UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VII - N° 4  maggio 2002

Fondi pensione: "Sono operatori previdenziali"

Qualcuno1 ha definito criticabile la scelta del legislatore in tema di controllo e vigilanza sui fondi pensione, poiché, vista la natura di intermediari finanziari posseduta dai fondi pensione - che si muovono in concorrenza sul mercato - tale controllo sarebbe dovuto spettare agli organismi che esercitano le funzioni di vigilanza sulle società quotate in Borsa (Consob), sulle banche (Banca d'Italia) e sulle imprese assicuratrici (Isvap). Gli ampi poteri attribuiti alla Commissione, (quello normativo e i compiti di tipo autorizzatorio e certificativo, e non di sola vigilanza o controllo in materia di fondi pensione, ) potrebbero, infatti, far pensare che la Covip sia un vero e proprio organo di decisione politica che non si limita alla verifica del rispetto delle regole, ma che orienta le scelte finanziarie.
Si può dire che il ruolo della Commissione non sia più solo quello di arbitro, ma di vera e propria attrice sul mercato?
Coloro che criticano la scelta del legislatore di prevedere (e rafforzare) un'Autorità di vigilanza "dedicata" al controllo sui fondi pensione muovono da un grossolano errore: quello di considerare i fondi pensione alla stregua di intermediari finanziari. In realtà, come la Commissione ha già avuto modo di evidenziare in varie sedi, i fondi pensione sono piuttosto qualificabili come operatori previdenziali e non già come intermediari finanziari o assicurativi. Il ruolo dei fondi pensione è del tutto diverso da quello degli intermediari finanziari. Essi si pongono piuttosto come investitori collettivi di lungo periodo, chiamati ad esercitare funzioni di indirizzo sull'utilizzo delle risorse attraverso la definizione di politiche di investimento che tengano conto delle caratteristiche e delle esigenze dei destinatari, essendo poi demandata agli intermediari finanziari e assicurativi, sulla base delle linee di indirizzo ricevute, l'attività di gestione delle risorse medesime. In questo contesto è evidente la centralità del ruolo esercitato dalla Covip, quale soggetto cui è demandata la supervisione su un settore che è chiamato a svolgere il ruolo di "cerniera" tra mondo del lavoro e mercato finanziario.

Gli interessi concretamente tutelati dalla Covip sono rappresentati dall'interesse collettivo dei risparmiatori aderenti ai fondi pensione e dall'interesse pubblico che fa capo allo Stato, il quale ha tra le sue funzioni giuridiche il perseguimento del benessere della collettività, sia inteso come "benessere previdenziale", di cui all'art. 38 Cost., sia come "benessere del risparmio", di cui all'art. 47 Cost2. Si tratta di situazioni non in conflitto tra loro, ma legate dal raggiungimento di un unico risultato: la realizzazione di un sistema previdenziale che garantisca e tuteli tutti gli interessi coinvolti. In questo contesto la Commissione ha il compito di vigilare perché si realizzino le condizioni per l'esercizio degli interessi stessi. L'attività di controllo3 opera non per condizionare la facoltà di scelta dei singoli, ma per indirizzarla entro margini di libertà predeterminati.
L'attività di vigilanza della Commissione si inserisce in una complessa rete di collaborazione e sinergia con le Autorità di vigilanza che operano in modo specifico sugli altri settori dell'intermediazione finanziaria, entrando nel sistema di controllo pubblico della finanza privata, insieme alla Banca d'Italia, alla Consob, all'Isvap e collocandosi quale "quarto mercato finanziario" (Cassese S.).
Ma, il compito di vigilanza della Commissione dovrebbe integrarsi anche con il controllo interno svolto dagli attori delle iniziative previdenziali, posto in essere, cioè, dai risparmiatori aderenti ai piani pensionistici complementari, dai soggetti promotori e dagli organi di gestione dei fondi stessi.
Si può dire che la Covip occupa una posizione centrale nell'ambito della rete di controlli incrociati cui è sottoposto il sistema della previdenza complementare?
Non v'è dubbio che l'attività di controllo della Covip si integra con quella svolta dagli stessi attori delle iniziative previdenziali, da un lato, e quella svolta dalle Autorità di vigilanza sui soggetti gestori, in un quadro non già di duplicazione delle funzioni, bensì di rafforzamento dei presidii proprio in funzione dell'importanza che l'ordinamento riconnette alla tutela del risparmio previdenziale. E' evidente che in tale ambito la Covip è chiamata a svolgere un ruolo assai significativo che tiene conto della necessità di realizzare sinergie operative con gli altri enti di vigilanza, ma ha presente le peculiarità della finalità previdenziale dell'attività svolta dai fondi pensione, che richiede un grado di tutela speciale e particolari modalità di esercizio.

Come si concilia l'attività di tutela e garanzia delle regole che la Covip svolge all'interno dell'intero sistema, al fine di realizzarne la sua stabilità, e il controllo volto ad assicurare la correttezza dei comportamenti dei soggetti gestori?
Il sistema chiaramente scandisce la distinzione tra fondi pensione e intermediari finanziari e assicurativi, con un'obbligata ripartizione di compiti e funzioni, cui è logico e coerente faccia riscontro anche una distinzione sotto il profilo dell'autorità cui affidare i compiti di supervisione, assicurando, anche per tale via, una più completa esplicazione del processo dialettico tra fondo e gestore. Ciò, ripeto, non significa duplicazione di funzioni, ma rafforzamento dei meccanismi di controllo in un settore in cui l'oggetto della tutela non è il risparmio "tout court", bensì il risparmio previdenziale, ossia, per essere espliciti, il reddito futuro di lavoratori (anche appartenenti a fasce di reddito medio-basso). D'altronde tale distinzione di compiti e funzioni non è una peculiarità italiana. Se si guarda all'estero, e in particolare ai Paesi in cui l'esperienza della previdenza complementare esiste da più tempo ed ha un peso maggiormente rilevante (ad esempio Stati Uniti e Regno Unito), si vede come la vigilanza sui fondi pensione non è affidata alle stesse Autorità cui è affidato il controllo sugli intermediari finanziari e assicurativi. Negli Stati Uniti, al centro del sistema di vigilanza si colloca il Department of Labor, che, tramite la Pension and Welfare Benefit Administration, esercita in via diretta competenze che in Italia sono riconducibili al sistema Ministero del lavoro - Covip. Il sistema inglese, che sovente è citato a titolo di esempio dai detrattori del modello italiano, è al contrario paradigmatico del rilievo peculiare che viene riconosciuto alla supervisione sulla previdenza complementare. Infatti, proprio nel momento in cui si è deciso che tutte le competenze di sorveglianza sul sistema finanziario fossero riservate ad un'unica Autorità (la FSA - Financial Service Authority), si è previsto che il controllo generale sui fondi pensione venga esercitato da una specifica Autorità, l'OPRA (Occupational Pension Regulatory Authority). In conclusione: la vera anomalia sarebbe che il controllo sugli operatori della previdenza complementare (fondi pensione) fosse affidato alle stesse Autorità che vigilano sui soggetti gestori (banche, assicurazioni).

Altro tema significativo è il rapporto esistente tra la Covip e il Ministero del lavoro, abilitato ad esercitare una forma di controllo sull'attività della Commissione. La vigilanza ministeriale si svolge attraverso la verifica di legittimità delle deliberazioni concernenti l'organizzazione e il funzionamento, restando sottratte a qualsiasi forma di controllo tutte le deliberazioni con le quali la Commissione esplica i propri poteri normativi, autorizzatori e di vigilanza.
C'è il rischio di compromettere e alterare l'autonomia e l'indipendenza della Covip?
Anche sotto questo profilo mi sembra che il modello italiano non presenti né particolari anomalie, né significativi rischi. Il binomio Ministero del lavoro-Covip può funzionare ottimamente in chiave certamente non antagonista ma di coordinamento. Anzi, il legame funzionale tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare - ribadito con chiarezza anche dalla Corte Costituzionale - rende del tutto coerente l'attuale modello di supervisione coordinata tra Ministero del Welfare e Covip, alla quale resta affidato l'autonomo ruolo di svolgimento della concreta attività di vigilanza sui fondi pensione in raccordo funzionale (e non già gerarchico) con il Ministero del lavoro, cui compete l'attività di alta vigilanza e di indirizzo generale del settore. Quanto ai profili di ordine amministrativo, la Commissione ha piena autonomia organizzativa e contabile, fermo restando che ogni ente che si inserisce nel contesto della pubblica amministrazione deve essere assoggettato a meccanismi di controllo circa la legittimità dell'operare amministrativo.

Con la modifica del titolo V della parte seconda della nostra Costituzione che definisce le nuove competenze regionali è stata attribuita alle Regioni potestà legislativa concorrente in tema di previdenza integrativa e complementare, cioè la potestà di legiferare su questa materia, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali.
Quali potrebbero essere i riflessi del nuovo art. 117 Cost.4 sul ruolo della Covip?
Il potere di controllo esercitato dal Ministero del lavoro sulla Covip, con la devoluzione alle Regioni della potestà legislativa concorrente in materia di previdenza complementare resterà all'organo ministeriale?
A questa domanda non è facile rispondere in quanto la modifica dell'art.117 della Costituzione ha aperto una serie di questioni, di carattere formale e sostanziale, sulle quali ho l'impressione che il dibattito sia appena iniziato e che trascendono il particolare ambito della previdenza complementare. Non v'è dubbio, peraltro, che, rimanendo allo specifico settore di competenza della Covip non si può pensare di andare in una direzione che non tenga conto dell'esigenza di garantire un principio cardine del nostro ordinamento costituzionale - il principio di eguaglianza - in riferimento al godimento del diritto alla previdenza e all'assistenza nell'età anziana. Sarà dunque necessario ricercare in che modo, senza stravolgere l'attuale sistema imperniato, tra l'altro, su iniziative in larghissima prevalenza realizzate su base nazionale, possano le Regioni offrire un valido contributo allo sviluppo della previdenza complementare, fermo restando il rispetto di una serie di irrinunciabili principi di ordine generale.

Uno dei compiti specifici della Commissione è quello di analizzare l'andamento settoriale. I lavoratori compresi in una fascia di età fino a 32 anni non mostrano particolare propensione all'adesione alla nuova proposta previdenziale. Come giudichi questi primi anni dell'esperienza italiana? Cosa si potrebbe fare per favorire la fidelizzazione dei lavoratori più giovani?
Dall'analisi dei dati relativi alla distribuzione degli iscritti ai fondi negoziali in funzione della relativa età anagrafica, si evidenzia una minore propensione alla partecipazione a schemi pensionistici complementari da parte dei lavoratori di giovane età. La valutazione dell'entità del fenomeno non è però agevole: la Commissione, anche nell'ambito dell'ultima relazione annuale, ha condotto una serie di studi al riguardo, confrontando la struttura per età degli associati ai fondi pensione con quella degli iscritti alla gestione FPLD presso l'INPS, dai quali è effettivamente emersa una presenza dei lavoratori di giovane età nell'ambito dei fondi pensione più contenuta rispetto a quella che si registra nella gestione pubblica obbligatoria. L'analisi necessita però di una valutazione attenta in ordine agli elementi di omogeneità dei due sistemi: si ricordi, al riguardo, che molti fondi negoziali non prevedono la possibilità di iscrizione nel corso del periodo di prova ovvero in relazione a contratti di lavoro a tempo determinato di durata limitata, vale a dire situazioni contrattuali che riguardano prevalentemente il mondo giovanile. Ciò evidentemente contribuisce a ridurre il peso dei giovani iscritti ai fondi pensione rispetto a quelli che risultano dai dati della gestione INPS. E' peraltro indubbio che l'avvio di un'adeguata promozione di conoscenze ed informazioni in campo previdenziale - che in linea generale costituisce, a mio avviso, uno dei fattori significativi ai fini dello sviluppo del tasso di copertura del sistema di secondo livello - rappresenta un elemento determinante per la sollecitazione dell'attenzione dei lavoratori di più giovane età (i cui interessi sono, per evidenti ragioni anagrafiche, lontani dalle questioni dell'adeguatezza della copertura pensionistica nell'età di quiescenza).

I Fondi pensione secondo la maggior parte degli osservatori, potrebbero rappresentare l'elemento di svolta per un capitalismo come quello italiano (ancora troppo caratterizzato da concentrazioni di "tipo familiare" e da una Borsa troppo sensibile e influenzabile) in funzione di un modello di nuova democrazia economica. Quali sono, secondo te, i tipi di intervento su cui bisognerebbe operare per favorire l'affermazione di nuovo modello previdenziale più vicino agli standard dei paesi comunitari?
Come è noto, i fondi pensione rappresentano investitori istituzionali in grado di recare un contributo significativo ai fini dello sviluppo dei mercati finanziari: da un lato, essi contribuiscono a conferire carattere di stabilità al risparmio gestito e, quindi, ai mercati ai quali tale risparmio si rivolge, dall'altro, per la natura di lungo periodo che contraddistingue il processo di accumulazione previdenziale, sono in grado di selezionare quegli strumenti finanziari la cui volatilità dei prezzi tende a stabilizzarsi proprio nel medio lungo periodo, quali ad esempio gli strumenti rappresentativi del capitale di rischio delle imprese. Attraverso la crescita del peso dei fondi pensione nell'ambito dell'azionariato delle imprese si possono sicuramente individuare percorsi virtuosi che portino all'affermazione di modelli di democrazia economica adeguati alla realtà del paese ed in grado di condizionare le caratteristiche dello sviluppo dei mercati finanziari. Pur tuttavia, sarebbe un errore considerare la crescita del sistema previdenziale di secondo livello nell'ottica dello sviluppo dei mercati finanziari: solo nella misura in cui sarà conseguita in modo adeguato la soddisfazione delle esigenze di tutela sociale sottese all'affermazione dei fondi pensione è opportuno considerare, e nel caso ottimizzare, il conseguente impatto sul sistema finanziario.

Co.Met.A. con oltre 360.000 aderenti e quasi 1.500.000 di euro in capitalizzazione si attesta a diventare uno dei "giganti" nel panorama dei fondi europei. Nello stesso tempo registriamo la costituzione di Fondi di categorie che in proporzione appaiono come dei "nani". Pensi che questa sia una situazione derivante solo dalla fase ancora nascente del nuovo settore? I prossimi anni potrebbero vedere i fondi attuali consorziati per meglio raccogliere le opportunità di investimento e per ammortizzare i costi di amministrazione?
La dimensione dei fondi pensione autorizzati all'esercizio dell'attività è il frutto delle scelte contrattuali che le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle imprese hanno inteso intraprendere; essa costituisce quindi il portato del sistema di relazioni industriali esistente nel paese, sistema che, lo ricordo, in soli cinque anni di operatività, ha consentito il dispiegarsi di un'offerta di previdenza collettiva di secondo livello in quasi tutti i settori dell'industria, del commercio e, più di recente, delle costruzioni; ciò indubbiamente testimonia la bontà delle scelte operate dal legislatore nell'ambito della regolazione del sistema delle fonti istitutive dei fondi pensione. Peraltro non v'è dubbio che nei settori in cui il numero degli associati o la massa del patrimonio gestito non consentiranno il conseguimento di adeguate economie di scala si assisterà ad un fenomeno di aggregazione di più esperienze, fenomeno che, lo ricordo, soprattutto attraverso la tecnica ormai collaudata dei settori affini, ha già conosciuto importanti sperimentazioni. In questa prospettiva, giova peraltro ricordare che l'omogeneità delle regole sulle quali si fonda l'operatività dei fondi già autorizzati, frutto anche di una sapiente attività di vigilanza messa in campo dalla Commissione, costituisce una condizione in grado di agevolare la realizzazione di operazioni di concentrazione e fusione di più esperienze collettive.

L'andamento negativo dei mercati finanziari negli ultimi due anni non sta certo favorendo l'affermazione del sistema dei Fondi; il 2001 in particolare ha visto, addirittura, le performances di tutti i Fondi autorizzati all'investimento al di sotto del tasso di rendimento legale garantito dal t.f.r.. Anche in funzione del passaggio al sistema pluricomparto, quale potrà essere il sistema di investimento che meglio garantirà le rivalutazioni dei risparmi dei lavoratori?
Quando si tratta dei risultati dell'investimento del risparmio previdenziale è importante che tutti gli attori in campo, primi fra tutti quelli che contribuiscono a favorire la diffusione di conoscenze del settore, collochino le relative analisi nell'ambito di un orizzonte temporale adeguato, ciò soprattutto allo scopo di evitare gli effetti dannosi di comportamenti volti a mobilizzare la propria posizione individuale nella ricerca di effimere prospettive di guadagno di breve periodo. E' opportuno che i lavoratori iscritti ai fondi pensione misurino le performance del proprio fondo, e per questa via la capacità degli amministratori dei fondi di orientare la gestione delle risorse finanziarie, in una prospettiva che si collochi quantomeno in un arco temporale di 4 o 5 anni. Per quanto concerne il 2001, è noto tutti che ci troviamo di fronte ad un anno che, anche a seguito delle gravi vicende che hanno coinvolto la nazione americana, si è verificato una crisi dalla quale è scaturito un andamento dei mercati finanziari estremamente negativo, crisi che, peraltro, perdura anche nel corso dei primi mesi del 2002. Si è trattato di un periodo in cui pressoché tutte le forme di risparmio finanziario hanno conosciuto risultati negativi, talvolta in misura particolarmente significativa. In questo quadro, il miglior rimedio contro i cali fisiologici dei mercati finanziari rimane sempre lo sfruttamento ottimale delle caratteristiche del risparmio previdenziale: la proiezione delle proprie aspettative di remunerazione in un orizzonte di medio periodo nell'ambito di un adeguato processo di diversificazione dei rischi. Al riguardo, è opportuno sottolineare che l'adozione di un assetto gestionale multicomparto, affinché produca gli effetti sperati, richiede l'attivazione di una difficile ed impegnativa campagna di informazione la cui realizzazione, ad oggi, è destinata a gravare soprattutto sulle strutture e sugli organi del fondo pensione e delle fonti istitutive.

Giovanna Rossi (1) e Pino Russo
(1) Dottoranda di ricerca in Diritto del Lavoro Europeo - Università del Sannio - Università di Catania.

1) PONZANELLI G., Forma giuridica e controlli in tema di fondi pensione: la soluzione americana e il diritto italiano, in Riv. Giur. Lav. Prev. Soc., 1993, n. 3, pag. 483 e ss.
2) NOTARMUZI C., Fondi pensione (commissione di vigilanza sui), voce dell'Enciclopedia giuridica Treccani, pag. 3, 1998.
3) TORCHIA L., Gli interessi affidati alla cura delle autorità indipendenti, in I garanti delle regole, a cura di CASSESE S. e FRANCHINI C., Bologna, 1996, pag. 57
4) autonomia amministrativa delle regioni.

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