UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - Tel. 06.852.622.01 - 06.852.622.02
Fax 06.852.622.03 - E-mail uilm@uil.it

 

 
Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - NUMERO 8 dicembre 2003

Più salario

Calano i consumi. Lo annuncia l'Istat e da più parti arriva la denuncia sulle responsabilità dell'Euro.
Se esiste un riferimento all'introduzione della moneta unica può essere di natura temporale, ma non causale, a parte qualche fisiologico arrotondamento in eccesso registrato in ogni dove.
Invece, da quando la moneta è in vigore, s'è scatenato un aumento indiscriminato dei prezzi al dettaglio.
Questo significa che dare colpa all'Euro è come abbaiare alla luna, perchè molti commercianti hanno speculato a danno dei consumatori.
Il problema è che, in tanti casi, stipendi e pensioni non sono più sufficienti ad una famiglia che deve arrivare a fine mese.
Proprio la questione salariale rappresenta uno dei problemi di questo inizio di anno, dato che è sempre più difficile difendere il potere d'acquisto delle retribuzioni.
Questo tema è strettamente collegato alla concertazione, uno dei capisaldi delle relazioni sindacali, previsto dall'accordo del luglio 1993, quando governava Carlo Azeglio Ciampi.
Quel patto ha dato grandi risultati, ma credo che vada rivisto nell'ottica della ridefinizione di funzioni e ruoli contrattuali, armonizzando il peso della contrattazione nazionale con quelle aziendali e territoriali.
Da dieci anni a questa parte gli aumenti salariali hanno perso la loro carica inflattiva; ciò ha determinato, insieme all'introduzione dell'Euro, una riduzione dei tassi.
Però, i salari sono cresciuti poco: molte famiglie hanno ridotto disponibilità e consumi; non si risparmia più, ma nemmeno si consuma.
Inoltre, il coordinamento della politica salariale con il tasso d'inflazione programmata non serve più a molto.
Quando il tasso d'inflazione programmata è meno della metà di quello reale, è scontato che il meccanismo di recupero della differenza rischia di essere insufficiente.
Non si possono aspettare due anni per recuperare un differenziale così alto!
Parlavo in apertura di prezzi e tariffe. Gli aumenti che si sono verificati nei settori alimentare, dell'abbigliamento e delle tariffe sono vergognosi.
Non esiste una politica di controllo e la gestione delle imprese che erogano servizi pare fondarsi su un'inaccettabile libertà tariffaria.
Si realizza, poi, una forbice tra i prezzi dei beni di consumo e quelli dei beni durevoli con effetti devastanti su consumatori e produttori.
I salari dei cittadini devono rincorrere i prezzi, mentre alcune aziende produttrici (quelle di auto e frigoriferi, solo per fare un esempio) non possono alzare i prezzi dei loro "output", perché esposte alla concorrenza esterna.
Per quanto riguarda i prezzi al dettaglio, i commercianti che speculano non si facciano illusioni: potranno pure fare i loro interessi a breve termine, ma se continueranno ad agire così, pagheranno pesantemente nel medio periodo gli effetti pesanti della stagnazione.
E' come se avessero lanciato un boomerang che sta per ritornare tra le loro mani.
Ecco che attuare una politica dei redditi più incisiva significa proprio un più efficace controllo dei prezzi ed un fisco più giusto da parte del Governo.
Attuare questa politica vuol dire salari che crescono meno della produttività ed occupazione che aumenta, così che la percentuale del salario sul reddito non diminuisca.
Dall'inflazione più bassa i lavoratori hanno tratto indubbi vantaggi.
E' indispensabile ritrovare la strada di un'equilibrata politica dei redditi.
Se si vuol dare più reddito sia all'operaio che all'impiegato, bisogna aumentare il reddito totale disponibile. Ci si può riuscire migliorando efficienza, produttività e, in proporzione, facendo crescere i salari.
Diventa importante scegliere una contrattazione salariale rispondente alle differenze di produttività tra aziende e regioni.
In questi giorni le aziende riceveranno il testo integrale del Ccnl firmato lo scorso 7 maggio.
La Uilm potrà dedicarsi pienamente a rinnovare i contratti aziendali, affinchè i lavoratori possano godere di più salario e difendere quel potere d'acquisto delle retribuzioni pesantemente eroso.
Si tratta di una scelta per realizzare quell'equilibrio redistributivo, oggi così tanto in affanno.

Antonino Regazzi

torna all'homepage