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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - n° 3  marzo 2004

Montezemolo, il ventiseiesimo presidente della Confindustria

Luca Cordero di Montezemolo, il nuovo presidente della Confindustria, designato l’undici marzo dalla Giunta dell'organizzazione con l'80% dei voti, compirà 57 anni il 31 agosto prossimo. Nato a Bologna ma di ascendenze piemontesi, Luca Cordero di Montezemolo è passato per molteplici esperienze manageriali, ma le più significative sono quelle che hanno legato il suo nome al marchio Ferrari, con il rilancio del "cavallino rampante" e gli storici successi nella Formula 1. Laureato in giurisprudenza a Roma, si specializza in diritto commerciale alla Columbia University di New York. La prima volta approda in Ferrari nel '73: assistente del presidente, riesce ad acciuffare due vittorie nel Campionato del Mondo F1 nel '75 e nel '77, in qualita' di responsabile della gestione sportiva. Il suo curriculum, successivamente, lo vede in Fiat e alla Cinzano. Poi il ritorno allo sport con la Coppa America e con l'organizzazione dei Mondiali di calcio in Italia nel 1990. Il ritorno in Ferrari data 1991: Montezemolo è presidente ed amministratore delegato. Rimette mano al piano industriale, alla riorganizzazione della squadra corse, all'immagine della Casa di Maranello e gli anni successivi gli renderanno ragione, con una sequela di vittorie consecutive nei Campionati costruttori e nei Campionati mondiali conduttori (dal 1999 al 2003). Al contempo, a Montezemolo arriva anche un riconoscimento dal mondo editoriale, con la prestigiosa presidenza della Fieg. Luca Cordero di Montezemolo diventerà il ventiseiesimo presidente di Confindustria. Tanti ne ha contati, nei suoi novantaquattro anni di storia, la principale organizzazione dell'imprenditoria italiana. Curiosamente la serie fu inaugurata, il 22 maggio 1910, da un francese: il provenzale Luigi Bonnefon, torinese di adozione, che restò in carica fino al 1913 ritornando a guidare Confindustria tra il 1914 e il '15. Bonnefon non fu il solo a ricoprire per due volte la presidenza. Molti anni dopo toccò all'armatore genovese Angelo Costa, eletto dal primo dicembre 1945 all'8 febbraio 1955. Costa, nato in una famiglia di produttori d'olio che cominciò le attività amatoriali nel 1936, fu prescelto la seconda volta per la presidenza il 9 marzo 1966 e vi rimase fino al 16 aprile '70. La prima poltrona di Confindustria è stata talora occupata dai rappresentanti delle più illustri dinastie imprenditoriali: da Giovanni Agnelli a Vittorio Merloni ai Pirelli. Quest'ultima è la sola famiglia che ha dato il suo  cognome a due presidenti di Confindustria. Il primo dei Pirelli fu Giovanni Battista con una breve presidenza, dal 28 luglio al 28 dicembre del 1919. Seguì le sue tracce, sia nell'azienda di famiglia sia nel mondo associativo, il figlio Alberto, ma anche lui restò alla guida di Confindustria per un periodo molto breve: dal 13 gennaio 1934 al 3 novembre dello stesso anno, quando rese le consegne a Giuseppe Volpi di Misurata che restò saldamente in carica fino ai grandi travolgimenti bellici e politici del '43. Non sempre, tuttavia, Confindustria ha affidato le sue sorti a imprenditori piccoli o grandi. Uno dei periodi più importanti della sua storia quasi centenaria fu contrassegnato dalla figura di Guido Carli, che tenne le redini nel quadriennio '76/80. Quel 22 luglio del '76 che sancì la sua elezione, Carli contava già esperienze di massimo livello. La più significativa: governatore della Banca d'Italia dal '60 al '75, che seguiva un biennio da ministro per il Commercio estero e un seggio (con il Pli) nella Costituente. Carli poté affidarsi a un direttore generale della Confederazione di grande spessore: Paolo Savona, economista e "padre" del Centro studi. Ma Confindustria, un anno prima che vi arrivasse Carli, aveva già dato corso a una svolta storica nelle relazioni sindacali. E la svolta fu siglata dall'Avvocato, all'epoca presidente, che con i sindacati chiuse l'accordo sull'indicizzazione dei salari. Era, quello, il capitolo conclusivo di un lungo disgelo avviato sotto la presidenza di Renato Lombardi. Era un capitolo che finirà con l'abolizione della scala mobile nei primi anni Novanta. 
L'addio alla scala mobile fu pronunciato, in via definitiva, il 7 luglio del '92 sotto la presidenza Abete. L'accordo seguiva di qualche mese quello del 10 dicembre 1991 per la lotta all'inflazione, che condusse alla storica data del primo maggio 1992, quando per la prima volta il "punto" di contingenza non fu pagato. Il giro di boa culmina nell'accordo di luglio del 1993, con la concertazione sulla politica dei redditi tra Governo e parti sociali. Gli anni della presidenza Abete (1992-1996) si ricorderanno, in Confindustria, anche per la sottolineatura della sua autonomia e "apartiticità" in un momento di grandi rivolgimenti politici e giudiziari con il tramonto della "prima Repubblica" e gli incerti inizi di un nuovo corso. Dopo Abete, Giorgio Fossa (1996/2000) e l'attuale presidente Antonio D'Amato reggono il timone di viale dell'Astronomia. Nella sua storia la Confindustria ha registrato tra i presidenti il primato di torinesi (sono stati tre) e milanesi (altrettanti). Due i genovesi e due i bresciani, due astigiani e due i romani e i napoletani. La regione che ha dato più presidenti è stata la Lombardia (sette), seguita dal Piemonte(sei). Per tornare all’elezione di Luca Cordero di Montezemolo, già da ora sono definite le linee guida che caratterizzeranno  gestione del “Governo” di via dell’Astronomia.
Competitività è la parola d'ordine del presidente designato di Confindustria. La sua linea d'azione per il prossimo quadriennio si baserà sul rilancio del Mezzogiorno, nella  difesa del made in Italy, nel potenziamento della ricerca e in  una nuova stagione di relazioni con il sindacato. Il programma di lavoro, non ancora nero su bianco e che presenterà ufficialmente alla Giunta di Confindustria il 29 aprile (insieme alla squadra che lo accompagnerà nel prossimo quadriennio), può desumersi dagli incontri avuti con gli  imprenditori e le associazioni di categoria durante l'ultimo mese di campagna elettorale che lo ha visto girare in lungo e largo l'Italia sotto lo slogan 'facciamo squadra''. Si tratta di obiettivi, ha ripetutamente osservato in quei giorni il presidente della Ferrari, che ''non intendono rappresentare il programma di un aspirante presidente della Confindustria'', ma che dimostrano ''un desiderio di unità, di superamento delle divisioni, di avvio di una fase costruttiva''. Montezemolo ha sempre ribadito di aver accettato le sollecitazioni a rendersi disponibile per la presidenza di Confindustria solo davanti ad una volontà precisa del sistema associativo, con ''l'impegno a tornare a pieno al mio mestiere di imprenditore e a non percorrere la strada del professionismo associativo che finisce per irrigidire e burocratizzare il nostro sistema''. ''La vera autonomia dalla politica - ha sostenuto - si conquista con l'autorevolezza e la consistenza delle proprie proposte e delle proprie posizioni. Noi non vogliamo una Confindustria chiusa in se stessa e lottizzata, dove ogni componente associativa abbia il suo pezzettino di potere gestito dai professionisti dell'associazionismo, in una logica di consociativismo interno a cui neppure noi siamo purtroppo esenti''. Una associazione ''professionale e autorevole a tutti i livelli'' nel disegno di Montezemolo ''dove l'unitarietà' sia il frutto delle idee condivise e non il prodotto di una spartizione di potere''. Dagli appunti di viaggio di Montezemolo è possibile ricostruire la trama di un disegno che riorienta il futuro della Confindustria su alcune idee-cardine:

-         FARE SISTEMA: ''Fare sistema deve essere un motivo di fondo del nostro essere imprenditori. Lo impongono le sfide internazionali; lo richiede la fase di accelerazione dell' innovazione; lo vuole il nostro essere di imprese piccole e famigliari. Nessun senso di inferiorità nell'essere piccoli, ma molto senso di realismo. Dobbiamo lavorare assieme: sui mercati esteri, sulle piste dell'innovazione, nei rapporti con la finanza, nel sistema della formazione, dentro il nostro sistema associativo''.

-         RAPPORTI GRANDE E PICCOLA IMPRESA: ''Se si fa sistema non ci sarà più separazione tra grande e piccola impresa; non dovremo più contrapporci alle banche o alla distribuzione''.

 -         INFRASTRUTTURE: ''Il ciclo delle infrastrutture è partito tardi nel nostro Paese, ma è partito: dobbiamo impegnarci a mantenere un ritmo di realizzazione che ci assicuri un recupero dei ritardi accumulati''.

 -         RICERCA: ''La ricerca è tornata a giocare un ruolo fondamentale nella competizione mondiale: non dobbiamo più rinfacciarci reciprocamente colpe del passato, ma avviare una collaborazione fattiva fra università, imprese, laboratori,istituti per la ricerca. Senza ricerca ed innovazione anche il nostro made in Italy potrebbe soffrire: lo sanno bene le molte aziende di successo, conosciute per i loro marchi in tutto il mondo''.

 -         PROMOZIONE MADE IN ITALY: ''Noi pensiamo che sia necessaria una vera politica di promozione che impegni il Paese, oltre ai numerosi e meritevoli istituti preposti a questi compiti.Pensiamo che Confindustria abbia un ruolo importante da giocare nel promuovere il sistema delle piccole e medie imprese, anche utilizzando il traino delle grandi, in un forte gioco di squadra''.          

-         MEZZOGIORNO: ''Esiste una vera urgenza nazionale a cui Confindustria deve dedicare risorse ed attenzione. Il Mezzogiorno è scomparso dai discorsi di questo paese come fosse una cosa da rimuovere. Ma è presente nella nostra vita. E' cresciuta nel Mezzogiorno una realtà industriale, più come sforzo dei singoli imprenditori che come prodotto di un disegno nazionale. Questo è un bene, perché l'imprenditoria rappresenta la base necessaria per lo sviluppo. Ma la base è ancora ristretta e le imprese sono esposte ai venti delle non improbabili fluttuazioni cicliche future. Rischiamo nel 2006, se non ci muoviamo per tempo, di vedere terminare la politica di sostegno comunitario alle nostre regioni''.

 -         DIALOGO CON IL SINDACATO: ''In questa operazione di costruzione del nostro futuro non pretendiamo di essere i soli soggetti attivi. Al contrario, vogliamo avere rapporti costruttivi con tutti: pronti a spiegare le nostre ragioni ma disponibili ad ascoltare quelle degli altri. Quelle del sindacato, in particolare, che ha la rappresentanza dei lavoratori, ossia di una parte consistente del patrimonio delle imprese''.  

- MODELLO FERRARI: ''In questi anni, che sono alla guida della Ferrari, ho potuto apprezzare il valore di un lavoro di squadra, dove lo spirito del team dia quel valore in più che supera la somma dei singoli soggetti; dove giuste deleghe e ruoli intercambiabili consentono di realizzare sogni che possono sembrare impossibili''.

 ''La Confindustria non si è mai disgregata per cui non c'era bisogno di ricompattarla''. Ad affermarlo è il presidente di Federmeccanica, Alberto Bombassei. ''Mi sembra che questa –ha osservato- fosse la normale evoluzione delle cose per cui mi fa piacere che ci sia una così larga identità di vedute. Non possiamo che rallegrarcene. Sicuramente, Montezemolo sarà un buon
presidente''. 
 La Confindustria sostanzialmente "non è mai stata divisa", ma è positiva la capacità di essere arrivati al voto con un unico candidato. Così Andrea Pinifarina commenta la designazione di Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza degli industriali. "La capacità che abbiamo dimostrato di arrivare ad una candidatura unitaria in qualche modo ci aiuta di fronte alle difficoltà dei prossimi anni", ha affermato al termine della giunta. 

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