UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - n° 3  marzo 2004

In crisi anche il settore siderurgico 

INTERVISTA AD ANTONINO REGAZZI, SEGRETARIO GENERALE DELLA UILM, SULLA SITUAZIONE INDUSTRIALE DEL PAESE. (DA “OLTRENEWS.IT” - SETTIMANALE TELEMATICO)

L'apparato industriale italiano è in crisi; la siderurgia boccheggia: prima le acciaierie Thyssen Krupp di Terni, poi l'Ilva. C'è un filo conduttore che lega la crisi di queste due realtà?
"Che ci sia un filo conduttore tra la crisi dell'industria siderurgica e la crisi della produzione industriale nazionale mi pare del tutto evidente. Sono tre anni che il Paese non cresce e che l'industria, in particolare il settore metalmeccanico, registra un forte passivo".

Secondo lei dove possono essere ricercate le colpe di questa situazione?
"Tra gli anni ottanta e l'inizio dei novanta, siamo stati sostenitori della privatizzazione. C'è, però, da riflettere perché tutto ciò che è stato privatizzato non è detto che sia andato bene. Oggi in alcuni comparti, come quello della siderurgia, ci sono delle serie difficoltà. Vi deve essere un diverso approccio al processo industriale del nostro Paese, cominciando a rilanciare l'industria di base".

Ha, recentemente, accolto con soddisfazione l'istituzione dell'osservatorio per il monitoraggio delle crisi delle aziende e di un tavolo sulla situazione della siderurgia decisi dal ministro per le Attività produttive, Antonio Marzano. Cosa si aspetta il sindacato da tutto ciò?
"Intanto l'osservatorio potrebbe evidenziare e, forse, in alcune circostanze prevenire le eventuali crisi di qualche azienda o di qualche comparto produttivo. Potrebbe essere utile al governo per capire e stimolare lo sviluppo oppure per proporre qualche iniziativa di politica industriale nel nostro paese. L'impressione che si ha è che si stanno perdendo colpi.
Come le dicevo la crisi della nostra produzione dura da tre anni; si dice che anche l'Europa vive le stesse condizioni e le stesse difficoltà: questo però non può attenuare le nostre preoccupazioni.
Conosciamo la nostra debolezza; sappiamo che in prospettiva siamo destinati a perdere ulteriormente. Tutto ciò renderà la situazione ancora più difficile se non riusciremo ad agganciarci ad un'eventuale ripresa che potrebbe esserci per effetto di trascinamento della crescita degli Stati Uniti; se, a fronte di una partenza o di una ripresa economica dell'Europa, dovessimo restare al palo. Cogliere al volo queste opportunità non è scontato, anzi è a rischio a causa della nostra situazione che vive un periodo di debolezza.
Inoltre le questioni, probabilmente, non sono solo industriali ma anche organizzative. E' come se ci trovassimo di fronte ad un piano. Per farlo funzionare bisogna conoscerlo e pigiare tutti i tasti. Per il momento bisogna partire dallo stato delle cose ed in questo senso che vedo positivamente l'istituzione dell'osservatorio".

Ha parlato di una situazione critica generale all'interno della quale si colloca quella più particolare italiana. Il caso dell'Ilva è sintomatico. Riva, chiamando in causa lo scarso rifornimento di coke proveniente dalla Cina, minaccia la cassa integrazione e poi il licenziamento di centinaia di lavoratori. Genova e Taranto sono in stato di preallarme. Ma un colosso mondiale può dipendere da un solo paese per la fornitura di materie prime?
"E' sicuramente rischioso; ma mi permetta di aggiungere che una grande azienda come l'Ilva dovrebbe avere delle certezze, delle garanzie per proprio conto. Non dovrebbe rimanere senza materia prima per continuare la propria attività. Una grande azienda come l'Ilva dovrebbe avere una buona quantità di scorte in modo da autoalimentarsi. Invece ha minacciato i licenziamenti qualora lo Stato non avesse garantito la continuità degli impianti".

Lei ha parlato di una forzatura…
"Certo. Quando gli impianti tendono a fermarsi bisogna capire di chi è la colpa. Le responsabilità non sono solo del governo ma anche delle aziende che non hanno fatto tutto il necessario. In questo caso le responsabilità di Riva sono palesi. E non è una novità che Riva, di fronte a qualche problema, minacci i licenziamenti".

Come si sposa il particolare settore della siderurgia con la tutela ambientale?
"E' un problema affrontato già alcuni anni fa con la chiusura di alcuni impianti. Però non possiamo pensare che si possa chiudere tutto. Bisogna lavorare per avere una tecnologia capace di produrre ad un impatto ambientale migliore".

In questa direzione andava, tanto per fare un esempio, l'accordo di programma, sottoscritto dall'Ilva con gli Enti locali, per risanare Taranto. Ma se l'industriale di turno dovesse fare marcia indietro quali armi avrebbe il sindacato per far rispettare gli impegni e riproporre la necessità di uno sviluppo industriale sinergico con il rispetto dell'ambientale?
"Va detto che non possiamo rinunciare a tutte le produzioni come nel settore siderurgico dove siamo dei buoni produttori. Dobbiamo salvaguardare l'industria dove c'è e potenziarla, migliorarne la qualità e il livello tecnologico.
Noi abbiamo una buona tecnologia per produrre l'acciaio. La produzione è assorbita per il 60% dalla domanda nazionale. Se il settore precipita e le aziende chiudono l'industria italiana sarebbe costretta ad ingenti importazioni.
Quindi non vedo perché questa produzione, che pure ha un difficile impatto ambientale, debba andare in altri posti.
Bisogna continuare sullo sviluppo tecnologico e fare in modo da poter produrre ad un impatto ambientale migliore. E questo è come obiettivo e come auspicio. Dobbiamo difendere l'occupazione attraverso le iniziative che conosciamo".

Quasi tutte le agenzie di stampa riportano le rassicuranti dichiarazioni dell'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, sui Bond Fiat in scadenza. C'è il rischio di vedere il colosso dell'auto italiana fare la fine di Parmalat, Cirio e Finmatica?
"Penso di no. Perché la produzione della Fiat, negli ultimi mesi, sta migliorando, perché ha un buon prodotto che piace ed è richiesto dal consumatore. Quindi quelle difficoltà, presenti fino ad un anno fa, pare che, in qualche modo, siano superate. Da questo punto di vista guardo con maggior ottimismo all'evoluzione della Fiat; quindi non ci dovrebbero essere le condizioni di Parlamat e Cirio che si sono ripercosse sui risparmiatori". 
Vincenzo Greco

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