UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - n° 3  marzo 2004

Guardare avanti 

Tutelare i salari. Lo abbiamo affermato con chiarezza alla nostra conferenza organizzativa di Trevi ed abbiamo indicato il modo per farlo. Primo, procedere alla contrattazione aziendale e presentare piattaforme a livello territoriale. Secondo,  rivedere gli accordi del luglio del 1993 che sono stati utili a difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni.
Al momento ci lascia perplessi l’atteggiamento della Fiom che ha proclamato altre quattro ore di sciopero per un contratto chiuso quasi un anno fa.
Dalla Fiom dissentiamo su temi come la politica dei redditi, la democrazia e le regole in generale, il contratto degli artigiani.
A giugno celebrerà il suo congresso straordinario che sceglierà linea politica e classe dirigente. Non vogliamo entrare troppo nel merito, ma a Livorno, dove si terrà l’assise, l’esito congressuale appare scontato.
Stravincerà la linea Cremaschi: è come dire che la volontà di cancellare la politica dei redditi annienterà quella di aggiornarla per il bene dei lavoratori.
Scrivevamo che siamo perplessi: ciò è dovuto dall’azione a senso unico dei metalmeccanici della Cgil che hanno oramai abbandonato ogni sponda unitaria per puntare all’unità di chi sta sulle loro posizioni.
Il segretario generale della Cgil viene da più parti indicato, soprattutto in quest’ultimo periodo, come l’uomo di un possibile riformismo insieme ai colleghi di Cisl e Uil.
E’ anche giudizio diffuso che il Congresso della Fiom appaia come l’atto per condizionare da sinistra la propensione alla politica dei redditi del Sindacato di corso Italia.
Giorgio Cremaschi non ne fa nemmeno un mistero e lo dichiara esplicitamente.
Ecco, perché è impossibile un passo in avanti della Fiom verso Fim ed Uilm nel campo delle regole condivise sino ad oggi tra le tre sigle sindacali.
La Fiom non ci sta e basta.
Anche i primi passi del designato presidente di Confindustria costituiranno un banco di prova per la Cgil e di conseguenza per la stessa Fiom.
La riforma del sistema contrattuale dovrà costituire il primo punto nell’agenda di Montezemolo ed andrà discusso prima che si apra la stagione dei rinnovi contrattuali.
Lo snodo per un sindacato riformista rimane sempre lo stesso: per redistribuire quote maggiori di ricchezza ai lavoratori bisognerà potenziare il contratto decentrato senza svuotare quello nazionale.
Il contratto nazionale degli artigiani, avversato anch’esso dalla Fiom, ma non dalla Cgil, si muove tiepidamente in tal senso.
Il vero problema è quello di creare maggiore produttività.
Non esiste una formula magica.
E’ come se più tasti di una pianola dovessero essere pigiati all’unisono.
Dobbiamo spingere per uno sviluppo più qualificato; per investimenti mirati utili a creare occupazione di qualità; per la riorganizzazione del ciclo di produzione, dato che il processo di decentramento ha, di fatto, esaurito la sua funzione (da questo punto di vista il modello Nordest va ripensato); per una riproposizione del modello partecipativo capace di un maggior coinvogimento di chi lavora.
Insomma, ciò che è stato fatto negli anni Novanta è, allo stato,  insufficiente.
E’ fondamentale che Cgil, Cisl e Uil insieme propongano un modello contrattuale capace di aggiungere al salario quote maggiori di ricchezza  prodotte sul territorio e in azienda.
Purtroppo, la Fiom che uscirà dal Congresso di Livorno continuerà a  percorrere da sola la strada che si è prefissa.
Altro che aggiornare il Patto del 1993.
Rispetto a chiunque tenti di guardare avanti, la Fiom si ostina a volgere le spalle e a rimpiangere quel sistema di relazioni industriali imperante negli anni Settanta.
Antonino Regazzi

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