UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - n° 8  ottobre/novembre 2002

Finanziaria: un cantiere aperto!

Mentre scriviamo le agenzie battono le prime dichiarazioni dell'avvenuto incontro nel quale il governo doveva illustrare a sindacati e industriali il maxi emendamento con cui correggere la manovra di bilancio per il 2003, soprattutto nella parte relativa al Mezzogiorno.
Comunque la si pensi i giudizi espressi, fino ad ora, a quasi un mese dal varo della Finanziaria, andavano tutti nella direzione della negatività e della forte richiesta di aggiustamento della previsione della spesa pubblica nel nostro Paese per il prossimo anno.
Mai come in questo caso un coro unanime aveva raccordato il mondo sindacale a quello confindustriale. Mezzogiorno ma non solo. Anche i conti pubblici e l'andamento dell'inflazione erano state le principali preoccupazioni espresse nel dibattito tra i capigruppo dell'Ulivo e Cgil, Cisl e Uil e su cui si era registrata, in queste settimane dopo la prima versione del documento finanziario, una posizione "molto unitaria nelle preoccupazioni, ma con differenziazioni nelle posizioni di lotta". Secondo le aspettative di Confindustria e del suo presidente Antonio D'Amato è indispensabile privilegiare la possibilità che nel Mezzogiorno ci siano risorse e strumenti veri per portare sviluppo e occupazione; "e non bastano" gli rincalzava Francesco Rosario Averna le rassicurazioni del viceministro Miccichè circa la possibilità di contrattare le quote di contributi pubblici che si trasformeranno in prestiti. A detta del consigliere incaricato di Confindustria per il Mezzogiorno, "rimane una forte divergenza fra noi e il Governo sulla valutazione degli effetti della misura: per noi sarebbero disastrosi!".
Dai partiti dell'opposizione, chiaramente, erano piovute le critiche: in casa DS si poneva risalto sull'andamento della situazione economica, sui conti pubblici e sui problemi di copertura della Finanziaria. Per la Margherita era il nodo dell'inflazione l'elemento di preoccupazione maggiore, su cui è mancata da parte del Governo qualsiasi forma di lotta al caro vita'. Ma anche nell'opposizione si erano registrati attriti e malcontenti fino al punto che, nei giorni scorsi, secondo notizie diffuse dal "CorSera" e rimbalzate su tutti gli organi d'informazione, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti avrebbe offerto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi le sue dimissioni, amareggiato per gli attacchi alla Finanziaria provenienti soprattutto dalla rissosa Casa delle Libertà. Ultimo, ma politicamente ancora più significativo, il dissenso espresso dalle istituzioni regionali e dai comuni, indipendentemente dal colore politico della compagine in carica, secondo le quali la Finanziaria presentata dal Governo Berlusconi penalizza le Regioni, colpendo servizi fondamentali resi ai cittadini, dalla sanita' alla scuola, dall'assistenza alle politiche per lo sviluppo. Emblematica la dichiarazione a riguardo di Enzo Ghigo, Presidente della Conferenza delle Regioni: "nutro grande preoccupazione per l'iter parlamentare della Finanziaria".
In questo quadro di dissenso generalizzato l'aspetto più sconfortante è rappresentato, per quanto ci riguarda, dalle diatribe di distinguo delle confederazioni sindacali perfino su temi sui quali c'è una inevitabile e dichiarata convergenza. La drammatizzazione dello sconforto matura, inevitabilmente, rendendosi conto di quanta strumentalizzazione e calcolo politico pervada posizioni e dichiarazioni di una parte del sindacato.
Cisl e Uil attendevano dal Governo, nella riunione odierna, risposte precise a proposte concrete: anzitutto sulle questioni meridionali, sul dimezzamento dei contributi a fondo perduto trasformati in prestiti a lungo termine che mettono in discussione anche la legge 488, perché al di là del danno economico per le imprese meridionali, il rischio reale è il blocco degli investimenti al Sud. Le incertezze non sono limitate alle nuove regole sugli incentivi. Dal Governo Cisl e Uil aspettano maggiori chiarimenti anche sulla destinazione delle risorse in relazione ai singoli interventi. L'assunto delle due centrali sindacali è lo stesso per il quale nei mesi scorsi hanno chiuso con questo Governo il cosiddetto "Patto per l'Italia": la Finanziaria dovrà rappresentare un momento di verifica importante circa gli impegni assunti dal Governo sul Mezzogiorno. La questione meridionale era e rimane centrale in funzione dello sviluppo del sistema Paese. In continuità con l'approccio di luglio scorso, bisognerà affermare e, possibilmente, condividere con tutti gli attori economici, che per creare nuova impresa bisogna andare là dove i fattori della produzione non mostrano saturazione: le nostre regioni meridionali, a detta di tutti, hanno ancora queste caratteristiche. Investire al sud significa alzare il nostro prodotto lordo; se il nostro p.i.l. sale del 3% invece che dello 0,5%, non saremmo forse tutti più ricchi, al sud come al nord? In una concezione di stato moderno, che noi in Italia non abbiamo ancora, più risorse dovrebbe significare più welfare, più sanità, scuole migliori, investimenti per la ricerca e la formazione. Frenare lo sviluppo delle regioni meridionali vuol dire solo produrre stagnazione e la stagnazione non giova certo ai lavoratori o alle classi più povere di ogni parte della penisola. Il testo attuale della manovra preoccupa moltissimo a causa dei forti squilibri che continuano a caratterizzare il tessuto produttivo e l'occupazione delle Regioni meridionali. Squilibri che la Finanziaria presentata in Parlamento non solo non corregge, ma rischia addirittura di aggravare, scoraggiando fortemente la propensione delle imprese ad investire al Sud. Le critiche di questi giorni di Pezzotta e Angeletti, ma anche degli altri firmatari dell'accordo di luglio scorso, tendevano a sottolineare la contraddittorietà di alcuni provvedimenti rispetto agli impegni assunti dal Governo nel Patto per l'Italia e suscettibili di vanificare gli obiettivi di crescita economica e occupazionale del Mezzogiorno, penalizzando la crescita complessiva del paese.
A "Corso d'Italia", però, tutto questo sembra scontato e inutile. Nella forsennata ricerca di egemonizzare tutto il mondo politico e sindacale, scenari nazionali ed internazionali compresi, il povero Epifani, dal ponte di comando della pesante eredità acquisita, sembra quasi non percepire i rischi di una strategia politica rigida senza margini di intese e correttivi. Le proposte della Cgil al mondo sindacale da settimane vanno dal comprensibile e formale invito a mobilitazioni e lotte comuni sui temi del mezzogiorno e delle politiche industriali per lo sviluppo e l'occupazione, mobilitazioni e lotte finalizzate a contrastare le scelte del governo, fino a richieste di disdetta della firma del Patto per l'Italia, strumentalizzando la "sintonia" con le posizioni di Cisl e Uil e anche di Confindustria.
Ma cerchiamo di capire il quadro delle posizioni dopo la riunione appena terminata. Il fronte unito delle critiche risulta a questo punto spaccato. Le posizioni della Cgil erano scontate, precedute dalla dichiarazione di Epifani del pomeriggio che annunciava la sua assenza all'incontro. Nello specifico, dalle dichiarazioni di Paolo Nerozzi, che ha rappresentato la Cgil alla riunione, le critiche sono rivolte innanzitutto al metodo non democratico usato dal governo. A detta di Nerozzi rimangono tutti gli aspetti negativi e, comunque, non ci sarebbero le risorse. "La situazione è grave e il dramma della popolazione meridionale e' pesante!". Esemplicativo un commento di Silvio Berlusconi durante la riunione di Palazzo Chigi: "Non abbiamo mai contato sui cigiellini!". Per il resto, con questo maxi emendamento, il premier di Governo è convinto di mantenere fede agli impegni assunti migliorando le soluzioni per il sud e mantenendo incentivata l'azione imprenditoriale nelle regioni meridionali. In primo luogo Berlusconi sottolinea il risparmio fiscale insito nella manovra e prevede la traduzione del 90 per cento di questo risparmio in spesa per i consumi. Soprattutto Berlusconi non liquida la questione, sottolineando come, a questo emendamento, ne potrebbero seguire altri eventualmente proposti durante l'iter parlamentare. Le critiche della Cgil non sono però così isolate. Confesercenti e Cna abbandonano prima che l'incontro finisca. Confcommercio critica il modo e parla di manovra insufficiente. E anche da enti locali e regioni echeggia il dissenso. Il problema con le regioni sembra concentrato, in primo luogo, sulla spesa sanitaria.
Ma gli industriali e la Cisl danno l'ok: "Patto per l'Italia rispettato e per il Sud", dice Pezzotta, "ci sono mille miliardi di lire in più". Per la Uil questa Finanziaria rimane un "cantiere aperto", il giudizio rimane critico. Secondo gli esponenti di "via Lucullo" alcuni passi in avanti si sono realizzati, ma resta in piedi il confronto sia sul mezzogiorno, sia sulla legge finanziaria nel suo insieme. Sostanzialmente non cambia di molto il giudizio critico già espresso nelle settimane scorse, anche per la mancanza del confronto relativo alle infrastrutture ed ai temi dell'innovazione e della ricerca scientifica e tecnologica. Dal sito della Uil in positivo traiamo che : - il testo del maxi emendamento, laddove venisse confermato, fa registrare un'inversione di tendenza rispetto al tentativo iniziale di messa in discussione degli strumenti attualmente attivi per il mezzogiorno, con alcuni aspetti di positività attraverso l'incremento di 500 milioni di euro delle risorse disponibili, l'individuazione di un meccanismo di partneriato nella gestione del CIPE e di Sviluppo Italia, l'introduzione di un incentivo alle assunzioni di ultra 45enni, un sostanziale equilibrio tra incentivi alle imprese ed incentivi per l'occupazione. Peraltro, molti degli impegni assunti andranno verificati, in riferimento ai concreti deliberati del CIPE successivi alla legge finanziaria -.
Ma proviamo a sistemare gli aspetti salienti del maxi emendamento: le agevolazioni previste dalla legge 488 "saranno stralciate dall'articolo 37 della Finanziaria" e sarà allungato il tempo di applicazione e la copertura per il credito di imposta al Sud e per il bonus occupazione. Dunque restano i finanziamenti a fondo perduto come avevano chiesto gli imprenditori. Ma non solo. Il bonus per l'occupazione è stato prorogato fino al 2006 e sarebbero previsti per la quota nazionale 125 milioni di euro all'anno per tre anni mentre il Sud potrà contare su un impegno finanziario aggiuntivo fino al 2006. Il bonus per l'occupazione manterrà il meccanismo autorizzativo; cade, dunque, l'automatismo previsto fino ad oggi. L'imprenditore che volesse accedere al beneficio dovrà coprire l'investimento in tre anni con un tetto pari al 20-30% per il primo anno; al 50-60% nel secondo anno; e al 100% nel terzo anno. Se non rispetterà questi criteri perderà tutto l'incentivo. I patti di area saranno rifinanziati.
A questo punto in uno scenario di cotanta confusione, ci sembra anche doveroso cercare di esprimere qualche considerazione. Partiamo da qualche elemento di fondo. Senza dubbio non si può disconoscere o sottostimare il clima economico nel quale la Finanziaria trova la sua gestazione, la situazione congiunturale di estrema difficoltà che ha dovuto privilegiare le logiche stringenti di un bilancio pubblico su cui poggia la nostra permanenza in Europa. Nell'anno trascorso si sono verificati, in rapida e malaugurata successione, eventi tragici come l'attentato terroristico al cuore statunitense, eventi immorali, come i crack di importanti public company sempre americane, ma anche, per quanto riguarda casa nostra, eventi inflattivi a seguito dell'introduzione della moneta unica. Il risultato inevitabile per tutti i paesi industrializzati è far quadrare i conti in un quadro sociale ed economico che dire "problematico" è poco. Altra considerazione propedeutica, secondo noi, ad un giudizio equilibrato è che la Finanziaria rappresenta un piano annuale e i piani a breve termine debbono necessariamente essere costruiti nel rispetto dei vincoli che il contesto pone e in rapporto al limitato periodo di riferimento. Non è pensabile, con questi dati dell'economia, uno sconvolgimento finalizzato alle riforme strutturali di cui il Paese ha indispensabile bisogno. Un quadro di riforme serio non può prevedere i tempi di una finanziaria, per fare le riforme ci vuole un quadro di medio-lungo termine orientato alla modifica del sistema dei vincoli e alla creazione di condizioni fortemente innovative. La logica del "Patto per l'Italia", con tutti i limiti dovuti, principalmente, alla mancanza di un'azione propositiva di una parte importante del mondo sindacale italiano, ha in buona misura creato i presupposti per articolare nei prossimi anni un'azione riformatrice rivolta al buon funzionamento della pubblica amministrazione, centrale e locale, e un sostegno agli investimenti e alle attività produttive, proprio a partire dalle regioni del nostro Mezzogiorno. Dal documento di programmazione di spesa bisognava, perciò, attendersi risposte e coperture agli impegni sottoscritti quattro mesi fa; al momento sembra che qualcosa (più di qualcosa) manchi. Nell'accordo di luglio si prevedeva per il sud, tra le molte cose, il 45 per cento degli investimenti ed il 30 per cento della spesa pubblica allargata, ma anche il finanziamento degli undici patti territoriali ed il bonus per l'occupazione. La Finanziaria del Governo Berlusconi, scadenzando e procrastinando i tempi, compromette tutto: il grosso dei finanziamenti arriverà nel 2005, annullando la funzione "anticiclica" dell'intervento pubblico. La Finanziaria dà risposte sulla leva fiscale e sugli ammortizzatori sociali. Sul Mezzogiorno, per il momento, siamo lontani. Il ritardo del sud, il gap fra le regioni meridionali e buona parte di quelle del centro-nord si colma solo realizzando il doppio del tasso di sviluppo. L'automaticità di alcuni provvedimenti, vedi 488 e la trasformazione degli incentivi, non va nella direzione sottoscritta con il Patto per l'Italia, addirittura distribuendo soldi anche dove non ce ne sarebbe necessità; non c'è chiarezza su dove si investirà e come; non si capisce, ancora, quali saranno i patti territoriali da rafforzare e quali indirizzi intraprendere. Chi deve pianificare investimenti deve potere fare i propri conti, sapendo di quante risorse addizionali potrà contare. I dati degli ultimi anni dimostrano che, sia sul piano della crescita che dell'occupazione, le cose stavano andando bene e che il sistema degli incentivi messo in campo dava risultati. Certamente queste valutazioni vanno oggi riconsiderate nel periodo congiunturale attuale e anche, non secondariamente, alla luce dell'onerosità rappresentata da alcuni automatismi, come quello del credito d'imposta, per le casse dello Stato. Un'attenzione al modo di usare le risorse esistenti era sicuramente auspicabile, soprattutto se mirata alla realizzazione di strategie di sviluppo e finalizzata a stimolare gli investimenti, anche attraendo capitali di imprese del nord. Comunque, per quanto ci riguarda, non mi sentirei di condividere a spada tratta le proteste degli enti locali per i vincoli più cogenti posti nei loro bilanci e, soprattutto, per il congelamento delle addizionali fiscali per il 2003 che, da troppe parti, viene giudicata come una lesione grave alle regole del federalismo. Troppe volte i bilanci degli enti locali sono fatti quadrare ricorrendo all'aumento del prelievo fiscale sui cittadini, anziché spingere all'efficienza e alla riduzione dei costi; l'aumento delle tariffe sembra fino ad ora l'unica ricetta dell'ente locale. Più in generale per la pubblica amministrazione deve essere sollecitata l'introduzione di tecniche di gestione più sane finalizzate, sostanzialmente, a migliorare il rapporto qualità/prezzo dei servizi. Anche per quanto riguarda le forti critiche degli industriali, sinceramente, avremmo qualche perplessità ad unirci indiscriminatamente al coro greco che trova, in maniera veramente singolare, l'appoggio della Cgil. In buona sostanza il mondo imprenditoriale si lamenta per la trasformazione di una parte del contributo in conto capitale concesso alle imprese meridionali in un finanziamento di lungo periodo e a tasso agevolato. A questo proposito, chi conosce i guasti prodotti dalla logica del finanziamento a fondo perduto nella crescita di un sano tessuto imprenditoriale, non può certo "stracciarsi le vesti"! Aiuti indiscriminati, senza un elemento di partecipazione vera dell'imprenditoria locale, ma non solo, hanno troppo spesso ingenerato situazioni di "prendi e fuggi" anche per effetto del difficile equilibrio economico e finanziario delle nuove imprese costituite al domani della fine del sostegno pubblico. Per cui anche un cambiamento del meccanismo agevolativo potrebbe rivelarsi proficuo per la diffusione di una vera cultura imprenditoriale funzionale ad un duraturo sviluppo.
Il Mezzogiorno è da troppo tempo in una difficile fase di transizione ed ha bisogno, anche in una fase economica come quella attuale, di una politica forte di sostegno infrastrutturale da una parte e d'incentivazione modulata dall'altra che possa incoraggiare gli imprenditori locali ed esteri ad investire in questa parte del Paese in funzione di una effettiva convenienza dettata dalla disponibilità di risorse ottimali e a costi competitivi, in uno scenario infrastrutturale che offra almeno la media degli standard continentali, finalmente affrancato dalla retorica e abusata cultura dell'assistenzialismo meridionale che dal dopo guerra rimane l'unica idea di sviluppo possibile e immaginabile per le nostre regioni meridionali.
Domani la Finanziaria arriva al consiglio dei ministri, poi lunedì in aula. E molte cose potrebbero ancora cambiare!
Pino Russo

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