UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - NUMERO 6/7 ottobre - novembre 2003

SPAZIO IN ITALIA  L'allarme dei sindacati

A poco più di quarant'anni dalle prime applicazioni specifiche, l'Italia vanta ancora una propria autonomia per l'industria spaziale. Oggi sono appena otto le nazioni al mondo che vantano tale capacità; in Europa -dopo il ritiro della Gran Bretagna- assieme al nostro Paese a far Spazio sono solo la Francia e la Germania.
Questo in sintesi l'allarme lanciato dalle organizzazioni sindacali di categoria in un momento in cui le grandi scelte di teatro sembrano ormai vicine.
Ma la considerazione che lo Spazio costituisca una delle aree a tecnologia avanzata a cui il nostro Paese non dovrebbe rinunziare e che comunque il presidio è ancora significativo, non ha modificato un atteggiamento istituzionale attendista e mediaticamente poco attento.
L'Unione Europea per parte sua, con la elaborazione in corso del White Paper, dopo la fase preliminare del Green Paper, ha in fase avanzata la definizione di una politica spaziale comunitaria molto puntuale e sta avviando la realizzazione di ulteriori infrastrutture oltre il sistema di navigazione GALILEO "Made in Europe", a riprova dell'importanza politica che attribuisce al settore.
E' innegabile che negli ultimi anni, l'industria spaziale mondiale è entrata in una situazione di crisi, innescata dall'andamento negativo del mercato globale che -in conseguenza della flessione dell'economia agli inizi di questo decennio- ha interessato sia la domanda commerciale che quella istituzionale. Per dare una grandezza basta semplicemente appuntare che i lanci dei satelliti geostazionari per telecomunicazioni sono crollati dai 25 del 2001 ai sette nel 2002. In alcuni Paesi, tra cui l'Italia, le problematiche di finanza pubblica e la strozzatura degli investimenti istituzionali, che costituiscono la componente dominante della domanda spaziale in tutto il mondo, hanno incurvato ancor più la crisi.
Il principale comparto manifatturiero italiano del settore ha registrato una significativa flessione sia dei ricavi (in valori reali) che delle ore dirette: la contrazione (dati 2002 rispetto al 2001) ha superato il 10% (le ore dirette sono scese da 3.600.000 a 3.200.000; il valore nominale dei ricavi da 535 milioni a 500 milioni di euro). Il perdurare dello stato di crisi ha inevitabilmente costretto a dolorosi interventi di riduzione degli organici per riadeguarne il dimensionamento ai livelli dei volumi produttivi più bassi nel breve-medio periodo.
Le parti sociali hanno sottoscritto un piano di riduzione degli organici per 600 addetti entro il 31 dicembre 2004 e un contestuale ricorso allo strumento della cassa integrazione ordinaria esteso a tutti gli addetti.
Giovanni Contento, segretario nazionale della Uilm e uomo di punta del sindacalismo del settore, fa notare che tali accordi si fondano su piani industriali puntati al rilancio della competitività, in funzione del miglioramento dei processi produttivi gestionali. Con il documento sottoscritto, è stato perseguito un duplice obiettivo: da un lato, gestire la rinumerazione degli organici, dai complessivi 2.800 addetti del 31 dicembre 2001 ai 2.200 previsti a fine 2004, avvalendosi di strumenti indolori quali la mobilità lunga, la mobilità breve, gli esodi agevolati e dall'altro, salvaguardare il patrimonio di competenze professionali e il sapere aziendale.
La realizzazione del piano industriale tuttavia, secondo le organizzazioni sindacali, non è sufficiente ad assicurare il concreto rilancio del settore manifatturiero spaziale italiano se il Governo non assume comportamenti coerenti ad una politica di sviluppo.
Val la pena a tale proposito ricordare che la domanda istituzionale -considerato sia il comparto civile che il militare- rappresenta la componente di gran lunga dominante del complessivo mercato, raggiungendo la quota dell'85% dell'intera produzione.
Sarebbe quindi irrealistico, per le caratteristiche stesse del settore, ipotizzare per l'industria spaziale, che la concreta possibilità di una ripresa non sia fondata essenzialmente sulla domanda pubblica. Un idoneo intervento delle istituzioni -precipuo compito delle agenzie spaziali- è fondamentale anche per promuovere lo sviluppo delle tecnologie abilitanti, necessarie per poter affermare una presenza competitiva sullo stesso mercato commerciale.
Per quanto riguarda l'Italia, i sindacati denunziano che l'esperienza degli ultimi anni evidenzia la modesta continuità data alla politica di domanda pubblica e di sostegno alla ricerca, in contrasto con le passate scelte strategiche che promossero lo sviluppo di una industria spaziale avanzata.
Contento ricorda che nel campo dell'osservazione della terra Alenia Spazio non ha ancora un contratto definitivo dell'ASI che dia certezze di pianificazione produttiva ed economica. Eppure proprio l'Italia con COSMO SkyMed aveva assunto l'iniziativa di promuovere lo sviluppo di un sistema innovativo fondato sull'impiego complementare di costellazioni con sensori ottici e radar, mentre il CNES francese ha avviato rapidamente la concessione delle commesse per la realizzazione dei satelliti Pleiades.
Nel comparto della navigazione, nel quale l'Italia si è a suo tempo preoccupata con la tempestività di definire gli stanziamenti attraverso la legge n.10 del 2001, la Germania ha lanciato un più efficace programma nazionale di ricerca e sviluppo (GATE) a supporto della sua partecipazione a GALILEO; per contro un analogo progetto italiano, messo a punto da tempo, non ha iniziato il suo cammino.
Nelle telecomunicazioni avanzate, iniziative concrete sono state assunte ancora dal CNES per promuovere la realizzazione della prevista infrastruttura europea (Third Pillar); da parte italiana, ricordano i sindacati, non si leggono azioni volte ad assicurare un idoneo sfruttamento delle significative competenze acquisite nel passato in segmenti innovativi.
Il processo europeo di ridisegno degli assetti del settore spazio è giunto in una fase cruciale. Nell'evidenziare l'inerzia vigente, i sindacati di categoria si dichiarano convinti che, se gli enti proposti alla definizione e alla gestione della politica spaziale non modificheranno la rotta, l'industria non potrà attuare quel rilancio che è necessario per consolidare un ruolo di rilievo in ambito internazionale e non potrà assicurare al Paese il mantenimento di una presenza significativa in un comparto strategico dell'alta tecnologia.
Istituzionalmente, il rapporto con l'Agenzia Spaziale Italiana, risulta essere determinante per la nostra industria nazionale ma negli ultimi due anni l'ASI è in un duro stato di fiacca operativa. Ciò è dimostrato anche dai 300 milioni di euro di residui passivi del 2002, certificati nel bilancio del 2003, con previsioni ancora più drammatiche per l'anno in corso. Dopo più di un anno dall'approvazione del Piano Spaziale Nazionale, non esiste uno schema operativo di comparto. Questa situazione terrà tutto il settore spaziale fermo ancora per molti mesi, aumentando il divario tra l'industria nazionale e quella degli altri Paesi europei; ne è dimostrazione la difficoltà nell'aggiudicarsi le gare internazionali. A fronte della sottoscrizione da parte del MIUR di oltre 200 milioni di euro per il programma di telecomunicazioni dell'ESA, da quasi due anni i fondi sono tenuti congelati senza alcuna indicazione su come si intenda investirli.
A tutto ciò si è recentemente aggiunto il caso del programma spaziale europeo FLPP (Future Launcher Preparatory Program), a cui l'ASI non avrebbe aderito. Un segnale che sembra prefigurare una esclusione italiana anche dal filone dei veicoli transatmosferici (spazioplani, lanciatori recuperabili, navette di rientro), nonostante le competenze di eccellenza di Alenia Spazio a livello di sistema e di sottosistemi.
A fronte di ciò, le organizzazioni di categoria ricordano la decisione del Ministro del Tesoro Tremonti di acquisire una parte dei 320 milioni di euro già destinati alle attività spaziali, come previsto dalla legge 10 del 2001 "disposizioni in materia di navigazione satellitare", grazie alla quale l'industria italiana gioca un ruolo da protagonista nel progetto europeo GALILEO.
I 130 milioni di euro assegnati all'ESA sono stati allocati e consentono, come già detto, la partecipazione italiana al programma GALILEO. I 120 milioni di euro dell'ASI erano destinati, come indicato nel Piano spaziale del 2001, per sviluppare l'applicazione tecnologica del programma GALILEO. Tale progetto non è mai entrato in fase operativa.
I 70 milioni di euro assegnati ad ENAV erano destinati allo sviluppo del progetto EGNOS propedeutico a GALILEO; tali fondi sono stati successivamente rivendicati da ASI quale contributo italiano al progetto dell'ESA per un satellite per trasmissioni in banda larga. Anche questo progetto è rimasto in un cassetto del bell'edificio di Viale Liegi!
A conclusione delle preoccupazioni espresse, il sindacato sintetizza alcune considerazioni significative. Lo Spazio è strategico per l'Europa, in particolare per la sua sicurezza e la sua indipendenza, ma anche per le ricadute scientifiche, tecnologiche ed industriali che determinano le sue applicazioni, al punto tale che nell'ambito del definendo Atto Costitutivo della Unione Europea viene richiamata l'importanza dello Spazio, riconoscendo tale materia come "competenza concorrente", da affrontare cioè, per la sua valenza, sia in ambito comunitario che nazionale. Risulta quindi evidente l'importanza dell'appoggio del Sistema Paese, in particolare del Governo, se si vuole salvaguardare la possibilità di rimanere sul campo con il ruolo di un giocatore attivo.
La vicenda dell'uscita della British Aerospace da Astrium, che era, di fatto, l'ultimo pezzo inglese presente nel settore spaziale, conferma la peculiarità di tale comparto. Negli anni del Governo di Margaret Tatcher, la lady di ferro decise -al fine di contenere la spesa pubblica- di ridurre drasticamente i finanziamenti a favore del settore spaziale britannico, avviando la lunga via della messa in sofferenza.
Oggi il Regno Unito, che pure è tra i primi al mondo in settori di punta, non ha più un'industria spaziale propria. Questo dovrebbe far riflettere chi nel nostro Paese ritiene si possano tagliare ulteriormente gli interventi a favore del settore spaziale. Settore che non è solo strategico ma è anche di alto ritorno tecnologico ed occupazionale nell'immediato, pur richiedendo investimenti contenuti: basti pensare che il costo del programma GALILEO per il nostro Paese, con le notevoli ricadute previste è pari solo a 300 milioni di euro.
Enrico Ferrone

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