UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - n° 3  marzo 2004

Marco Biagi: a due anni dalla scomparsa 

 Due anni fa, il 19 marzo 2002, un commando delle Brigate Rosse ha ucciso Marco Biagi davanti al portone della sua casa a Bologna. Docente di diritto del Lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia e consulente del ministero del Welfare, Biagi era soprattutto un riformista.
Un riformismo, il suo, tradotto nelle proposte espresse nel Libro bianco sul mercato del lavoro presentato dal governo Berlusconi nell'ottobre 2001, che ha continuato a vivere nel Patto per l'Italia, firmato il 5 luglio 2002 e soprattutto nella riforma che ha preso il suo nome. Ma anche in quel progetto di Statuto dei lavori cui da ieri sta lavorando una commissione ad hoc istituita dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, e presieduta dal suo amico e allievo, Michele Tiraboschi.
Approvata a febbraio dello scorso anno ed entrata in vigore a ottobre con il decreto attuativo, la 'legge Biagi' ha il compito di rilanciare l'occupazione nel nostro Paese attraverso la modernizzazione dei servizi per l'impiego e l'introduzione di nuove flessibilità. Un passaggio dovuto, per arrivare all'elaborazione di quello 'Statuto dei lavori' che Biagi da anni aveva in mente per ridefinire - a oltre trent'anni di distanza da quello dei 'lavoratori' - regole certe per tutti i rapporti.
E sul quale proprio ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha annunciato l'insediamento di una commissione di studio, composta da 25 esperti e presieduta da Michele Tiraboschi, l'allievo di Biagi, che entro l'anno dovrà mettere a punto una proposta.
Amava definirsi 'giurista a progetto', Marco Biagi, e 'progettare per riformare' era il suo motto preferito.
L'Università' di Modena e Reggio Emilia è stata il suo primo 'laboratorio' scientifico, il Patto sul lavoro di Milano il secondo.
Ma è, soprattutto, al Libro bianco sul mercato del lavoro che Biagi ha affidato il suo progetto riformatore. Un testo per condensare il programma di riforme per il quale era stato chiamato a collaborare con il ministero del Welfare, da realizzare nell'arco della legislatura con l'obiettivo di creare maggiore occupazione e garantire a tutti un lavoro di qualità. E' in questa sede, infatti, che descrive regole e strumenti per superare inefficienze e iniquità del mercato del lavoro italiano, prendendo spunto dalle buone pratiche europee, dai servizi per l'impiego alla formazione, dagli ammortizzatori sociali a nuove tipologie contrattuali flessibili, dalle pari opportunità all'inclusione sociale. E' il Patto per l'Italia, siglato il 5 luglio tra il governo e le parti sociali (esclusa la Cgil), a
recepire le proposte delineate nel Libro bianco, dai servizi per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro alle misure di sostegno al reinserimento lavorativo, dalla flessibilizzazione dei contratti all'intervento sull'articolo 18. Proprio sull'articolo 18, Biagi aveva condotto una battaglia in prima persona per fare chiarezza sul senso della sperimentazione proposta dal governo. ''La vera questione di principio - scriveva - non è affatto l'articolo 18, visto che non è in discussione la giusta causa di licenziamento, ma un mercato del lavoro ingiusto che lascia ancora oggi poche speranze a chi non abbia la fortuna di aver già trovato occupazione''. 
Porta la sua firma la 'legge 30', la delega che detta i principi della prima parte della riforma del mercato del lavoro, mentre la seconda tranche delle proposte contenute nel Libro bianco e confluite nel Patto per l'Italia e' contenuta nel disegno di legge 848 bis, attualmente all'esame del Senato. Suo anche lo schema di decreto legislativo sul collocamento pubblico, entrato in vigore all'inizio dello scorso anno. Ma e' lo 'Statuto dei lavori' il vero obiettivo del progetto di riforma di Biagi. Un corpo di diritti fondamentali destinato a tutti i lavoratori, progettato fin dai tempi della collaborazione con Treu, per estendere i livelli minimi di tutela a tutte le forme di lavoro. Alla commissione istituita ieri con un decreto del ministro Maroni spetta il compito di portare avanti l'idea, elaborando una nuova proposta di legge.
 ''Lo Statuto dei lavori - scriveva Biagi una settimana prima di morire - dovrebbe finalmente dare all'Italia nuove tecniche per regolare tutti i tipi di lavori, anche quelli più atipici, rivedendo vecchie norme non più in sintonia con la moderna organizzazione del lavoro e prevedendone delle nuove capaci di governare i mestieri emergenti nella società basata sulla conoscenza''. Per realizzarlo, avrebbe voluto inserire una delega già in quello che allora era il disegno di legge 848. La bozza di questa proposta e' contenuta in un file che porta il nome della moglie, Marina, e la data del 14 febbraio 2002. Il progetto riformatore di Biagi continua a vivere anche attraverso l'attività' della Fondazione a lui intitolata, impegnata a proseguire gli studi di diritto del Lavoro avviati dal professore e a promuovere la formazione specialistica e le relazioni industriali. La Fondazione ha sede a Modena, dove già esiste il Centro di ricerca internazionale creato dallo stesso Biagi per far dialogare le più importanti scuole giuslavoristiche del mondo. Oltre ad approfondire la ricerca sul lavoro, la Fondazione ha lo scopo di promuovere il dialogo sociale a tutti i livelli e la nascita di un centro d'eccellenza europeo per lo scambio e la diffusione di buone pratiche nelle politiche per l'occupazione. Si occupa, inoltre, di formazione con attività di supporto alla didattica, studi interdisciplinari, iniziative a distanza e soprattutto con l'attivazione di un dottorato internazionale e di un master dedicati alle problematiche dell'occupabilita' e del funzionamento del mercato del lavoro. Infine, la collana della Fondazione raccoglierà tutti gli scritti del professore e le attività editoriali volte ad arricchire la letteratura scientifica nel campo del lavoro e delle relazioni industriali. E' soprattutto al suo allievo, Michele Tiraboschi, che e' affidato il compito di proseguire l'opera di Biagi. Docente di diritto del Lavoro, come il 'maestro' di cui ha preso il posto all'Università' di Modena e Reggio Emilia, ma soprattutto 'compagno di viaggio', come si definisce, Tiraboschi descrive il giurista come ''un protagonista dei nostri tempi, che in poco tempo ha compiuto opere di impressionante valore e importanza'' e ''un riformista progettuale al servizio delle istituzioni e della società civile, capace di coniugare grandi valori ideali e pragmatismo nell'agire e sempre animato da una incrollabile fede nella mediazione e nel dialogo sociale''. 
 E 'Morte di un riformista' si intitola il libro, edito da Marsilio, con il quale Tiraboschi ha voluto ricordare il giuslavorista. ''Contribuire, ognuno con i propri mezzi, a rendere possibile un salto di qualità nel confronto politico e sindacale -scrive Tiraboschi- è oggi l'unico modo per far sì che la morte di Marco Biagi, la morte assurda e ingiusta di un riformista, non sia stata anche una morte inutile''.  Molto lavoro resta tuttavia ancora da fare ''sul piano culturale''. ''Ed è proprio su questo terreno, più che su quello della mera redazione di un testo di legge, che la mancanza di uomini determinati e illuminati come Marco si fa più sentire''.

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