbrica che riproponeva la disuguaglianza presente nella società.
Il sindacato, nel suo farsi interprete di questo bisogno, ha saputo costruire, un modello culturale di azione sindacale e sociale, in grado di rappresentare e tutelare gli interessi generali dei lavoratori.
In una società pre-industriale prima, e industriale poi, ha con caparbietà e con dure battaglie costituito un movimento teso all'affermazione dei diritti, al progresso civile e sociale, alla dignità dei lavoratori.
Abbiamo fatto molta strada dalle prime organizzazioni sindacali spontanee, molto è stato realizzato, tante cose sono state trasformate.
E' cambiata la società e noi con essa, è cambiato il lavoro e gli stessi lavoratori.
Sappiamo però con certezza, che il sindacato, la Uilm, vuole continuare ad essere nel secolo che si apre anche così drammaticamente, un protagonista attivo. E' ancora forte nella comunità del lavoro e dei lavori il bisogno di sindacato.
La Uilm è per storia tradizione e valori un sindacato pluralista e laico, ed è per questo che vogliamo dare risposta a questo bisogno, per la piena affermazione dei diritti di tutti i lavoratori.
Le drammatiche vicende dell'11 settembre hanno segnato in modo indelebile il nostro agire, tutti sembriamo avvertire una forte precarietà. Siamo consci di essere davanti ad un bivio, non saranno le vicende militari in grado da sole, di risolvere i tanti squilibri presenti nella nostra società.
Abbiamo netta la sensazione, che mai come ora, l'opera di tutti debba essere indirizzata alla risoluzione pacifica dei molti conflitti in corso.
Pensiamo in modo particolare al Medio Oriente e al drammatico evolversi dei rapporti tra Israele e Palestina. Situazione che si ripercuote nella limitazione dei diritti inviolabili di uomini e donne. La Uilm si adopererà insieme a tutto il sindacato, perché questi popoli trovino vere forme di reciprocità e convivenza, caratterizzate dalla lotta contro ogni forma di terrorismo.
Non abbiamo certo la presunzione di pensare, che questo impegno sia semplice, crediamo però che insieme sia possibile creare, le condizioni per una società più giusta, equa e solidale.
In questi ultimi anni il termine più citato è stato quello della globalizzazione. Dapprima, diciamocelo, sembrava uno dei tanti nuovi termini per un vocabolario di moda. Oggi rappresenta la realtà con la quale tutti dobbiamo confrontarci, misurarci, senza tabù o inutili fraintendimenti. E' un fatto che le merci, i capitali, si muovano in quasi completa libertà, travolgendo vecchie e consolidate strutture finanziarie, industriali, sociali e politiche. Crediamo sia giunto il momento, per il sindacato, di affrontare questo fenomeno, senza reticenze, senza paure, né inutili dogmatismi.
Continuare a leggere questo fenomeno, con superficialità, potrebbe rivelarsi molto pericoloso. E' nostro dovere individuare un sistema di regole in grado di conciliare sviluppo, progresso e tutele. Non dobbiamo temere le novità, la Uilm non le ha mai temute. Si tratta di costruire un nuovo sistema di relazioni industriali, economiche e sociali in grado di rappresentare tutti quei lavoratori in Europa, in Italia, nel mondo, che subiscono sulla loro pelle questo frenetico processo.
La Uilm, così come in passato, vuole essere tra i protagonisti di questo cambiamento; i valori fondanti della nostra organizzazione ne sono la garanzia. Il nostro essere laici e riformisti, da sempre, anche quando era difficile esserlo, ha rappresentato la nostra identità sindacale.
Oggi, più di ieri, il nostro essere liberi, pluralisti, ci consente di guardare senza timori alla società del terzo millennio.
Certo, non pensiamo di fare tutto ciò da soli, la grande Europa è realtà. Abbiamo la stessa moneta, dobbiamo lavorare per gli stessi diritti del lavoro e del cittadino, in Europa come nel Mondo.
La Uilm ha intensificato i suoi rapporti, con le due organizzazioni internazionali, la Fem e la Fism, espressione dell'insieme del movimento sindacale mondiale.
Con la Fem, dopo l'ultimo congresso svoltosi nel 1999, stiamo portando avanti un percorso comune nella prospettiva di riformare le strutture sindacali europee, per il loro consolidamento ed estensione.
Infatti, noi riteniamo importante anche in considerazione delle trasformazioni in atto, che la Fem sia rafforzata e sviluppata, per garantire la sostenibilità futura dei sindacati metalmeccanici europei.
In relazione agli scenari presenti nella globalizzazione, la Uilm esprime un forte consenso sul programma d'azione presentato nell'ultimo congresso della Fism del novembre 2001. In quella sede è stato stabilito come impegno prioritario che l'OIL adotti la "Dichiarazione dei principi e dei diritti fondamentali sul lavoro", rappresentato in questa prima fase dal "Codice di comportamento".
Riteniamo fondamentale tale risoluzione, in quanto oggi è sempre più marcata la tendenza che vede movimenti di capitali e spostamento delle lavorazioni metalmeccaniche dalle regioni più industrializzate e sviluppate, con forti tradizioni sindacali, verso quelle aree del mondo, dove minore è lo sviluppo e quasi nulle le tutele.
Paesi in cui l'economia pur se in forte transizione, è ancora nelle mani di grandi multinazionali.
La Fism e tutto il movimento sindacale hanno dunque di fronte un duplice compito, da un lato fornire assistenza ai nascenti movimenti sindacali per renderli sempre più forti, democratici, con piena libertà sindacale ed indipendenti e dall'altro, mantenere e consolidare il ruolo del sindacato, le conquiste dei lavoratori anche nei paesi industrialmente più maturi.
In questa direzione gli organismi europei e mondiali del sindacato, devono rappresentare sempre più strutture attive di decisione e cambiamento, informazione e scambio. Le nuove tecnologie possono essere un potente alleato, in termini di diffusione della conoscenza. Immaginare un mondo che parte e finisce con noi ci condannerebbe ad una lenta quanto inevitabile deriva.
Certo in queste settimane abbiamo avuto qualche problema con gli spiccioli, ma i vantaggi sono evidenti: l'Europa è al primo posto per scambi commerciali, la trasparenza e la stabilità dei prezzi è più certa, i costi si riequilibrano; già questo rappresenta per l'Europa una grossa opportunità.
Esiste oggi la concreta possibilità di costruire piattaforme contrattuali comuni, creare un grande e forte sindacato europeo, non come semplice rappresentante di stati e categorie, ma come sindacato in grado di tutelare milioni di lavoratori, di incidere sui processi decisionali delle grandi imprese, affermando in concreto quelle forme di democrazia economica che fino a qualche tempo fa erano argomenti per convegni ed ora sono realtà. In questo processo di integrazione europea, la Uilm, il sindacato, deve spingere per la costruzione di un sistema europeo di relazioni industriali, definendo alcuni elementi comuni di riferimento su cui basare le piattaforme rivendicative nei diversi paesi. Non dobbiamo dimenticare che il cuore del modello sociale europeo è la politica della contrattazione collettiva, che dovrà, necessariamente, adeguarsi ai nuovi sviluppi in atto. Dovremo perciò, come sindacato, fare fronte a questa nuova situazione. Attraverso il coordinamento delle riforme contrattuali a livello nazionale ed europeo, dovremo intraprendere azioni efficaci in grado di esercitare una maggiore influenza in sede di contrattazione europea su tematiche quali il salario, la salute, il tempo di lavoro.
E' il momento di osare, senza chiuderci in recinti, comodi solo per invecchiare, ricordando con nostalgia i vecchi tempi andati.
Quello che vogliamo costruire è un sindacato europeo protagonista, capace di realizzare la partecipazione diretta dei lavoratori alle scelte dell'impresa, di creare un nuovo modello di azione sindacale, di essere in sostanza, co-protagonisti per governare la nuova realtà sociale, economica e culturale, interpretando le nuove pluralità ed identità in essa presenti, per dare voce a quanti, rimanendo così le cose, non l'avrebbero.
Abbiamo già costruito alcuni strumenti come il CAE in grado di qualificare la nostra presenza nei contesti produttivi internazionali. Crediamo che sia giunto il tempo per andare oltre: la trasnazionalità è nei fatti. C'è l'esigenza di realizzare un migliore coordinamento tra i diversi soggetti per garantire quelle forme di controllo in grado di indirizzare le politiche delle aziende multinazionali.
Ma non è un semplice ruolo di controllori, quello che vi proponiamo. Attraverso la realizzazione e diffusione di accordi sul "codice di comportamento", vogliamo creare in perfetta sintonia con le normative Oil, tutte quelle forme di tutela dei diritti dei lavoratori, troppo spesso ignorate. Una negazione dei diritti sulla quale troppo prepotentemente si basa la competitività delle imprese multinazionali. Diffondere questa normativa rappresenta per noi un primo passo verso una regolamentazione di tutte quelle forme di globalizzazione violenta contro le quali non smetteremo mai di batterci.
C'è grande confusione anche nel movimento no-global. La Uilm pur rifiutandone la dimensione violenta, spesso di oscura provenienza, aderisce, di fatto, ad un movimento che si batte per i diritti di tutti. Vogliamo evitare però di farci schiacciare in una logica di contrapposizione. Vogliamo realizzare il dialogo tra capitale e lavoro, strada indispensabile per costruire una comunità civile, del lavoro e della solidarietà che non ha bandiere se non quelle della giustizia, dell'equità sociale e del progresso umano.
Sono proprio gli scenari internazionali che ci consentono di analizzare meglio i mutamenti che la società italiana sta vivendo. In questi mesi sembra andare in crisi la stagione della concertazione. Nuovi soggetti politici, nei fatti, stanno negando quanto di buono è stato realizzato, dal '92 ad oggi.
Qualcuno sembra aver dimenticato il ruolo che il sindacato ha svolto nel decennio appena trascorso.
La crisi politico/economica nella quale versava il Paese, è stata scongiurata dalla capacità del sindacato di trovare le adeguate soluzioni. Certo è stata dura. Anche in termini di consensi, abbiamo pagato dei prezzi pesanti. Oggi, però, possiamo affermare che abbiamo evitato per l'Italia un rischio Argentina.
Gli atti di ostilità dimostrati nei confronti del sindacato e dei lavoratori - art. 18, pensioni e deleghe varie - rischiano di travolgere un metodo, un sistema di regole che ha consentito il risanamento dell'economia e il rilancio delle imprese. Occorre ora invertire la tendenza, dando spazio ai consumi, liberando risorse per la contrattazione. Solo così sarà possibile rimettere in moto quel circolo virtuoso in grado di ridistribuire ricchezza a tutti i lavoratori della nostra categoria.
Il salario e i criteri della sua determinazione, costituiranno il punto centrale della nostra politica rivendicativa nella fase contrattuale che va aprendosi.
In questo senso non siamo soli. Le proposte della Confederazione soddisfano questa nostra aspettativa, ed uniti condurremo questa battaglia, per il rispetto dei diritti già maturati, con senso di responsabilità, con un sistema di regole che non vogliamo delegare a nessuno.
La nostra disponibilità al dialogo è forte, sappiamo però che il dialogo ha bisogno di reciprocità. In assenza di ciò non saranno poche le difficoltà, ma le affronteremo certi della forza delle nostre idee.
C'è la necessità di ridiscutere l'impianto complessivo dell'accordo del 23 di luglio. Troppe cose non trovano secondo noi le giuste risposte.
E' un dato che nella categoria molti lavoratori non realizzano la contrattazione di secondo livello. L'esigibilità è un diritto che deve essere esercitato, per questo la nostra politica rivendicativa deve essere più vicina al territorio, alle aziende. E' lì che si realizza il profitto ed è lì che va ridistribuita la ricchezza prodotta dal lavoro.
In questa prospettiva è giunto il momento di riappropriarci della tematica relativa all'inquadramento ed alla professionalità, che assume per la Uilm valore strategico nella politica sindacale.
Noi pensiamo di proporre una struttura contrattuale che definisca dentro il Ccnl un quadro di riferimento sulle professionalità, che veda però nella contrattazione aziendale il suo esplicito riconoscimento economico.
Immaginiamo, insomma, un paramentro specifico nella contrattazione di secondo livello in grado di valorizzare economicamente la professionalità e polifunzionalità che i lavoratori esprimono. Ad oggi questo elemento è riconosciuto solo dall'imprenditore, ma nella maggioranza dei casi non viene mai corrisposto attraverso parametri contrattati con il sindacato.
Ravvediamo l'esigenza di discutere in profondità questo tema. La Uilm in tal senso organizzerà per il mese di maggio un seminario che coinvolgerà quadri e delegati sul tema dell'inquadramento e delle professionalità, vecchie e nuove, di tutte quelle figure professionali troppo spesso trascurate dal sindacato.
E' chiaro che per noi resta centrale il Ccnl come strumento di tutela e garanzia dei diritti dei lavoratori, garanzie e tutele che in alcune aree del paese sono spesso messe in discussione.
Certo, va prevista una rimodulazione della vigenza contrattuale che riteniamo utile individuare in tre anni; questo consentirebbe di realizzare una contrattazione di secondo livello meno vincolata dal biennio economico del Ccnl.
La nuova stagione contrattuale dovrà vedere la definitiva realizzazione di quelle forme di bilateralità che hanno ben funzionato. Le stesse vanno però rafforzate, per realizzare compiuti processi decisionali, in grado di realizzare nella nostra categoria prassi sempre più consolidate di partecipazione. Si tratta di un sistema di relazioni industriali, sul quale abbiamo investito energie e risorse e a cui non intendiamo rinunciare.
Oggi parliamo del lavoro, ma di fatto si tratta di lavori, vecchi e nuovi, flessibili, a tempo, delle conoscenze e dei saperi e della bassa qualificazione. Questa è per noi la vera sfida in una realtà sociale dove, le tradizionali forme di appartenenza, sono oramai un pallido ricordo. Assistiamo infatti ad una sempre più marcata trasversalità delle identità lavorative. Il sostanziale modificarsi della struttura sociale ha fatto emergere nuove tendenze nel mercato del lavoro e negli stessi lavoratori, soprattutto giovani e donne. I tradizionali nuclei aggregativi, con il modificarsi dei processi produttivi, esprimono il bisogno di tutele nuove, più aderenti alle modificazioni in atto. Non si può da un lato tentare di governare la globalizzazione e immaginare che la stessa, possa essere ingabbiata in comode ipotesi interpretative, buone per una comunità del lavoro anni '70, fatta di grossi agglomerati industriali. Questa analisi si rivelerebbe incapace di rispondere in termini di diritti e tutele, alla crescente segmentazione dei luoghi della produzione. Ecco perché non riusciamo a parlare ai giovani quando si scontrano con questa realtà. Ed è anche per questo che dobbiamo evitare di creare una frattura generazionale: sarebbe la fine del sindacato.
Già oggi, molti giovani lavoratori e lavoratrici, entrano in azienda con minori garanzie e salari più bassi. Gli strumenti legali per gli imprenditori sono molti e diffusi. Non possiamo e non vogliamo essere noi quelli che chiusi in un palazzo guardano i fenomeni girargli intorno. Non sarà la Uilm a creare un mondo del lavoro a parte.
La riflessione sul lavoro negli ultimi anni si è focalizzata sul tema della flessibilità, non più e non solo come elemento di competitività organizzativa, quanto piuttosto come nuovo totem da idolatrare, abbattendo per sempre la concezione stessa del lavoro stabile.
Non c'è oggi dibattito tra esperti, articolo o convegno che non si concluda con la richiesta di ulteriore flessibilità che nella sostanza potrebbe significare precariato e riduzione dei diritti acquisiti. Secondo questa linea di "pensiero", la piena occupazione, si ottiene, attraverso la totale deregolamentazione del mercato del lavoro. Solo uno sprovveduto o ingenuo osservatore potrebbe credere sul serio a tale assunto.
La precarietà diffusa, infatti, genera soltanto fragilità sociale, finto e occasionale benessere, stress emotivo e subalternità.
Se anche poi, volessimo valutare tutto ciò, in una logica esclusivamente economica - e non è quello che vogliamo - la totale precarietà può in una prima fase ridurre certamente i costi. Il ritardo però di una seria e costante politica di investimenti ed innovazione tecnologica, renderebbe il nostro sistema produttivo capace di competere, solo con le realtà industriali più povere del mondo. Crediamo che questa cultura industriale e d'impresa non sarebbe in grado di determinare quel salto di qualità necessario a rispondere alle sfide della globalizzazione.
Sono queste le più evidenti contraddizioni presenti nella richieste degli imprenditori e fatte proprie dal Governo attraverso il "libro bianco" con le successive deleghe in materia.
Certo il "libro bianco" contiene alcune interessanti riflessioni, ma anche limiti eclatanti, sul tema delle regole e della struttura concertativa, sostituite da un non meglio precisato "dialogo sociale". Crediamo, però che terminata questa fase caratterizzata dallo scontro politico, sarà possibile affrontare tali temi con maggiore serenità.
Ed è proprio qui secondo noi il vero punto di debolezza dell'intera proposta. Non riteniamo possibile creare un mercato del lavoro equilibrato, un corretto utilizzo del lavoro senza un sistema formalizzato di regole. Occorre realizzare un circuito di relazioni industriali e sindacali partecipative, per garantire, senza nessuna subalternità, una armoniosa compatibilità tra lavoro e capitale, tra sviluppo e benessere.
Quello che invece sembra venire avanti con determinazione è una strategia che dietro parole come modernizzazione e liberismo, nasconde il desiderio di ridurre i diritti, modificare le tutele, ridimensionare il sindacato. In sostanza riconsegnare tutto il potere nelle mani degli imprenditori.
Tale situazione realizzerebbe, di fatto, il ritorno alla subalternità del lavoratore, che in certe realtà e fasce sociali è già presente. Esiste, la volontà di formalizzare un processo di precarietà già diffuso, per trasformarlo in prassi consolidata.
Questa realtà della precarizzazione, di per sé già troppo sviluppata, rischia sul piano sociale, di realizzare una saldatura trasversale tra le forze sociali più resistenti al cambiamento.
Molti imprenditori da un lato, e i nostalgici dell'antagonismo dall'altro, sembrano vedere sul tema della flessibilità, la concreta possibilità di tornare a forme di confronto antagonista, ad un contesto sociale, libero da regole e accordi, luogo nel quale ripristinare la logica del vincitore e del vinto.
Crediamo che questa impostazione vada combattuta in modo determinato. Pensiamo che una riforma sociale, laica ed autenticamente progressista, passi attraverso la diffusione di concrete relazioni partecipative, di regole per costruire tutele, effettivo confronto e ridistribuzione della ricchezza.
Quello che proponiamo è un modello capace di capovolgere la logica dello scontro a prescindere, per provare a realizzare un sistema di relazioni tra le parti, in grado di creare ricchezza, sviluppo e tutela dei diritti. Una politica sociale del lavoro, che sia "per" e non "contro" qualcuno o qualcosa.
Questo è l'impegno che il nostro sindacato vuole assumere, in coerenza con la sua storia, i suoi valori e la sua identità.
Convinti come siamo che dal rispetto dei diritti dei lavoratori, dalla collaborazione di tutti, da un sistema industriale forte, possa crescere una democrazia autenticamente partecipata.
Dal punto di vista delle infrastrutture, dell'innovazione tecnologica e degli investimenti, l'industria metalmeccanica paga ancora troppi, rischiosi e colpevoli ritardi.
Il paese si presenta ancora troppo diviso, convivono realtà eccessivamente squilibrate: una forte disoccupazione al Sud, una mancanza di lavoratori al Nord.
Queste situazioni, sviluppano processi di ritardo industriale non più tollerabili. L'empasse sulle innovazioni di prodotto, la scarsa attenzione agli investimenti tecnologici e alla ricerca, rischiano di condannare il nostro paese, ad una competizione internazionale nella quale, l'intero sistema produttivo potrebbe collocarsi in posizione subalterna. Dicano le imprese: verso quale modello industriale vogliono andare? Ci rispondano presto visto che sono poco propense ad accettare la sfida della competitività, quando questa riguarda impegni economici, ed una seria politica di investimenti.
Anche il Governo deve mantenere gli impegni assunti. La nostra industria, i lavoratori metalmeccanici, hanno la necessità di vedere realizzati quegli investimenti in servizi, infrastrutture, nuove tecnologie. Azioni queste, capaci di mettere in moto un processo attivo utili ad invertire la tendenza in atto, per realizzare un significativo miglioramento economico/sociale dell'intero paese.
Tale cambiamento deve partire dal mezzogiorno ancora escluso dai grandi investimenti, da una rete di infrastrutture capace di farlo competere alla pari con le aree più forti del paese.
Su questi temi incalzeremo senza sosta il Governo ed il sistema delle imprese.
Il Sud deve trasformarsi in una grande occasione. La Uilm, e con noi la Confederazione vuole contribuire a questo, oggi, non in un ipotetico domani. Riproponiamo al sistema delle imprese di aprire un tavolo per il Sud, che sappia valorizzare le potenzialità e le positive esperienze sin qui realizzate, in alcune aree del mezzogiorno.
I metalmeccanici sono forse la categoria che più di altre ha subito la segmentazione del mercato del lavoro. Questo processo, ha visto nascere rapidamente nuove soggettività lavorative, mentre nel contempo, si è realizzato un forte cambiamento nel tessuto sociale, che esprime nuovi bisogni. Una struttura sociale, dove emergono, nuove identità relazionali nel mondo dei lavori, rappresentate dalle nuove generazioni che già si autoesprimono, ma cercano con forza di trovare concrete forme di rappresentanza. Le donne, ancora troppo poco presenti nel sindacato, sono ormai una forza costante nel mondo del lavoro, così come è andata aumentando, la realtà del lavoro migrante. Queste realtà, chiedono al sindacato di creare un canale comunicativo, capace di realizzare l'idea stessa di appartenenza, tutela ed identità. La Uilm deve e vuole dare voce a queste istanze. Noi dobbiamo rappresentare e unire queste pluralità. Vogliamo farlo adesso, per realizzare una comunità del lavoro, che abbia al centro l'inclusione di quanti oggi ne sono esclusi o rischiano di diventarlo.
Questa grande richiesta di rappresentanza, deve essere per la nostra organizzazione, uno stimolo per sviluppare più adeguati sensori sociali, in grado di rispondere alle donne ed agli uomini, evitando dannose contrapposizioni di genere e tra generazioni.
I processi di cambiamento produttivo ed organizzativo delle imprese, le pluralità di entrata nel mondo del lavoro, hanno bisogno di un sindacato che ridiscuta l'impianto contrattuale.
Abbiamo molti vuoti da riempire: professionalità, salario, formazione, diritto allo studio, inquadramento, tempo di vita e di lavoro.
A gennaio 1999 ebbe inizio il lungo cammino del fondo Co.Met.A., il "fatto sociale" più importante realizzato dai metalmeccanici negli ultimi anni, frutto di un grande sforzo collettivo che ha visto i rappresentanti sindacali Uilm in prima linea.
Co.Met.A. in questi anni si è dimostrato uno strumento previdenziale valido e a basso costo per l'associato.
Ma Co.Met.A. non "copre" tutti i dipendenti metalmeccanici e così nel corso di questi anni sono stati costituiti, Fondapi che ha finalmente avviato la raccolta delle contribuzioni, Cooperlavoro, destinato anche ai dipendenti e ai soci lavoratori delle imprese cooperative metalmeccaniche e Artifond per i dipendenti delle imprese artigiane.
Quest'ultimo fondo sconta difficoltà e ritardi a causa della dispersione delle imprese sul territorio e dell'ostruzionismo di chi pensa di far risparmiare le imprese a danno dei loro dipendenti. Queste difficoltà rischiano di penalizzare le migliaia di metalmeccanici, perlopiù giovani che lavorano nelle imprese artigiane.
Oggi siamo alla vigilia di un cambiamento importante, che sancisce definitivamente l'esistenza, il ruolo e le risorse del "secondo pilastro" previdenziale. Dobbiamo garantire l'accesso alla previdenza complementare per tutte le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici, in particolare per quelli giovani.
Tutta la Uilm deve quindi impegnarsi nello sviluppo delle forme di previdenza complementare e nel promuovere l'adesione dei lavoratori a questi fondi.
Da alcuni anni è riemersa con vigore la questione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ritrovando la sua giusta collocazione al centro del dibattito sindacale e, soprattutto, sollecitando l'attenzione di aziende e lavoratori.
Non vi è dubbio che l'introduzione del decreto legislativo 626 e la sua carica innovativa hanno avuto una grande parte nell'accelerazione di questo processo.
Ebbene la Uilm ha saputo cogliere per prima l'importanza di questo cambiamento, realizzando una fase di informazione e formazione in tutti i territori e offrendo così a circa un migliaio di delegati gli elementi di base per la conoscenza delle nuove opportunità e dei nuovi diritti.
Successivamente, c'è stato l'avvio di una nuova e più avanzata esperienza, rappresentata dalla costituzione di un coordinamento nazionale dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, a cui furono affidati compiti di analisi e di studio ma anche di dibattito, confronto ed elaborazione politica sul tema.
Occorre allora dare continuità a quel progetto, come segno concreto di un rinnovato impegno del sindacato su un fronte dove ancora si registrano pesanti arretramenti. Il numero degli infortuni, infatti, è troppo alto e, spesso, le norme elementari vengono disattese o ignorate. Purtroppo, l'attuale fase economico-produttiva, caratterizzata da una crescente precarietà occupazionale, rischia, ancora una volta, di rendere la questione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro del tutto marginale.
Dobbiamo stimolare e indirizzare la ricerca sui materiali e sui processi e indagare sulla loro potenziale pericolosità, diffondendo in tempi rapidi i risultati di queste indagini e ricorrendo a materiali sostitutivi. Non possiamo e non vogliamo ripetere l'esperienza dell'amianto.
Riproponiamo quindi al Congresso quanto elaborato dal Coordinamento nazionale Uilm dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Il nostro ruolo deve essere quello di riportare il lavoro al centro della discussione. Quando il lavoro si trasforma in merce, quando il suo contributo è definito poco importante, quando la fabbrica, l'ufficio, diventano il luogo di nessuno, un confine in costante mutamento, allora il rischio per il sindacato è di essere percepito come estraneo, distante, chiuso.
Da anni la Uilm è impegnata nella rivalutazione del lavoro industriale. E' arrivato il momento di riaffermare con forza questa nostra idea, che nel concreto significa ridistribuzione della ricchezza, identità, partecipazione, solidarietà diffusa tra le generazioni. Ecco la Uilm vuole essere il sindacato dove tutti i lavoratori trovino cittadinanza piena in termini di tutela e rappresentanza, formazione e diritti. Questo è quello che ci proponiamo, questo vogliamo realizzare, perché il valore del lavoro diventi un diritto. Opportunità sulla quale costruire la qualità della vita nella comunità dei cittadini e dei lavoratori.
In quest'ultimo anno i rapporti tra le organizzazioni sono stati difficili e complessi.
Abbiamo riscontrato tante, troppe difficoltà nell'individuare un percorso unitario, rispetto ai problemi da affrontare. Queste difficoltà si sono evidenziate soprattutto al centro. I tanti accordi sottoscritti a livello territoriale sembrano testimoniare infatti, che i rapporti tra le organizzazioni sul merito e sui contenuti non risentono della chiusura messa in atto dalla Fiom nazionale. Abbiamo più volte spiegato, ribadito in ogni sede, la nostra posizione in relazione alle scelte che riguardano i problemi dei lavoratori metalmeccanici. Sulla vicenda dell'ultimo contratto, sappiamo di essere stati coerenti nell'impegno assunto con i lavoratori.
Quella vicenda e il risultato ottenuto, dimostrano che il nostro modo di intendere il rapporto con tutti i lavoratori, è giusto e comprensibile.
Non siamo noi, quelli che cercano i distinguo e le divisioni, ma non appalteremo mai a nessuno la nostra organizzazione, il nostro modo di pensare, di essere sindacato dei lavoratori e per i lavoratori.
Il congresso della Fiom ci rimanda un'organizzazione sempre più chiusa, apparentemente interessata solo alla individuazione dei nemici. Facciano attenzione i compagni della Fiom: le divisioni, la mancanza di confronto non ha mai rafforzato il sindacato, semmai lo ha reso più debole.
Siamo quindi consapevoli del difficile momento che stiamo vivendo, delle diverse interpretazioni sul mondo che ci circonda. Non condividiamo la visione apocalittica espressa dal segretario della Fiom, una visione che individua nello scontro il momento della purificazione. Già in passato questa visione si è tradotta in sconfitte brucianti per tutto il sindacato e per i lavoratori. Certo esistono e sono evidenti gli attacchi al sindacato e ai diritti che difendiamo. Dire però che stiamo vivendo un attacco da parte dell'impero del male, così come viene raffiguarata l'America ci sembra un'analisi sbagliata, parziale, di parte.
Crediamo tuttavia che l'unità resti un valore forte, in grado di tutelare al meglio i lavoratori. Vogliamo farla insieme. Per costruire un modello di sindacato, un sistema di regole, un nuovo pluralismo delle idee, che abbia però come elemento portante la reciprocità tra le organizzazioni, e il diritto di espressione. Con i colleghi della Fim abbiamo lavorato bene insieme ed è anche sulla base del lavoro svolto con loro, che vogliamo aprire il confronto tra le organizzazioni.
Non abbiamo mai rifiutato il confronto democratico con i lavoratori, ma quando lo strumento del referendum è utilizzato per fini politici, quando alla dialettica ed al confronto tra le organizzazioni si contrappone l'ideologia, abbiamo il diritto-dovere di riscrivere le regole. Non è accettabile, subire accuse di scarsa democrazia, da parte di chi fa dell'intolleranza, della cattiva informazione, del referendum, un uso politico strumentale, teso a portare dentro il sindacato lo scontro politico in atto nel paese. Riscrivere le regole, da lì dobbiamo ripartire. Pur auspicando una legge sulla rappresentatività e sulla rappresentanza, nel breve e medio periodo dobbiamo farcela da soli. Il contratto è alle porte.
I punti che maggiormente ci hanno visto divisi nel recente passato sono essenzialmente due: il regolamento di Fim, Fiom, Uilm per la elezione delle RSU e il sistema di regole per la costruzione della piattaforma e la convalida del Ccnl.
Quanto agli atteggiamenti del governo abbiamo già risposto come Uilm e insieme alla nostra Confederazione. Sulle questioni di merito - art. 18, pensioni, diritti - il nostro giudizio è netto e visibile. E tuttavia, il duro confronto con il Governo è più lungo del previsto, ed è per questo che non ci dobbiamo illudere che sia sufficiente una "spallata" per risolvere tutte le questioni che sono state poste sul tavolo. Al contrario vogliamo dimostrare al Governo che da convinti negoziatori come siamo, da questa vicenda non vogliamo uscire sconfitti.
Questo è possibile se sapremo usare la nostra forza con intelligenza, tenendo alto il livello di mobilitazione, sapendo che, a lungo andare, anche lo sciopero generale potrebbe diventare realtà. Il Governo lo deve sapere, da questa vicenda possiamo uscire guardando avanti. Il Paese ha bisogno di crescere e vuole crescere. Il cambiamento in atto nel Paese è forte e noi vogliamo essere protagonisti, muoverci dentro la realtà che cambia. Francamente però non ci pare che dobbiamo, e non lo vogliamo, incominciare dall'art. 18 dello "statuto dei lavoratori". E quando il Ministro Maroni ci chiede con chi stiamo, la risposta è netta: "con i lavoratori".
Dobbiamo ora parlare di noi, della Uilm, un'organizzazione che negli ultimi 4 anni ha cambiato molto, rinnovando oltre il 60% della sua struttura dirigente. L'età media dei nostri dirigenti si attesta oggi intorno ai 45 anni. Molti di loro sono passati attraverso i corsi di formazione che la struttura nazionale ha attivato in questi anni. Nei prossimi anni contiamo di rinnovare completamente l'insieme dell'organizzazione.
Possiamo con serenità e certezza di dati, affermare che, questo ricambio generazionale è avvenuto insieme all'elezione di molti giovani RSU alla loro prima esperienza sindacale. Se consideriamo le battaglie sostenute, gli attacchi, le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare nel biennio appena trascorso, riesco a trovare una sola parola per quello che abbiamo realizzato. Grazie, grazie per tutto quello che insieme abbiamo costruito, per la capacità che la Uilm, questa Uilm, ha saputo dimostrare. Ed è proprio alle RSU che vogliamo dedicare un'ulteriore riflessione: sapete che nei rapporti con la Fiom ci divide l'impostazione sulla democrazia delegata. Ecco, per noi le RSU sono contitolari della contrattazione territoriale, espressione vera dell'opinione e del giudizio dei lavoratori e dell'organizzazione. Questa scelta l'abbiamo fatta nel '93, quando tutti i lavoratori votarono i candidati delle liste della Uilm. Non sarà la Uilm a trasformare le RSU in semplici postini della contrattazione, pendolo tra imprenditori e lavoratori senza ruolo e senza responsabilità. La Uilm siete voi, i nostri delegati rappresentano la vera grande forza dell'organizzazione. Non saremo noi - lo ripeto - a ridimensionarne il ruolo e la rappresentanza. La Uilm è qui, 2/3 sono delegati di fabbrica, gli altri delegati rimasti in fabbrica insieme agli iscritti vi hanno, ci hanno, eletto per rappresentarli. Abbiamo superato momenti difficili, crisi complesse, ma mai come in questa fase, il nostro rapporto è stato così saldo, forte, in grado di valorizzare l'intera organizzazione.
Dobbiamo fare di più, farlo insieme, è necessario aumentare la presenza delle donne, dentro gli organismi, allargare i rapporti con le giovani generazioni, con i lavoratori immigrati. Dobbiamo insomma aprirci alla società, essere soggetto capace di ascoltare e stimolare il cambiamento. Sono certo che insieme sapremo farlo, perché storicamente è questa la grande forza della Uilm.
Essere protagonisti nella società che cambia è un valore, un segno della nostra identità sindacale, del nostro essere al servizio dei lavoratori e dei cittadini che formano la comunità del Lavoro e dei Lavori.
Voglio, infine, ringraziare quei compagni che in questa fase di rinnovamento dell'intera organizzazione sono passati alla Uil. E' anche con loro che abbiamo fatto grande la nostra organizzazione. Ed è a loro che va il grazie della Uilm, sapendo che saranno sempre con noi, perché un po' metalmeccanici si rimane per sempre.
Viva la Uil, viva la Uilm.
a cura di Antonino Regazzi 

torna all'homepage