UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - 4-5  aprile/maggio 2004

LA FEM DAVANTI ALLA SFIDA DELLO STATUTO DELLA SOIETA' EUROPEA
Conferenza della FEM a Sprockhaevel 
26-27 febbraio 2004 (Germania)

I giorni 26 e 27 febbraio 2004 si è svolta a Sprockhaevel, in Germania, una Conferenza della FEM sul Regolamento Ce n. 2157/2001 (Statuto della Società Europea) e sulla Direttiva 2001/86/Ce (completamento dello Statuto della Società Europea con disposizioni sul coinvolgimento dei lavoratori). Gli Stati membri dell'Unione Europea dovranno recepire la Direttiva entro l'8 ottobre 2004. Il Segretario Generale della FEM, Reinhard Kuhlmann, ha aperto la Conferenza commentando soddisfatto che i sindacati, spesso accusati di essere in ritardo, questa volta stanno anticipando i tempi. Lo scopo della due giorni di Sprockhaevel, ha detto Kuhlman, non è di dibattere pro o contro la partecipazione: "Abbiamo scelto di partecipare, non torniamoci più sopra. Chiediamoci come ottimizzare la nostra partecipazione, non se partecipare." Di conseguenza, il taglio della Conferenza è stato sia di attenzione alla cornice legale della partecipazione proposta dalla Direttiva e dal Regolamento, sia di riflessione su quale uso politico fare dei diritti legali in via di definizione.

La relazione di Kuhlman, svolta con il supporto di diapositive, ha insistito sulla necessità di operare un cambio di paradigma, da quello tradizionale, che vede il sindacato sulla difensiva rispetto al cambiamento, ad uno nuovo che punti ad anticipare il cambiamento stesso, e quindi ad orientarlo. Nella ricerca di questa nuova prospettiva, i sindacati sono incalzati da quanto avviene quotidianamente nell'industria metalmeccanica europea, fenomeni che un approccio meramente difensivo non riesce a governare. Soprattutto, si tratta di fare i conti con le fusioni (merger), delle quali l'80% si è rivelato fallimentare, con conseguente distruzione di valore aziendale e di posti di lavoro. La FEM è chiamata a compiti difficili, per perseguire obbiettivi che tengano conto al tempo stesso degli aspetti economici e di quelli sociali. Kuhlman ha scelto tre casi aziendali concreti per illustrare la complessità delle problematiche esistenti: la Terni, la General Motors/Opel e la Ford/Visteon. Se per la Terni il successo sindacale consiste nell'aver mantenuto aperta la vicenda, che però non può dirsi risolta, la vertenza GM/Opel ha trovato una soluzione giudicata equilibrata, mentre per quanto riguarda Ford/Visteon, si è ottenuto che, almeno per ora, non vi siano dichiarazioni di esubero del personale. In ogni caso, queste diverse esperienze esemplari, così come molte altre, dimostrano che i diritti di informazione vigenti necessitano che se ne migliori qualità e tempestività; la consultazione va resa più vincolante di quanto non sia attualmente; sono maturi tempi ed esigenze per l'introduzione di diritti alla negoziazione, quanto meno in caso di ristrutturazioni.

Dopo la relazione introduttiva di Reinhard Kuhlman, la Conferenza è entrata nel vivo con lo svolgimento delle relazioni della sezione intitolata "la partecipazione dei lavoratori nelle multinazionali: una sfida per i sindacati". Sono state proposte due esposizioni, una sul modello tedesco e l'altra sul modello svedese. A più riprese nel corso della due giorni sono emerse sia le aspettative del sindacalismo tedesco, desideroso di evitare che la propria esperienza rimanga isolata e quindi vulnerabile, sia le preoccupazioni della componete svedese, che teme che la legislazione europea preluda a quello che dal loro punto di vista è giudicato un passo indietro per i diritti di partecipazione. L'impressione, forse falsata dal fatto che i colleghi Tedeschi giocavano in casa, è che la IG Metall abbia anch'essa qualche timore sulle prospettive della propria codeterminazione, ma abbia scelto un approccio ottimistico, volto a convincere il grosso del sindacalismo europeo a percorrere la strada della Direttiva per diffondere una cultura delle relazioni industriali analoga alla propria, mentre da parte svedese sembra prevalere un atteggiamento più pessimista e distaccato.

Il panorama europeo è variegato, come si può constatare anche dalla lettura della tabella 1, ma non c'è dubbio che i sistemi della Germania e della Svezia, pur non esaustivi della varietà delle soluzioni possibili, sono punti di riferimento di due modalità diverse di realizzare la partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche dell'impresa, l'uno, quella Tedesco, tipico del sistema cosiddetto dualistico (con rappresentanza dei lavoratori promossa dalla legge per compiti di partecipazione la cui sede sono i Consigli di Vigilanza, distinta dalla rappresentanza sindacale, la cui funzione principale è la contrattazione), l'altro, quello Svedese, esponente del sistema a canale unico, o monistico (la contrattazione, aiutata dalla legislazione di sostegno, promuove una partecipazione di sindacalisti direttamente nei Consigli di Amministrazione).

La relazione sul modello tedesco è stata svolta da Heinz Hawreliuk, Direttore del dipartimento sulla codeterminazione a livello aziendale della IG Metall, a partire da una breve ricostruzione storica.

La prima data significativa per la partecipazione in Germania è il 1918: è l'anno della fine della monarchia e della formazione dei comitati degli operai e dei soldati sul modello dei soviet, alla vigilia della nascita della Repubblica di Weimar. Si affermò allora l'idea che non basti il potere politico se non c'è anche il potere economico e che al cittadino politico, che elegge il Parlamento, va affiancato il cittadino economico, con specifici diritti. Nel quadro del dibattito sulla democrazia economica, nel 1920 esce la legge che riconosce i comitati aziendali; nel 1922 si stabilisce il diritto all'invio di 1 o 2 lavoratori nei comitati di vigilanza. Si fa largo l'idea che si debbano pareggiare i diritti tra capitale e lavoro: solo quando entrambe le parti sono adeguatamente tutelate, è possibile prendere decisioni economiche democratiche.

Il crollo della repubblica di Weimar e l'avvento del Nazismo cambiano tutto. Le leggi del 1920 e 1922 verranno cancellate da Hitler.

La ripresa del sindacato si ha nel 1945. Nell'industria del carbone e dell'acciaio, dove c'era stata collaborazione aperta con il nazismo, si decide di instaurare un sistema di partecipazione particolarmente vincolante (legge della Montanmitbestimmung, del 1951). Nel 1952 esce la legge sullo statuto aziendale. Nel 1976, infine, abbiamo la legge sulla codeterminazione.

La situazione attuale vede, dunque, la compresenza di istituti di partecipazione frutto di diverse epoche storiche.

Una forma di partecipazione è quella che si attua mediante i Comitati aziendali, che vengono eletti da tutti i lavoratori, iscritti e non: non è un organo sindacale, anche se poi l'80% degli eletti sono della IG Metall. Su temi come cosa, dove, come produrre, non fanno codeterminazione, ma hanno diritto a informazione e consultazione. Invece, sui temi che riguardano direttamente i lavoratori c'è di fatto una vera codeterminazione: per esempio, sull'organizzazione del ciclo produttivo, sull'implementazione delle decisioni economiche e sui licenziamenti, viene riconosciuto sostanzialmente un diritto di veto alla componente lavoro.

Ai fini delle prospettive della partecipazione strategica, però, la discussione va focalizzata soprattutto sui Consigli di vigilanza, o sorveglianza. La costituzione aziendale tedesca, infatti, prevede un Consiglio di Amministrazione, o consiglio di direzione, che dirige l'impresa, pianifica, coordina e controllo l'andamento dell'impresa; un Consiglio di Sorveglianza (vigilanza), con diritto di informazione e consultazione nonché di approvazione delle decisioni imprenditoriali; l'Assemblea generale, che elegge i rappresentanti degli azionisti all'interno del consiglio di vigilanza e decide sull'impiego degli utili.

Le modalità di partecipazione presenti nelle aziende tedesche dipendono dalla dimensione delle stesse e dal settore in cui operano.

* In imprese con 500-2000 dipendenti, il modello è la legge sullo Statuto Aziendale del 1952, che prevede che 1/3 dei componenti del Consiglio di Sorveglianza siano nominati dai lavoratori: sono di fatto degli osservatori, perché la componente lavoro non è presente alla pari.

* Nelle imprese oltre i 2000 dipendenti, vale il modello previsto dalla legge sulla codecisione (Mitbestimmung) del 1976 (oltre 220 imprese applicano questo schema). 20 componenti, 10+10, ma in caso di non unanimità, decide l'impresa, che esprime il Presidente del Consiglio di Sorveglianza, mentre la componente lavoro esprime il Vice-Presidente. La possibilità di influire della componente lavoro è comunque significativa, e la IG Metall non vuole rinunciarvi.

* Nel settore carbone/acciaio (11, 12 imprese) valgono le norme del 1950-51, con le successive modifiche del 1985 (legge della Montanmitbestimmung). I consigli sono composti da 5 membri per il capitale, 5 per il lavoro. C'è poi un undicesimo membro, scelto di comune accordo, che funge da arbitro quando non c'è unanimità. E' la forma di partecipazione più vincolante.

In conclusione, Hawreliuk ha affermato che il controllo delle multinazionali tramite la codeterminazione è importante anche perché manca un governo mondiale che si faccia carico di questa necessità.

La relazione dedicata al modello svedese è stata affidata a Ulf Akesson, consigliere legale della SIF, sindacato svedese degli impiegati dei settori dell'alta tecnologia e della conoscenza. La partecipazione in Svezia è sostenuta da tre strumenti legislativi: l'Atto sui Rappresentati Sindacali; l'Atto sulla Codeterminazione nei luoghi di lavoro; l'Atto sulla rappresentanza dei lavoratori nel Consiglio di Amministrazione (Board), nel settore privato. La prima legge, quella sui delegati, protegge i sindacalisti aziendali da possibili contraccolpi negativi del loro impegno nel ruolo di rappresentanza sulla loro posizione lavorativa, e prevede contromisure, tra cui, per esempio, riposi compensativi in caso di riunioni che si svolgano fuori dal normale orario di lavoro. La legge sulla codeterminazione nei luoghi di lavoro assicura una cornice generale di diritti di informazione e consultazione, da esercitare collettivamente. La casistica presa in esame dalla legge prevede situazioni in cui sia dovere del datore di lavoro attivare momenti di confronto preventivo, per esempio in caso siano previste significative modifiche di carattere generale con impatto sull'insieme dei lavoratori o cambiamenti nelle condizioni di lavoro con impatto anche su singole postazioni. La legge sulla rappresentanza nei Consigli di Amministrazione si applica in aziende che abbiamo almeno 25 addetti. E' prevista la partecipazione di 2 rappresentanti dei lavoratori, che diventano 3 in realtà con oltre 1.000 dipendenti e attività in diversi rami. Dal punto di vista svedese, la vera codeterminazione è quella che si realizza con la partecipazione direttamente nel "board". Ulf Akesson ha definito la Direttiva sulla SE e la relativa partecipazione "un grande svantaggio" dal punto di vista delle acquisizioni svedesi in materia.

Per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni, non c'è in Svezia un obbligo definito, ma si può essere denunciati per danni provocati da divulgazione di notizie delicate (un caso piuttosto controverso verrà deciso a maggio).

Altro tema scottante: quanto prendono i rappresentanti. Ci sono casi in cui prendono solo il loro stipendio, ma anche altri in cui prendono quanto gli altri rappresentanti.

A Riccardo Nencini, della segreteria nazionale della Fiom, che ha parlato in sostituzione di Gianni Rinaldini, l'oratore ufficialmente previsto nel programma della Conferenza, è toccato il compito di illustrare l'azione del sindacato rispetto a ristrutturazioni su scala sopranazionale in un contesto quale quelli italiano dove sono assenti diritti di partecipazione strategica. In particolare, Nencini si è soffermato sul caso della Terni, mettendo in evidenza non solo gli aspetti attinenti l'informazione e la consultazione, ma anche le ragioni di merito industriale della vertenza e dell'opposizione del sindacato alla penalizzazione ingiustificata dello stabilimento italiano.

Il primo giorno della Conferenza si è concluso con una relazione svolta da Norbert Kluge, dell'Istituto Sindacale Europeo, incentrata sull'approccio del sindacato al tema della partecipazione a livello europeo. Con la Direttiva e il Regolamento, si istituisce un quadro europeo sulla partecipazione, rapportato ai sistemi nazionali, che non vuole sostituire ma collegare.

Pertanto, tre sono le direttive importanti per realizzare la partecipazione dei lavoratori a livello europeo:
" La Direttiva sui CAE, del 1994, che ha avuto un ruolo pilota per tutta la materia che oggi discutiamo. Il suo esito è che il 66% delle realtà che potrebbero istituirli lo hanno fatto, mentre il 34% non lo ha fatto. Il sindacato ritiene che sia ora di una revisione di questa importante normativa.
" La Direttiva 2001/86/Ce sulla partecipazione dei lavoratori nella SpA Europea, che andrà in vigore dall'ottobre 2004. Le aziende potranno decidere se usare o meno questo statuto.
" la Direttiva 2002/14/Ce, istitutiva di un quadro generale relativo all'informazione ed alla consultazione dei lavoratori (da recepire entro il 2005).

Per Paesi come l'Irlanda e il Regno Unito, che non hanno regole come queste, e per i nuovi Paesi che entreranno nell'UE, queste Direttive permettono la realizzazione di standard minimi comuni.
La stessa Carta dei Diritti, che diventerà parte della Costituzione Europea, prevede diritti di informazione: già oggi, dunque, l'Europa è da questo punto di vista diversa dall'America.

La Direttiva sulla SE è senz'altro meglio di quella sui CAE. Infatti, per la prima volta avremo un diritto di codeterminazione a livello europeo. Inoltre, è prevista anche la partecipazione sindacale. Il datore di lavoro sarà obbligato a negoziare una forma di partecipazione senza che debbano chiederglielo i lavoratori, come invece avviene per i CAE.

Kluge ha poi presentato una panoramica sulle diverse situazioni nazionali dal punto di vista dei diritti di partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche delle imprese. In particolare, si è soffermato sulla situazione esistente ad oggi nei 15 Paesi della UE e nei 10 che entreranno dal 1° maggio di quest'anno.

(tabella 1: nostro adattamento di materiale presentato da Norbert Kluge; i Paesi sono disposti in due blocchi, sopra gli attuali 15 componenti della UE, di seguito i nuovi 10 prossimi all'ingresso )

La partecipazione non è un obbiettivo, ma uno strumento, ha ribadito Kluge. L'obbiettivo è tutelare il lavoro e assicurare il futuro dell'azienda. Non stare in fondo al processo decisionale, ma dentro.

L'ultima slide di Kluge, proponeva un interrogativo su come sistemare al posto giusto le diverse tessere di un puzzle i cui pezzi erano la contrattazione collettiva, la rappresentanza a livello aziendale, la partecipazione nella SE, la codeterminazione, la partecipazione al capitale e la politica industriale. Qualcuno si è divertito ad osservare che il disegno dei pezzi era fatto in modo tale che il mosaico risultava non componibile.

La relazione centrale della seconda giornata è stata svolta da Roland Koestler, capo del dipartimento di legislazione economica dell'Istituto Hans Boeckler Stiftung: una disamina delle forme di base, delle strutture di base e delle modalità di partecipazione dei lavoratori nella società Europea.

Le alternative possibili per affrontare il problema della partecipazione in una situazione variegata come quella presente nell'Unione Europea erano sostanzialmente quattro: l'armonizzazione e il coordinamento delle leggi nazionali sulle imprese (ma solo Germania e Portogallo hanno leggi per le multinazionali); il mutuo riconoscimento delle national companies; la regolazione dei merger, risolvendo i problemi della partecipazione a fronte dei casi di fusione; la creazione di un tipo di società europea (SE).

Le forme di base della SE sono le seguenti:
" Fusione: è la forma più problematica, ha detto Koestler, perché i sistemi di partecipazione presenti a livello nazionale vengono meno, non rimane né il Consiglio Di Amministrazione Svedese, né il Consiglio Di Vigilanza Tedesco.
" Holding: è un quadro meno preoccupante di quello rappresentato dalla fusione, perché tutto ciò che è sotto la holding rimane come era, ma comunque c'è il problema del controllo della holding stessa.
" Affiliata (subsidiary): la modalità meno problematica, secondo Koestler.
" Trasformazione.

(tabella 2: i 4 modi di costituire una SE, nostro adattamento di materiale presentato da Roland Koestler)

Le strutture di base della SE. Al momento della costituzione dello statuto, avviene la scelta del sistema, non oggetto di negoziato con il sindacato e i lavoratori, che può essere dualistico (il cosiddetto two-tier system, Consiglio di Amministrazione quale organo di direzione e Consiglio di Sorveglianza quale organo di controllo: in quest'ultimo sono presenti rappresentanti della componente lavoro), oppure monistico (one-tier system, c'è solo il Consiglio di Amministrazione, il Board, di cui fanno parte anche rappresentanti della componente lavoro).

La partecipazione dei lavoratori. Dare il via ai negoziati per definire la partecipazione dei lavoratori è responsabilità del management (a differenza che nel CAE): fa una bella differenza.

Avviato dal management il negoziato, si forma un corpo speciale di negoziazione (SNB, special negotiating body), come per il CAE, ma con regole di composizione diverse; si negozia sul numero dei posti riservati ai rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di vigilanza (supervisory organ) o nel consiglio di amministrazione (administrative board), a seconda del sistema, dualistico oppure monistico, che è stato scelto dall'azienda.
Sono ammessi nel Corpo Speciale di Negoziazione anche rappresentanti sindacali, non necessariamente dipendenti, a differenza di quando avviene per i CAE, dove i sindacalisti possono partecipare solo come esperti.

Ci sono 6 mesi di tempo per raggiungere un accordo, prorogabili massimo a 1 anno, con il consenso delle parti (non come nel caso dei CAE).

Tre sono i possibili esiti del negoziato:
" L'accordo, ai sensi dell'articolo 4 della Direttiva sulla SE.
" Niente accordo, e quindi applicazione almeno delle regole standard.
" Opzione Zero: se i 2/3 del corpo speciale di negoziazione rifiutano, non si negozia più, e si rimane eventualmente con il solo CAE.

Le informazioni dovute ai rappresentanti dei lavoratori sono qualitativamente superiori a quelle previste per i CAE.

"Riusciremo nell'ottobre del 2004 ad arrivare tutti in porto? - si è chiesto in conclusione Koestler. Per i CAE, non ci riuscimmo. I Tedeschi pensano di avere già tutto pronto, ha detto Koestler, e di dovere solo tradurre, ma non sarà così facile.

La Conferenza è proseguita con la presentazione di due casi aziendali. Klaus Franz ha illustrato la situazione della Opel, a partire dalla sua esperienza di componente del CAE della General Motors e di Vice-Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Opel, una realtà che occupa 80.000 lavoratori in Europa.

Luis Miguel Fernandez ha raccontato il caso Arcelor, la multinazionale dell'acciaio nata nel 2002 da una fusione tra Aceralia (Spagna), Arbed (Lussemburgo) e Usinor (Francia). E' il primo produttore di acciaio nel mondo, con stabilimenti in Belgio, Francia, Germania, Italia e 120.000 dipendenti. L'accordo sulla partecipazione che è stato raggiunto configura sostanzialmente la Arcelor come una SE, anche se il retroterra legale non è stato ancora ben definito. La struttura è monistica, con l'ingresso nel Consiglio di Amministrazione (board of directors) di 1 partecipante per ciascuna delle aziende originarie esistenti al momento della fusione.

Tra i problemi affrontati, quello delle retribuzioni dei tre rappresentanti dei lavoratori, che potranno essere parzialmente versate per contribuire alla creazione di un fondo comune europeo, per libera scelta dell'interessato.
E' stato affrontato e risolto il problema del rappresentante francese, che adesso non è più scelto dall'azienda come avveniva in un primo momento, ma viene indicato unitariamente dai tre sindacati francesi.
E' stato chiesto l'allargamento del numero dei rappresentanti per comprendervi anche gli stabilimenti di Belgio e Germania (che lo hanno richiesto; non sarebbero pervenute altre richieste): si è ottenuta la loro partecipazione come osservatori, ma ci saranno ulteriori evoluzioni.

L'esperienza pratica di funzionamento della partecipazione in Arcelor si è realizzata a fronte di una ristrutturazione rispetto alla quale ha funzionato un sistema di allertamento, che ha dato luogo ad un'azione sindacale che è riuscita ad approdare ad un accordo che prevede anni di tempo prima della chiusura di stabilimenti; impegni di re-industrializzazione; un piano sociale; la ricerca di alternative industriali, ecc. Un momento particolarmente significativo della vertenza si è avuto il 25 aprile 2003, con l'organizzazione di una giornata di mobilitazione a livello europeo (European Action Day) e, in concomitanza con l'assemblea degli azionisti, uno sciopero in Lussemburgo, presso la sede europea del gruppo.

Tra gli obbiettivi futuri del sindacato in Arcelor: l'ottenimento di più informazione, in tempo reale; la messa a punto di un sistema di allertamento rapido; l'istituzione di relazioni sindacali oltre che a livello del Board.

Punti deboli individuati: la riservatezza delle informazioni può risultare un handicap; la difficoltà di rapporti tra i membri del board e il sindacato a tutti i livelli; l'eccesso di approccio nazionale.

L'ultima relazione della Conferenza la ha svolta Luc Triangle, che ha illustrato i punti salienti delle Linee Guida della FEM sui temi della Società Europea. Luc Triangle ha esordito lamentando la difficoltà di buttare giù un vademecum senza avere alle spalle esperienze in materia.

Tra i problemi che questo appuntamento solleva nel sindacato: le differenze notevoli tra le diverse union; il fatto che ci sia anche chi dice un "NO" di principio alla Partecipazione; il contrasto tra culture del dialogo e culture del conflitto; la mancanza, spesso, di cultura della partecipazione.

Per la FEM, l'assunzione della partecipazione come obbiettivo da perseguire e l'impegno a lavorare per una trasposizione celere e ben fatta della Direttiva e del Regolamento nei diversi ordinamenti nazionali sono premesse fondamentali.

Tra i punti delicati: come regolarsi tra il sistema monistico svedese e quello duale tedesco? Vero che non tocca al sindacato negoziare le strutture di base della Società Europea, come ha ampiamente spiegato Roland Koestler, ma difficilmente il problema può lasciarci indifferenti. Il compromesso possibile è orientarsi per la soluzione che caso per caso ci metterà a disposizione più posti. Uno dei punti delle Linee Guida, pertanto, insiste sul "livello di partecipazione" e opta per "il più alto livello di partecipazione", intendendo appunto il sistema che offre il numero più alto di posti di rappresentanti dei lavoratori, indipendentemente dal fatto se si tratti di un sistema monistico oppure di un sistema dualistico.

Altra questione decisiva è quella del mandato europeo: i rappresentanti dei lavoratori che andranno a far parte degli organi di direzione o di controllo delle imprese dovranno assicurare la copertura dell'intera realtà dell'azienda, e non limitarsi agli stabilimenti situati nei propri Paesi di provenienza. Le procedure di selezione di questi rappresentanti dovranno essere democratiche e trasparenti: si esclude che ci possano essere rappresentanti nominati dal management. Inoltre, i rappresentanti dovranno agire in stretta cooperazione con i sindacati nazionali e la FEM.

I sindacati nazionali interessati dovranno sviluppare un approccio unitario prima che le negoziazioni abbiano inizio, e riconoscere alla FEM un ruolo di mediazione per comporre eventuali divergenze.

Tra i punti più controversi, c'è quello sulle regole finanziarie: a chi vanno i soldi del Rappresentante? I Tedeschi vogliono che ci sia una regola; gli Svedesi chiedono che ci si rimetta a decisioni individuali dei membri. La FEM è impegnata a sviluppare approfondimenti e proposte su questo tema.

Per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni, questa può coprire solo notizie che costituiscano segreto industriale, espressamente definito tale.

Tra gli altri punti discussi nelle Linee Guida: la presenza di esperti sindacali nel Corpo Speciale di Negoziazione e alle riunioni del Board; la possibilità che siano eletti quali Rappresentanti anche dei sindacalisti non dipendenti; la Formazione prima dei negoziati per i componenti del Corpo Speciale di Negoziazione e per i sindacalisti coinvolti, nonché successivamente per i Rappresentanti eletti; la tutela dei componenti del Corpo Speciale di negoziazione e dei Rappresentanti; mandati per i Rappresentanti di massimo 4 anni; ecc.

Le Linee Guida non sono definitive, ma verranno arricchite e meglio precisate successivamente, sulla base delle esperienze che si cominceranno a fare.

Roberto Campo

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