UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - Tel. 06.852.622.01 - 06.852.622.02
Fax 06.852.622.03 - E-mail uilm@uil.it

 

 
Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VII - N° 4  maggio 2002

Tutta colpa dell'articolo 18?

Che cosa ha frenato lo sviluppo e la diffusione del lavoro in Italia? La risposta è ovvia: il famigerato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Secondo una fazione politica, che adesso governa il Paese, solamente eliminando la "fonte di tutti i mali", il simbolo dell'arretratezza del nostro mercato del lavoro, sarà possibile rilanciare l'economia italiana.
Premettendo che reputo sia necessario attuare una riforma dello Statuto, ritengo altresì che si stia assistendo ad una lenta ma, di questo passo, inesorabile erosione dei diritti di chi lavora.
Ma mi preme tornare al quesito iniziale, facendo presente che nell'ultimo anno l'occupazione è sensibilmente aumentata (371.000 unità in più rispetto all'annata precedente), malgrado la funesta ed ingombrante presenza dell'articolo 18: la colpa del mancato sviluppo dell'economia è da ascrivere sostanzialmente alla nostra classe industriale.
Vorrei incentrare la questione, che coinvolge tutta l'imprenditoria italiana, dalla Grande alla Piccola Impresa, sullo spostamento di fabbriche e aziende all'estero, più precisamente in quegli Stati dove ci sono meno tasse e la mano d'opera costa meno.
Non credo ad un sublime sentimento filantropico nei confronti di popolazioni economicamente arretrate…
Dunque producendo beni all'estero (parlo principalmente dell'Europa Orientale e dei Paesi del terzo Mondo) si abbattono considerevolmente i costi ma, se questa politica arreca benefici nel breve periodo, provoca nel medio-lungo periodo una significativa contrazione della domanda nel mercato di riferimento, quello più ricco, nel nostro caso l'Italia.
È notorio, infatti, che la stragrande maggioranza della imprenditoria italiana è solita praticare il principale "sport" nazionale, cioè il lamento, generato dalla sterilità della domanda.
La spiegazione di questo meccanismo macroeconomico è facilmente comprensibile: pagando molto meno il lavoratore in un mercato secondario, si impedisce di generare reddito nel Paese destinato ad essere la piazza economico-finanziaria principale; semplicisticamente si potrebbe immaginare una catena di montaggio alla quale viene sottratto un ingranaggio e quindi il meccanismo si inceppa. Il verificarsi del blocco del dispositivo non è null'altro che la mancata produzione del fatidico indotto, una delle variabili principali di qualsiasi economia nazionale.
Al riguardo un certo Ford, un "industrialucolo" da strapazzo di tanti anni fa, diceva: "pago bene i miei operai in modo tale che comprino le automobili che io produco". Non è esattamente ciò che praticano i nostri industriali…
Gli imprenditori, salvo rare eccezioni, non hanno compreso che "soffrire nell'immediato" significa raccogliere i frutti nel medio e lungo periodo: creando reddito all'interno del circuito nazionale, i ritorni saranno elevati, alimentando la vera ricchezza di una Nazione.
Pare che questo ragionamento, che oserei definire sillogistico, non sia in alcun modo digeribile dai nostri famelici e lamentosi figlioli della Confindustria…
Marco Tullio Lotito

torna all'homepage