UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - n° 2  aprile 2003

Conflitto in Iraq

Caro direttore, la guerra è una tragedia di per sé. "Che il conflitto cessi", dunque, dovrebbe essere il grido unanime di chi ha a cuore le sorti dell' umanità, senza dissertazioni sulla durata. Se gli sproloqui sui tempi della guerra non avessero ad oggetto la vita di civili e di soldati, potremmo semplicemente dire che siamo caduti nel patetico. Ma lo sconcerto è forse un sentimento più adeguato alla circostanza. Una parte della sinistra ha perso così un' altra buona occasione per evitare divisioni. Nessun uomo di buona volontà avrebbe mai voluto questo conflitto. La soluzione l' avrebbe dovuta indicare l' Onu: quell' organismo deve dirimere le controversie internazionali, a quell' organismo sarebbe dovuta spettare la decisione. Non è stato così, semplicemente perché si sono contrapposte due diverse volontà che hanno preteso di sostituirsi a quel ruolo sopranazionale: l' interventismo unilaterale statunitense, da un lato, il pacifismo antiamericano, dall' altro. Due facce della stessa medaglia, una pragmatica l' altra ideologica. Due posizioni da non sostenere. Oggi c' è la guerra: l' ha voluta Saddam, Bush non è riuscito ad evitarla. Questo conflitto ha radici recenti e, ciò nondimeno, già drammaticamente consolidate. La fine del precario ordine mondiale fondato sui due blocchi ha, paradossalmente, liberato ed esasperato energie fondamentaliste religiose che, oggi, nell' immaginario collettivo di una componente del mondo occidentale, finiscono per costituire "l' altro". In passato, Occidente e mondo comunista si sono studiati come due pugili in una sorta di prolungata "prima ripresa" cristallizzatasi poi nella guerra fredda. Oggi, sul ring è rimasto un solo contendente ma il nuovo "nemico" ha colpito dal buio indistinto di un settore del pubblico. Per gli Stati Uniti d' America, l' 11 settembre - mutatis mutandis - è stato una nuova Pearl Harbor e ha segnato la consapevolezza della necessità di un nuovo ordine mondiale su cui rifondare la sicurezza della propria condizione di potenza. Questo fu chiaro subito tant' è che a sostegno dell' imminente conflitto in Afghanistan, fu coniato lo slogan "guerra infinita" poi sostituito da "libertà duratura". Insomma, gli Usa hanno avvertito la concreta instabilità di una fase di transizione e si sono convinti dell' inadeguatezza delle regole internazionali per spegnere il nascente conflitto. L' inaffidabilità di un dittatore sanguinario come Saddam e la certezza della sua collusione con il terrorismo sono elementi che di per sé, in questa nuova logica politica, spiegano un attacco militare in assenza di fattori capaci di garantire la sicurezza dei singoli Stati. Nell' ottica di Bush, si può persino dire che questa guerra non sia illegittima ma sia il frutto di una condizione di a-legittimità e punti alla ridefinizione di un contesto di legittimità internazionale. Se ciò fosse vero, si intuisce la debolezza delle argomentazioni di certo pacifismo unilaterale, del tutto ininfluente rispetto ai destini delle popolazioni coinvolte dalla guerra e men che meno utile per far cambiare opinione al governo americano. Al contrario, il pacifismo universale, di cui il Santo Padre è il rappresentante più lucido e autorevole, è l' unico appiglio a cui aggrapparsi per uscire dalle sabbie mobili in cui questo conflitto rischia di risucchiare gran parte del mondo. "Sperando contro ogni speranza", bisogna coltivare ancora quella necessaria utopia trasfondendola nell' azione della diplomazia internazionale. In questo quadro, l' Unione Europea avrebbe il dovere di giocare un ruolo più incisivo nell' individuare soluzioni politiche che, per parafrasare Kissinger, consentissero di trovare un' alternativa tra la resa e la guerra. Inutile, insomma, limitarsi a criticare Bush; molto meglio, invece, creare le condizioni per convincerlo a cessare il fuoco. Un' indicazione verso una soluzione politica della vicenda può e deve giungere unitariamente anche dal Sindacato. L' auspicio è che le divisioni sulla guerra che dilaniano la sinistra non si riversino, pure esse, nel mondo sindacale e che il "né con Bush né con Saddam" sia stato l' ultimo sacrificio sull' altare della dea della Discordia.

I° maggio ad Assisi
Sulla base di tali considerazioni CGIL CISL e UIL programmeranno con le proprie strutture riunioni unitarie, sugli stessi temi, degli organismi dirigenti territoriali.
CGIL CISL e UIL, di fronte alla tragedia umanitaria, daranno avvio ad una raccolta di fondi da destinare agli interventi umanitari in IRAQ, in coerenza con quanto deciso dalla CES e confermano la decisione di convocare il 1° maggio nazionale ad Assisi, simbolicamente luogo di convivenza civile e pace.

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