UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VII - n° 6 luglio 2002

Quale riforma?
IL SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DEL CCNL DEI METALMECCANICI

Premessa
Sono anni che se ne discute, nel testo contrattuale troviamo tracce di queste intenzioni, che però non si sono tramutate in norme più adeguate alla realtà industriale di oggi. La Segreteria nazionale della Uilm ha quindi scelto di approfondire la discussione con un approccio pragmatico e problematico:
1. sottoponendo ai componenti i direttivi territoriali un questionario i cui risultati saranno esposti più avanti,
2. raccogliendo e analizzando i pochi dati disponibili;
3. raccogliendo e esaminando le esperienze di modifica del sistema di inquadramento svolte da altre categorie e le esperienze aziendali;
4. svolgendo un seminario introdotto da tre comunicazioni: la prima svolta dal professor Francesco Guerra, che insegna Organizzazione aziendale alla facoltà di Ingegneria dell'Università di Brescia, il dottor Giuseppe Medusa, esperto di relazioni industriali e nel passato responsabile del personale all'Alfa Romeo, alla Rai e in Finmeccanica, il dottor Vincenzo Fama direttore delle risorse umane dell'Alstom Italia affiancato dalla sua collaboratrice, la dottoressa Erica Venezia;
5. prevedendo un confronto con Fim e Fiom per tentare di definire una richiesta credibile da presentare in occasione del rinnovo contrattuale.

1. I risultati del questionario
Abbiamo predisposto un questionario che è stato sottoposto ai componenti i Comitati direttivi territoriali, abbiamo voluto conoscere l'opinione del "corpo militante" della nostra Organizzazione. Ha compilato il questionario il 20% dei potenziali intervistati (cui vanno aggiunti i questionari giunti in ritardo rispetto a questa prima elaborazione, pari a un ulteriore 3%). Si tratta di un risultato non esaltante ma comunque sufficiente a darci indicazioni. Aldilà di qualche caso di ingiustificata pigrizia, c'è da tenere conto della delicata situazione sindacali di questi mesi, che ci ha visto impegnati in prima linea su altri fronti.
Soffermiamoci un po' sulle caratteristiche degli intervistati: l'età media è di poco superiore a 41 anni e poco meno del 7% dei questionari è stato compilato da donne. Per quanto riguarda la qualifica professionale, l'81% degli intervistati sono operai, il 16% impiegati e il restante 3% è ripartito in misura quasi uguale tra quadri, categorie speciali e mancate risposte. L'intervistato "medio" è inquadrato mediamente tra la 4a e la 5a categoria.
Coerentemente con l'età relativamente giovane, la militanza sindacale "generica" e quella nella Uilm sono relativamente basse: rispettivamente 14 e 11,5 anni.
Nelle unità produttive nelle quali lavorano gli intervistati, la categoria più diffusa tra gli operai si colloca a ridosso della 4a, la media è infatti 3,7, e la categoria di inserimento per gli operai al primo impiego è la 2a.
A proposito di assunzioni: nel 45% dei casi agli operai neoassunti viene richiesto un diploma o un attestato di qualifica, ma solo nel 21% dei casi agli operai neoassunti vengono richieste conoscenze "trasversali" come le lingue straniere o l'informatica. Questo dato è rilevante anche in termini di prospettiva e di aspettative di crescita professionale dei lavoratori che oggi vengono assunti.
Nelle unità produttive dove lavorano, la categoria più diffusa tra gli impiegati si colloca a ridosso della 5a S, la media è infatti 5,8 e le categorie di inserimento per gli impiegati sono, coerentemente con il dettato contrattuale, la 4a e la 5a. Agli impiegati neoassunti viene richiesta la laurea solo nel 21% dei casi, mentre vengono richieste, in 2 casi su 3, conoscenze "trasversali" come le lingue straniere o l'informatica.
Risulta diffuso è il ricorso al lavoro atipico (in due casi su 3) e in almeno nella metà dei casi di ricorso al lavoro atipico è evidente anche la finalità di selezionare nuovo personale, in pratica i lavori atipici hanno sostituito il ruolo del periodo di prova.
Secondo gli intervistati la categoria più penalizzata dal sistema di classificazione è la 3a, con il 47% delle risposte, dato ribadito alla richiesta di indicare un'altra categoria penalizzata: in questo caso la 3a è stata indicata nel 26% dei casi; seguono la 4a, la 2a e la 5a categoria, dati forse scontati date le caratteristiche degli intervistati.
Tuttavia, chi ha risposto lo ha fatto soprattutto in relazione a una sua valutazione in termini di equità, non c'è infatti correlazione significativa tra il livello degli intervistati e il livello indicato come il più penalizzato, in pratica mediamente gli intervistati non hanno indicato come la più penalizzata la propria categoria. Né c'è correlazione tra il livello più diffuso nello stabilimento e quello indicato come il più penalizzato e quindi non è stata indicata come quella più penalizzata la categoria più diffusa nello stabilimento.
Una conferma di questi dati proviene dall'altro livello "penalizzato" anche se in questo caso le mancate risposte riducono la significatività del dato così ottenuto.
Alla domanda su quanti dei lavoratori inquadrati nelle categorie penalizzate sarebbero dovuti passare di livello, la media delle risposte si è collocata in entrambi i casi leggermente al di sotto del 50%, il che, tenuto conto che c'è sempre chi risponde il 100%, rappresenta un'ulteriore prova di buonsenso della maggioranza degli intervistati.
Le ragioni dell'inadeguatezza del sistema di classificazione vengono indicate:
nel 54% delle risposte perché si esprimono competenze e professionalità non riconosciute;
nel 21% delle risposte perché non si tiene conto della polivalenza e della polifunzionalità;
nel 13% delle risposte perché non si tiene conto di attività "pregiate";
il restante 12% degli intervistati ha utilizzato la possibilità di risposta "aperta"
La possibilità di risposta aperta che avrebbe - nei nostri auspici - dovuto dare indicazioni innovative sull'inquadramento, è invece stata utilizzata per evidenziare problemi o incongruenze specifici dei vari livelli, talvolta è stato indicato la 6a categoria perché non vede retribuito lo straordinario o la 2a categoria perché giudicata troppo lunga la permanenza prima del passaggio alla 3a.
L'ultima domanda del questionario riguardava la collocazione della riforma dell'inquadramento nella scala di priorità dell'azione sindacale:
nel 36% delle risposte il tema dell'inquadramento è più importante dell'obiettivo della partecipazione alla gestione delle imprese;
nel 25% delle risposte è più importante della politica salariale nel contratto nazionale;
nel 16% delle risposte è più importante del tema della riduzione dell'orario di lavoro;
nel 14% delle risposte è più importante dell'estensione della contrattazione alle imprese che non la praticano;
nel 9% delle risposte è più importante dell'estensione di diritti individuali (accesso al part time, esigibilità permessi, ecc.).
Occorrerà continuare ad analizzare i risultati ma mi sembra di poter dire:
il nostro corpo sociale (e gli intervistati nello specifico) caratterizzato dalla fortissima prevalenza di professionalità operaie ha molteplici esigenze e quindi il tema dell'inquadramento è importante ma non è la priorità;
per rispondere a queste esigenze sarebbe probabilmente sufficiente un serio intervento di manutenzione straordinaria del sistema di classificazione;
spesso il tema dell'inquadramento è usato come "via di fuga" rispetto ai vincoli (per esempio l'inflazione programmata o l'aggancio a indicatori aziendali quali produttività, redditività e qualità) dell'attuale sistema di relazioni industriali o ancora per tentare di offrire una prospettiva di carriera e di crescita professionale a gruppi professionali che non hanno più spazi di crescita secondo le normative contrattuali;
il tema però è rilevantissimo in prospettiva alla luce dei mutamenti industriali che si intravvedono e che per certi versi sono auspicabili.

2. I dati disponibili
I dati di supporto per la nostra elaborazione si riducono purtroppo ai risultati dell'Indagine annuale svolta da Federmeccanica. E' infatti l'unica fonte statistica che tiene in considerazione le categorie professionali. Altre, l'Istat o l'Inps, purtroppo si limitano alla suddivisione dei dati relativi agli addetti metalmeccanici in operai e impiegati.
Altri dati utili per una riflessione sul sistema di classificazione potrebbero essere quelli ricavati dalla comunicazione biennale che le aziende debbono alle Organizzazioni sindacali ai sensi della legge 125/1991 (sulla parità dei sessi) e che deve contenere una serie di informazioni sugli addensamenti professionali (cioè la distribuzione dei dipendenti per qualifica e categoria), le retribuzioni medie e altri dati, assai importanti per approfondire il tema dell'inquadramento professionale, oltre che le discriminazioni in azienda. Tuttavia, è assai complesso raccoglierne una quantità significativa da consentire un'analisi che travalichi la singola azienda e sia rappresentativa del vasto mondo metalmeccanico. Stiamo provando a farlo e contiamo di discuterne nei prossimi numeri della rivista.

Tabella 1 1980 1986 1992 1997 1998 1999
operai 1° e 2° 5.5 2.0 2.0 4.8 5.1 4.8
operai 3° 35.4 28.1 27.0 24.9 25.0 23.3
operai 4° 20.3 21.4 20.5 20.1 20.6 19.7
operai 5° 10.9 13.9 13.3 13.4 13.1 13.3
cat. speciali 4° e 5° 2.2 1.9 1.5 0.9 0.9 0.8
impiegati 2°, 3° e 4° 3.9 3.4 2.1 2.3 2.3 2.0
impiegati 5° e 5° S 11.2 12.7 13.0 11.3 10.7 10.9
impiegati 6° 7.6 11.2 12.3 12.7 12.7 14.0
impiegati 7° 3.0 5.4 3.9 4.2 4.2 5.3
quadri 7° - - 4.4 5.5 5.4 5.9

Fonte: Indagine Federmeccanica

Nella tabella 1 sono riportati gli addensamenti delle imprese metalmeccaniche dal 1980 al 1999.

Esaminandoli si evidenziano una serie di fenomeni che descrivono i cambiamenti avvenuti in questi 20 anni e si possono immaginare quelli che attraverseranno l'industria metalmeccanica nel futuro:
1. la forte riduzione dell'operaio massa, cioè degli operai di 3a categoria, che in 20 anni passano da più di un terzo della forza a meno di un quarto, si noti inoltre che la riduzione è avvenuta in gran parte negli anni '80 e che nel corso degli anni '90 il fenomeno ha registrato una minore intensità.
2. Aumenta, anche se di poco, la presenza di operai a maggiore professionalità (4a e 5a categoria).
3. Si riducono fortemente le cosiddette categorie speciali; ciò significa che le funzioni di controllo e gestione che una volta venivano loro affidate sono state attribuite agli operai stessi, magari con l'attribuzione delle funzioni di coordinamento e gestione strategica a responsabili di reparto o di turno.
4. Aumentano significativamente (complessivamente il 150% in 20 anni) gli impiegati di 6a, 7a e i quadri.

Nella tabella 2 invece sono riportati gli addensamenti professionali rilevati nel 1999 in alcuni dei settori dell'industria metalmeccanica.

Tabella 2 Metalmeccanico          Mezzi di trasporto      Macchine utensili 
Siderurgia su gomma e rotaia     e macchine in generale Elettronica
operai 1° e 2°    4.8   3.1        6.6      3.6   2.7
operai 3°   23.3   9.9       38.7     14.7   2.1
operai 4°   19.7 13.8       23.1     20.0   0.2
operai 5°   13.3 49.4        7.0     26.2   1.1
cat. speciali 4° e 5°   0.7   0.8        0.6      1.5   0.0
impiegati 2°, 3° e 4°  2.0   1.9        0.9      3.2   3.9
impiegati 5° e 5° S    10.9   5.3        6.6     12.0 15.4
impiegati 6°    14.0   5.7       11.0     11.8 30.9
impiegati 7°     5.3   7.1        0.7      3.8 22.5
quadri 7°     5.9   3.0        4.9      3.3 21.0

Fonte: Indagine Federmeccanica

Se ne ricava con chiarezza un altro elemento di complessità del pur necessario processo di riforma del sistema di classificazione del contratto metalmeccanico: le grandi differenze di processo, prodotto, organizzazione del lavoro e mercato di sbocco delle diverse attività che ricadono nel campo di applicazione di questo contratto che inevitabilmente si ripercuotono sulla struttura occupazionale.

3. Le esperienze
Le esperienze di ridisegno del sistema di inquadramento realizzate in altri Ccnl si possono sostanzialmente riassumere nella suddivisione di (tutti o parte) dei precedenti livelli di inquadramento in un maggior numero di livelli con la definizione di nuove e più aggiornate declaratorie, ovviamente sostenere questo non significa voler banalizzare le esperienze e le conquiste realizzate in altri settori che tra l'altro hanno una maggiore omogeneità di attività.
Da ultimo, i tessili hanno definito dei nuovi livelli salariali all'interno del 2° e del 3° livello (cioè i livelli di massa)
Limitate risultano anche le esperienze a livello aziendale. In questa sede possiamo citare l'esperienza svolta alla Dalmine: in estrema sintesi si tratta di un'articolata griglia di valutazione, definita congiuntamente tra l'azienda e il sindacato, che attribuisce dei punteggi da cui dipende un'erogazione salariale. L'esperienza realizzata all'ABB: si tratta di una serie di studi condotti da gruppi di lavoro congiunta (Rsu e direzioni di stabilimento) che, con l'ausilio del Crora della Bocconi, hanno esaminato le criticità del sistema di inquadramento. Nel corso del seminario sono poi state "raccontate" ulteriori esperienze, quali - per esempio - quelle realizzate all'Ast o alla Macchi. Tuttavia è poco per essere considerate "esperienze pilota".
Più interessante è - per quanto riguarda la gestione delle alte professionalità - il metodo adottato dalle imprese francesi, che contrattano con la rappresentanza sindacale uno stanziamento e talvolta una serie di criteri di erogazione: è comunque l'azienda che determina, all'interno di disponibilità e dei criteri, a chi e quanto premiare con i classici bonus. Può apparire poco rispetto alla normale prassi contrattuale, nella quale il sindacato determina direttamente le erogazioni salariali, ma se si pensa agli spazi di unilateralità di cui godono le imprese sulle alte e talvolta anche sulle medie professionalità, non si può non far tesoro di questa esperienza, tentando magari di migliorarla.

4. Prime conclusioni
Da questa analisi e dai contributi del dibattito nel seminario si possono trarre due possibili approcci alternativi:
si può decidere di intervenire sull'attuale classificazione con un approccio tutto sommato tradizionale, suddividendo le attuali categorie in un numero maggiore, inserendo nuove declaratorie e modificando le attuali; però occorre essere consapevoli e capaci di dare risposte alla vastità di specificità settoriali che coesistono nel grande aggregato metalmeccanico.
Oppure si disegna nel Ccnl una griglia a maglie ancora più larghe di quella attuale e si delega, con un sistema di regole cogenti, alla contrattazione di 2° livello la definizione di ulteriori livelli, in questo caso occorre essere consapevoli del rischio di ridurre le tutele di una griglia definita univocamente nel Ccnl ed essere altrettanto consapevoli che ciò significa modificare l'attuale equilibrio che assegna alla contrattazione di 2° livello la redistribuzione della produttività e della redditività realizzate.
La discussione nel seminario - pur trattandosi di un primo approccio - mi è sembrata orientata verso la prima soluzione. Resta, in entrambi i casi, da definire quale politica realizzare nei confronti delle figure particolarmente ricercate, generalmente impiegati tecnici, ma anche operai specializzati o impiegati amministrativi, che oggi sono "gestiti" individualmente.
Infatti un sistema industriale che non voglia soltanto competere sui costi, ma che voglia basarsi anche sulla qualità dei prodotti, dei processi e dell'innovatività, dovrebbe vedere il moltiplicarsi di queste figure "pregiate" che quindi non potranno più essere "gestite" individualmente e che necessiteranno di tutela collettiva.
Luca M. Colonna

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