Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - NUMERO 8 dicembre 2003
ANTONINO REGAZZI:
"Tener conto dei diritti civili dei lavoratori!"
La Uilm in Sudafrica. Antonino Regazzi ha partecipato al Comitato
Centrale della Fism. Tema dell'assise è stato "Mobilitare i
lavoratori per un programma economico alternativo". Cosa intende la
FISM con questo slogan?
La globalizzazione è un argomento ancora al centro del dibattito
sindacale e mondiale: le prospettive a breve termine appaiono incerte,
mentre sono in aumento gli scandali a carico delle imprese, gli
indebitamenti e i licenziamenti di massa.
I molti effetti negativi della globalizzazione devono essere
affrontati con nuove politiche, che diano potere ai popoli nelle scelte
economiche. I sindacati devono finire il proprio ruolo e preparare i
propri interventi in questo processo, in maniera coordinata, in base ad
un approccio caratterizzato dal tentativo di mettere un po' ordine nel
Forum Sociale Mondiale.
Oltre alle questioni riguardanti i vari aspetti della
globalizzazione, nel corso del dibattito sono emersi, da più parti, i
dubbi sul reale e consistente funzionamento del Fondo Monetario
Internazionale, sulla Banca Mondiale e sull'Organizzazione Mondiale del
Commercio.
Nel corso degli interventi che si sono susseguiti a Città del Capo
è emersa una espressa perplessità nei confronti delle politiche di
queste Istituzioni Finanziarie. Il Fondo Monetario e la Banca Mondiale
hanno affermato di aver abbandonato le loro preferenze ideologiche verso
il settore privato a scapito del pubblico e di avere la tendenza ad
imporre indiscriminatamente le stesse condizioni a tutti i Paesi che
chiedevano assistenza. I rappresentanti sindacali hanno citato molti
esempi indicanti il contrario.
Le Federazioni Sindacali Globali stanno facendo piccoli passi avanti
per ottenere dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali il
mantenimento delle promesse fatte sulla promozione degli standard
fondamentali in materia di lavoro. Un aspetto positivo è l'impegno
della Banca Mondiale ad assumere al proprio interno molti rappresentanti
dei sindacati internazionali per collaborare su questioni di interesse
reciproco. Inoltre, i sindacati hanno accolto favorevolmente la
richiesta di contribuire alle future politiche del Fondo Monetario,
ossia all'elaborazione di nuovi meccanismi per la riforma del debito e
di misure per limitare le oscillazioni nei flussi di capitale a livello
internazionale.
E' emerso in forma chiara ed evidente che la Fism richiede, ormai da
tempo, una riforma delle Istituzioni Finanziarie Internazionali dato che
le politiche di questi Organismi ricadono sulla vita, sulle condizioni
di lavoro e sulle opportunità occupazionale dei lavoratori.
A tal proposito, il Segretario Generale della UILM, Antonino Regazzi,
riferendosi al Programma d'Azione della Fism (presentato durante
l'ultimo Congresso a Sydney nel 2001, riguardante il periodo di lavoro
dal 2002 al 2005), ha ribadito come "non solo sia necessaria una
riforma delle istituzioni internazionali e dell'Organizzazione Mondiale
del Commercio (OMC), ma che gli accordi economici internazionali debbano
essere adeguati alle circostanze specifiche dei singoli Paesi e le loro
politiche debbano tener conto dei criteri di tutela dell'ambiente e dei
diritti umani".
"Ma anche la Fism ha la sua parte da fare" - ha sostenuto
ancora Regazzi. Per il Segretario della UILM: "La Fism, che
rappresenta tutti gli affiliati, deve interagire maggiormente sia con le
Istituzioni Finanziarie Internazionali, che con l'OMC e il Forum Sociale
Mondiale. Ovviamente un rafforzamento del movimento sindacale
internazionale con la giusta mobilitazione dei lavoratori riuscirebbe ad
esercitare delle pressioni sulle Istituzioni globali in favore di
diritti ambientali, democratici e dei lavoratori".
E proprio sulle normative fondamentali sul lavoro che i
rappresentanti dei sindacati presenti al Comitato Centrale di Città del
Capo hanno affrontato la seconda parte del dibattito.
Infatti il cosiddetto "Codice di Condotta o di
Comportamento" che la Fism sta cercando di inserire durante i
rinnovi contrattuali, nonostante i dinieghi da parte di molte aziende
rappresenta un obiettivo che l'organismo internazionale intende
realizzare. I contenuti principali di tale Codice comprendono gli
standard fondamentali in materia di lavoro dell'OIL (l'Organizzazione
Internazionale del Lavoro) ed un impegno da parte delle imprese ad
esercitare una pressione sui propri fornitori affinché si conformino ai
principi dell'accordo-quadro, nella cui applicazione sono coinvolti i
sindacati.
Questi accordi possono diventare la base su cui poggia un dialogo
sociale che in ultima analisi includa le preoccupazioni sociali ed
ambientali. Si tratta di risvolti essenziali di una globalizzazione
alternativa.
Insistere, quindi, nel voler coinvolgere il più possibile le aziende
multinazionali a recepire le Convenzioni dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro sulla garanzia dei diritti umani e sindacali.
Il senso del Comitato Centrale di Città del Capo lo ha reso con
un'affermazione del Segretario Generale della Fism, Marcello Malentacchi:
"Il ruolo primordiale dei sindacati oggi è la lotta per far sì
che la globalizzazione economica avvenga in modo favorevole per tutti.
Il movimento sindacale deve essere un contrappeso globale al gigantesco
potere del capitale internazionale".
Storia
e dati del Sudafrica
Nome completo del paese: Repubblica
Sudafricana
Superficie: 1.219.912 kmq
Popolazione: 43.647.658 abitanti (tasso di
crescita demografica 0,02%)
Capitale: Pretoria (capitale
amministrativa, 1.249.700 abitanti); Bloemfontein (capitale
giudiziaria, 378.000 abitanti); Città del Capo
(sede del Parlamento, 2.733.000 abitanti)
Popoli: 75,2% neri (zulu, xhosa, sotho, tswana, tsonga, swazi, ndebele, venda),
13,6%
bianchi (il 60% dei bianchi discende dagli afrikaner mentre i
rimanenti sono per lo più di origine inglese), 8,6%
meticci, 2,6% di origine indiana
Lingua: 11 lingue ufficiali: afrikaans, ndebele, pedi, sotho, swazi,
tsonga, tswana, venda, xhosa, zulu, inglese
Religione: 68% cristiana, 2%
musulmana, 1,5% induista, 28,5% animista e
seguaci delle religioni tradizionali
Ordinamento dello stato: repubblica presidenziale
Presidente: Thabo Mvuyelwa Mbeki
Economia
PIL:412 miliardi di dollari
PIL pro capite:9.400 dollari
Tasso annuale di crescita:2,6%
Inflazione:5,8%
Settori/prodotti principali:
platino, oro, diamanti, uranio, carbone, petrolio, industria meccanica,
tessuti, lana, prodotti chimici, fertilizzanti, industria alimentare,
cereali, frumento, canna da zucchero, frutta e verdura, bovini, suini,
caprini, pesce
Partner economici:
Unione Europea, USA, Giappone, Mozambico, Arabia Saudita
Storia
Le tribù dei khoisan, nomadi dediti alla raccolta, alla
caccia e alla pastorizia, erano presenti nell'Africa meridionale già
40.000 anni fa, ma raggiunsero il Capo di Buona Speranza solo 2000 anni
fa. Verso il XV secolo quasi tutta la terra coltivabile era occupata da
tribù di bantu dedite alla pastorizia. Il Sudafrica divenne un abituale
punto di tappa per le navi europee dopo che Vasco da Gama nel 1498 ebbe
doppiato il Capo di Buona Speranza aprendo la rotta delle spezie. Verso
la metà del XVII secolo lo scorbuto e il naufragio di una nave
indussero i mercanti olandesi a fondare un insediamento permanente sulla
Table Bay, nel luogo in cui oggi sorge Città del Capo, dove i khoisan
vennero decimati sia con azioni dirette sia indirettamente dalle
malattie portate dai coloni europei. Verso la fine del XVIII secolo il
potere olandese si stava esaurendo e l'Inghilterra, come era
prevedibile, approfittò della situazione per mettere le mani su un
altro pezzo di Africa. Nei progetti i coloni inglesi avrebbero dovuto
andare a occupare una zona cuscinetto fra i pastori boeri e gli xhosa,
ma quasi tutte le famiglie giunte dall'Inghilterra si rifugiarono nella
città, creando quella divisione fra mondo rurale e mondo urbano che è
molto visibile ancora oggi nella popolazione bianca del Sudafrica. La
schiavitù venne abolita nel 1833, ma la posizione subordinata dei neri
nel mondo del lavoro era troppo conveniente per la popolazione bianca
perché venisse fatto un serio tentativo per sovvertire questo ordine di
cose. Le ribellioni della popolazione del Sudafrica non vennero generate
esclusivamente dalla presenza degli invasori bianchi. Shaka, il capo
degli Zulu, avviò la 'difaqane' ('migrazione forzata'), una campagna di
conquista basata sul terrore. Questa ondata di violenza che coinvolse
tutta l'Africa meridionale determinò per alcune tribù l'annientamento
totale e per altre l'asservimento in schiavitù. Le tribù più
fortunate riuscivano a sottrarsi al proprio destino con la fuga. In
questo quadro di caos generale i boeri, scontenti del dominio
britannico, diedero inizio a un grande esodo noto con il nome collettivo
di Great Trek. Gran parte delle zone attraversate dai trekker erano
deserte oppure occupate da gruppi di profughi allo sbando e i boeri non
ebbero difficoltà a creare in queste regioni ampi pascoli per il
proprio bestiame. Gli zulu non si dimostrarono altrettanto remissivi e
opposero una resistenza feroce prima di cedere, sopraffatti dalla
superiorità delle armi dei boeri. Nelle zone interne della regione
sorsero diverse repubbliche boere, che furono annesse una dopo l'altra
dagli inglesi verso la metà del XIX secolo con un guazzabuglio di
trattati, azioni diplomatiche e colpi di mano. Proprio quando sembrava
che la bandiera inglese fosse prossima a sventolare sul continente
africano dal Cairo a Città del Capo, nel Kimberley venivano scoperti i
primi diamanti e la resistenza olandese si fece improvvisamente più
risoluta. La prima guerra anglo-boera terminò con una clamorosa
vittoria dei boeri e con la creazione della Zuid-Afrikaansche Republiek.
Gli inglesi in un primo momento si ritirarono, ma quando venne scoperto
un enorme giacimento aurifero nei dintorni di Johannesburg diedero
inizio alla seconda guerra anglo-boera, mossi da mire imperialistiche.
Nel 1902 i boeri avevano ormai esaurito le proprie risorse belliche
convenzionali ed erano passati a compiere azioni di guerriglia con
piccoli gruppi di combattimento che impedivano alle truppe inglesi di
assumere stabilmente il controllo del territorio. Gli inglesi domarono
la resistenza boera applicando rappresaglie ferocissime: se veniva fatta
saltare una linea ferroviaria, essi distruggevano la fattoria più
vicina al luogo dell'attentato; se da una fattoria veniva sparato un
colpo di arma da fuoco, essi la davano alle fiamme, distruggevano il
raccolto e uccidevano tutti gli animali. Le donne e i bambini che
vivevano nelle fattorie venivano trasferiti in campi di concentramento
(una brillante invenzione inglese) nei quali morirono 26.000 persone per
le malattie e le precarie condizioni di vita. I boeri furono costretti a
firmare una pace ignominiosa. Poco dopo la creazione nel 1910
dell'Unione del Sudafrica, venne approvata una serie di provvedimenti
molto repressivi di ispirazione razzista che posero le basi del regime
dell'apartheid. Dopo aver represso un'ultima sollevazione violenta
durante la prima guerra mondiale, gli afrikaner si accinsero a
controllare il Sudafrica con le armi della politica. Il National Party,
una formazione di estrema destra dominata dagli afrikaner, prese le
redini del potere in occasione delle elezioni del 1948 e difese
strenuamente il predominio bianco fino al 1994. Ogni individuo era
classificato in base alla razza e questo determinava il luogo in cui
ciascuno poteva abitare, lavorare, pregare, studiare e addirittura
andare al gabinetto. Senza tenere in alcun conto il luogo di origine di
ciascuno, i neri furono divisi in dieci gruppi tribali, poi furono
espropriati dei propri beni e segregati in zone rurali isolate che
vennero chiamate 'homeland'. L'obiettivo era quello di confinare i neri
nelle homeland, che secondo la propaganda erano destinate a diventare
stati autonomi con forme proprie di governo. In realtà questi territori
non avevano praticamente né infrastrutture né attività produttive e
non erano quindi nelle condizioni di fornire il sostentamento alla
popolazione nera. La sofferenza era grande e molto diffusa e molte
famiglie di neri fecero ritorno nelle città da cui erano state cacciate
e andarono a vivere in squallidi campi di baracche. Il capo dell'homeland
autonoma del Kwa-Zulu, Mangosuthu Buthelezi, con l'aiuto del movimento
Inkatha, tentò di unire i leader delle varie homeland ma fallì. La
lotta dei neri si espresse sotto forma di scioperi, atti di pubblica
disobbedienza e marce di protesta e venne appoggiata dall'opinione
pubblica internazionale sin dai primi anni '60 dopo l'uccisione di 69
dimostranti a Sharpeville e l'arresto di diversi leader dell'African
National Congress (ANC) fra cui Nelson Mandela. Nel 1961 il Sudafrica
uscì dal Commonwealth britannico e si trovò a essere sempre più
isolato. Negli anni '60 e '70 la popolazione bianca del Sudafrica venne
colta da una sempre più diffusa paranoia a mano a mano che gli ultimi
poteri coloniali europei lasciavano l'Africa e ai confini settentrionali
del paese si formavano stati dominati dai neri e spesso di orientamento
socialista. Le reazioni militari sudafricane oscillarono dagli
interventi isolati (in Mozambico e in Lesotho) agli attacchi su vasta
scala (in Angola e in Namibia). Nel 1988 le forze cubane intervennero in
Angola: il Sudafrica dovette subire una pesante sconfitta e la guerra
divenne una prospettiva molto meno allettante. Grazie alla politica di
distensione avviata da Gorbaciov la tensione nell'Africa meridionale si
allentò: Cuba ritirò le sue truppe dall'Angola, la Namibia divenne
indipendente e nel 1990 venne finalmente stipulata una pace stabile. Sul
fronte interno invece la situazione era lungi dall'essere risolta. La
repressione violenta delle loro proteste rendeva i neri sempre più
risoluti alla lotta e infine le Nazioni Unite decisero severe sanzioni
politiche ed economiche contro il Sudafrica. Verso la metà degli anni
'80 nelle township esplose la violenza all'interno della stessa
popolazione nera. Non c'è dubbio che esistesse una forte rivalità fra
i membri dell'ANC, orientato a sinistra e sostenuto dagli Xhosa, e i
membri del partito Inkatha, orientato a destra e appoggiato dagli zulu.
Bisogna riconoscere che questa spiegazione è tuttavia troppo
semplicistica perché occorre tenere conto della grande miseria
economica e sociale che caratterizzava la popolazione nera del
Sudafrica, all'interno della quale i motivi di contrasto erano
molteplici. Vi erano scontri fra rivali politici, fra nemici per ragioni
tribali, fra semplici criminali e fra gli abitanti delle township e i
lavoratori immigrati che alloggiavano negli enormi caseggiati loro
riservati. Il presidente P.W. Botha riuscì a mantenersi al potere fino
al 1989 con l'uso arbitrario del carcere, con la tortura e con la
censura della stampa. In quell'anno le sanzioni economiche iniziarono a
far sentire il proprio effetto, il valore del rand crollò e il
riformatore F.W. De Klerk assunse il potere. Tutte le leggi di
discriminazione razziale vennero abolite, i prigionieri politici furono
liberati e si avviarono i negoziati per arrivare alla formazione di un
governo multirazziale. Le libere elezioni del 1994 videro la netta
vittoria dell'ANC e Nelson Mandela divenne presidente. Il National Party
di De Klerk conquistò solamente poco più del 20% dei voti e l'Inkatha
Freedom Party prese il 10,5%. Pochi mesi più tardi il Sudafrica
rientrava nel Commonwealth. Nonostante le pesanti ferite del passato e
gli enormi problemi che incombono per il futuro, la situazione in
Sudafrica è oggi molto più ottimista e rilassata di quanto fosse
alcuni anni fa. La comunità internazionale ha accolto benevolmente il
nuovo Sudafrica e l'apparentemente sincero impegno dell'ANC per formare
una nazione in cui non esistano discriminazioni razziali. I bianchi sono
colti da un senso di sbalordito sollievo mentre i neri sono euforici per
aver conquistato la libertà. Sarà necessario un certo tempo prima che
la maggioranza nera riesca a sentire un beneficio economico dalla
propria nuova condizione, ma la struttura politica sembra
sufficientemente forte da tenere compatto questo paese di grandi
diversità. Ci sono grosse aspettative nei confronti del nuovo
Sudafrica. Nel 1999, dopo 5 anni di 'tirocinio' alla democrazia, il
paese ha votato in elezioni regolari. I problemi, come quelli economici,
sono stati sollevati e dibattuti. Erano state formulate ipotesi secondo
le quali l'ANC (African National Congress) avrebbe potuto perdere voti a
causa del ritiro dalla scena politica di Nelson Mandela, e invece ANC
non è crollato ma al contrario ha ottenuto una vittoria schiacciante:
il suo margine di vittoria ha superato infatti i due terzi, un livello
che dava al partito la facoltà di cambiare la costituzione. Nelle
elezioni del 1999, Thabo Mbeki è stato così eletto presidente del
Sudafrica dal Parlamento e successore di Nelson Mandela. Thabo Mbeki ha
dimostrato di essere un presidente abbastanza competente, ma la sua fama
sia all'interno del paese che all'estero non è stata di certo agevolata
dal suo rifiuto di condannare nettamente la violenza politica dello
Zimbabwe del presidente Robert Mugabe e dai suoi commenti malinformati
sull'Aids. Questa epidemia, che affligge 4,2 milioni di sudafricani,
minaccia seriamente di eclissare tutti gli altri problemi che affliggono
il Sudafrica Nel luglio 2002, a Durban, il presidente del Sud Africa
Thabo Mbeki ha tenuto a battesimo l'Unione africana (Ua), alla quale
hanno aderito 53 paesi. Seguendo il modello dell'Unione europea,
l'Unione africana si ripropone di incrementare il commercio e la
prosperità del continente, ma anche di difendere i diritti umani e
lottare contro la corruzione. Nelo stesso mese è stato firmato a
Pretoria un accordo di pace tra i presidenti della Repubblica
democratica del Congo (RdC), Joseph Kabila, e del Ruanda, Paul Kagame. A
Johannesburgh si è svolta, nel settembre 2002, la conferenza sullo
sviluppo sostenibile del pianeta, un vertice a cui hanno partecipato 190
paesi.
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