UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VII - n° 6 luglio 2002

"Nessun diritto è stato violato..."

E alla fine l'articolo 18 non è stato toccato. Angeletti, sei soddisfatto di questo risultato?
Credo che non si debba mai smettere di sottolineare l'importanza di questo obiettivo, raggiunto con le lotte e con la trattativa. Dico che occorre sottolinearne la portata perché c'è stato un tentativo di mistificazione della realtà che richiede perciò il massimo della chiarezza possibile.
Ebbene l'articolo 18 non è stato modificato. Tutti i lavoratori che oggi godono di questo diritto e tutti coloro che, in futuro, saranno assunti in quelle stesse aziende hanno finalmente la certezza che quella norma resterà immutata.

Hai parlato di lotte e trattative. In questa vicenda sono state entrambe necessarie?
Deve essere chiaro che il mestiere del Sindacato è quello di fare accordi per garantire i lavoratori. La trattativa, dunque, è l'essenza stessa della funzione sindacale, è l'elemento che contraddistingue l'azione del Sindacato da quella di un movimento. Nella vicenda in questione poi -così come accaduto in altre circostanze- abbiamo dovuto fare ricorso anche ad un certo numero di ore di sciopero. Quelle lotte sono stato necessarie per rendere evidente al Governo e alle nostre controparti che il consenso di tutti i lavoratori si era spostato sulle posizioni del Sindacato.

Il successo degli scioperi unitari dunque è stato determinante per far recedere il Governo dalle sue posizioni?
E' proprio così. Con lo sciopero generale del 16 aprile abbiamo costretto il Governo a stralciare le modifiche all'articolo 18 dalla delega: esattamente ciò che nei mesi precedenti avevamo chiesto tutti insieme, Cgil, Cisl e Uil.
Grazie allo sciopero abbiamo conseguito il risultato che ci eravamo prefissi. Sedersi nuovamente al tavolo, perciò, in quella condizione di forza, è stata la cosa più logica e saggia. Diversamente avremmo svilito e reso inutile il sacrificio di molti milioni di lavoratori.

Il Governo, in realtà, dopo lo sciopero ha fatto solo un mezzo passo indietro….
Esattamente. Il fatto di aver ottenuto lo stralcio delle modifiche all'articolo 18 non ci dava la sicurezza che quella norma non sarebbe stata modificata. Era necessario un accordo per evitare che, magari fra sei mesi, un anno o chissà quando, quelle modifiche potessero essere riproposte con un atto legislativo.

A quel punto, insomma, la trattativa era l'unica arma per garantire i lavoratori?
Non riesco ad immaginare quale altra strada avremmo potuto percorrere. Certo, se fossimo stati interessati semplicemente ad una rappresentazione del nostro dissenso, allora avremmo potuto pensare ad altro. Ma noi puntiamo ad ottenere risultati, a garantire i diritti dei lavoratori: protestare per il gusto della protesta è un esercizio che lasciamo fare ai movimentisti.

Vuoi dire che la Cgil si sta trasformando da sindacato in movimento? O non piuttosto che punta ad assumere un ruolo più squisitamente politico?
Non so quali siano le reali intenzioni della Cgil. Spero solo che la sua azione non pregiudichi, per troppo tempo ancora, la qualità dei rapporti tra i Sindacati e, soprattutto, nei luoghi di lavoro, tra i lavoratori.
Non posso fare a meno,tuttavia, di ricordare la vicenda che ha visto protagonisti proprio i metalmeccanici. Lo scorso anno, la Fiom-Cgil non ha firmato l'accordo per il rinnovo del contratto della categoria perché tra la rivendicazione in piattaforma e l'obiettivo economico conseguito c'era una differenza di sole cinquemila lire. Dopo quell'intesa separata la Fiom ha proclamato ben due scioperi generali con un rilevante danno economico per i lavoratori e, soprattutto, senza riuscire ad ottenere la riapertura della trattativa per conseguire un risultato apprezzabile.
Se oggi, dunque, tutti i lavoratori metalmeccanici hanno nelle loro buste paga un incremento medio di 130 mila lire lo devono esclusivamente all'accordo sottoscritto dalla Uilm e dalla Fim. Gli scioperi postumi della Fiom non sappiamo a cosa puntassero né a cosa siano serviti.

Torniamo alla tormentata vicenda dell'articolo 18. Nel corso della trattativa successiva allo sciopero del 16 aprile il Governo ha ridotto da tre ad uno i casi di deroga. Quali sono i motivi per cui la Uil non ha respinto questa ipotesi?
Ho già risposto a questa domanda, ma voglio essere ancora più esplicito. La pressione della nostra azione sindacale ha costretto il Governo a fare una nuova proposta che -lo ribadisco!- lascia immutato l'articolo 18 per chi oggi ne beneficia e per chi sarà assunto in quelle aziende in cui esso si applica. Questo è il fatto.
Il Governo, poi, ha stabilito che le imprese con meno di quindici dipendenti e alle quali comunque non si applica l'articolo 18 potranno, per tre anni, assumere, superare quella soglia e continuare a non applicarlo.
E' del tutto evidente che siamo di fronte ad una soluzione inutile ma certamente non dannosa. Non serve infatti a generare un aumento dell'occupazione, così come saranno davvero poche le aziende che decideranno di avvalersi di una tale presunta opportunità per accrescere il proprio livello dimensionale. Ma, in questa contingenza, la Uil si è trovata di fronte ad un bivio e come sempre ha deciso di scegliere la migliore soluzione possibile per tutelare i diritti acquisiti dai lavoratori. Meglio insomma un'ipotesi inutile e limitata nel tempo piuttosto che il rischio concreto di una scelta uniltaterale e lesiva dei diritti.
Ecco perché la Uil ha deciso di proseguire la trattativa con il Governo: per garantire i diritti a chi ce li ha e per estendere le tutele a chi ne è privo.

Da un punto di vista sostanziale, dunque, quella deroga non intacca l'articolo 18. Tuttavia, c'è chi ne contrasta la scelta con grande determinazione paventando danni al sistema dei diritti. Cosa rispondi a queste preoccupazioni?
Sono preoccupazioni del tutto infondate. Innanzitutto perché i fatti dimostreranno che saranno davvero poche le aziende a fruire di questa deroga. Non è l'articolo 18, infatti, il paradigma sul quale si basano le scelte organizzative delle imprese, disponibili a crescere, invece, in presenza di presupposti di altra natura.
In secondo luogo, è bene ricordare che questo sistema delle deroghe è stato adottato e anche più estensivamente in altre circostanze senza che ciò determinasse alcun danno. Basti pensare, sia alla legge 223 del 1991, relativa al reinserimento dei lavoratori disoccupati, sia al decreto legislativo 81 del 2000, relativo ai lavoratori socialmente utili. In entrambi i casi è previsto che quei lavoratori, se assunti, siano esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative ed istituti". Ciò è esattamente quanto stabilito nell'unica deroga adottata dal Governo in materia di articolo 18. Ebbene, a parte il fatto che in quelle due circostanze non ci fu nessuna levata di scudi da parte di chicchessia, non si capisce perché, se nessuno sfascio si verificò allora, ora invece sarebbe messo in discussione il sistema dei diritti.
La verità è che non c'è nessuna argomentazione valida a sostenere i presunti danni di questo accordo perché, in realtà, i diritti di tutti sono stati preservati. E poi -consentimi la provocazione- questa deroga è la fotocopia di quella che, tre anni or sono, propose l'allora Presidente del Consiglio, Massimo D'Alema. Anche lui era uno che voleva mettere in discussione i diritti dei lavoratori?

Non solo articolo 18, si potrebbe dire. In questa trattativa ammortizzatori sociali e fisco, tanto per citare solo due dei casi più evidenti, sono stati al centro del confronto. Con quali risultati?
Intanto siamo riusciti a definire un sistema di ammortizzatori sociali a vantaggio delle piccole imprese e a prevedere un cospicuo incremento sia del periodo sia della cifra dell'indennità di disoccupazione. Inoltre, i collaboratori coordinati e continuativi che esercitano la loro attività come se fossero a tutti gli effetti dei lavoratori subordinati dovranno avere le loro stesse garanzie. Tutto ciò determina un sistema di tutele a vantaggio di chi oggi ne è privo riducendo così la forbice che caratterizza il mondo del lavoro tra chi è garantito e chi vive, invece, in una condizione di precarietà.
Sul fronte fiscale, infine, abbiamo ottenuto vantaggi economici evidenti ed immediati per tutti i lavoratori dipendenti il cui reddito si colloca nelle fasce medio-basse. Si è dato il via ad una politica di investimenti per il Mezzogiorno e si sono affrontate positivamente le questioni del sommerso.
Da un punto di vista mediatico tutti questi importantissimi risultati hanno meno presa dell'emblematica vicenda dell'articolo 18. Ma per i lavoratori che rappresentiamo e per i cittadini, questi sono vantaggi decisivi che valgono da soli un accordo. Tanto più che nessun diritto è stato violato….
Antonio Passaro

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