UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - 6-7  giugno/luglio 2004

Ciao, Irene! 

E' scomparsa Irene Spezzano. La ricorda Franco Lotito, Presidente del Civ dell'Inps e già segretario generale della Uilm. Proprio in quegli anni la Spezzano fu una delle sue più strette collaboratrici. Di lei rimane il calore del sorriso e la positività dell'agire quotidiano, nonostante la malattia che da anni la indeboliva fisicamente. Si era avvicinata al buddismo, sapeva cogliere le energie positive che le gravitavano intorno, e a chi godeva della sua fiducia poteva capitare di essere invitato a frequentare il centro dove si "praticava" quell'originale filosofia. Durante una campagna elettorale per le "politiche" aveva voluto dire la sua in un modo alternativo: sul balcone del suo appartamento, nei pressi del Lungotevere Ripetta, aveva installato un altoparlante da cui diffondeva opinioni e slogan personali e dei suoi amici cari, invitati appositamente per la "kermesse no-stop".
Lei che era stata per anni l'addetto stampa dei metalmeccanici della Uilm spiegava che l'attività sindacale in questa categoria era entusiasmante, perché era un qualcosa che "ti prendeva dalla pancia".
Chi scrive ha un rimpianto: quello di non aver abbassato le "barriere di facciata" rispetto all'entusiasmo vitale di Irene.
Un po' per timidezza, forse per riservatezza.
Dispiace aver eluso l'invito a capire cosa fosse la filosofia buddista, a non essere andato su quel balcone a diffondere una convinzione politica, ad aver nicchiato rispetto al suo giudizio sui metalmeccanici, a non aver accolto un suo invito a parlare in una riunione in Uil per "prudenza".
Consola averle preso la borsa, dopo un convegno a Napoli, e averla messa nel bagagliaio dell'auto del Segretario generale della Uil, perché lei proprio non ce la faceva a portarla nel suo viaggio di ritorno in treno a Roma.
Sovviene la tensione della voce da un piano all'altro del palazzo di via Lucullo: "Allora quando vieni da noi (i buddisti, n.d.r.); sei una persona positiva, ti piacerebbe…".
Una scusa dopo l'altra e non ce n'è stato mai modo. Grazie di cuore per quell'espressione immeritata. (A.G.D.M.)


Lettera ad Irene  

Mia carissima Irene,

                   non riesco ancora a credere che questa volta l’abbia avuta vinta su di te. Come ha potuto avere ragione su di te? Sai, mi tormenta un pensiero, e cioè che questa volta, mia carissima amica, tu abbia potuto decidere di alzare le braccia.

                   Già altri tentativi aveva fatto in passato per metterti con le spalle al muro. Il tuo straordinario coraggio, l’immensa volontà di vivere l’avevamo sempre ricacciata indietro. Ma lei tornava sempre alla carica, e sempre più malvagia. E sempre, ogni volta, tu (non i medici) a lottare per sconfiggerla. Ancora e ancora. E noi a chiederci dove mai potessi custodire la riserva di tutta quella forza che ti faceva sorridere. Ed a lei che ti insidiava e ti avviliva, ti faceva dire: “no sto bene!”

                   Questa volta non è andata così. Perché? No, non mi interessano le spiegazioni della medicina. Voglio sapere perché questa volta, tu hai deciso diversamente. Eppure sapevi che avevamo ancora bisogno di te.

                   Sei stata con noi e con la nostra organizzazione – che fece una delle sue cose migliori quando decise di prenderti con se.

                   Ricordi? Erano 28 anni fa; quando tu aggiungesti la tua passione politica a quella che in quegli anni animava la vita unitaria dei metalmeccanici. Gli anni della nostra giovinezza, in quel luogo straordinario che fù la FLM. Tutto era dominato dall’impegno senza riserve e senza limiti di tempo dalla passione politica e dal rigore morale. E tu eri – come usa dire – nel tuo elemento.

                   Eri già alle prese con il tuo male, ma di te ammiravamo la serena determinazione. Ragionare; riflettere; scrivere; agire. Diventasti così la “nostra” Irene. La nostra amica con la quale poter condividere in qualsiasi momento l’impegno politico, ma anche il tempo dell’amicizia vera e sincera. Ricordi le serate a casa tua a parlare di tutto; ed a consumare, senza soluzione di continuità il passaggio dall’essere compagni all’essere amici; a politicizzare il privato ed a privatizzare la politica. Ricordi “Piani Uggi”? I miei figli allora erano piccoli. I “lupacchiotti”: così li chiamavi.

                   Così li hai chiamati l’ultima volta che ti ho vista, quando mi hai chiesto di loro.

                   Di quante cose abbiamo parlato durante tutti questi anni!  E come faremo ora a portare avanti quel ragionare piano, intelligente ed appassionato che tu ci imponevi con la tua dolcezza?

                   Ora, non potendoti più incontrare e non potendoti più parlare dobbiamo accontentarci di scriverti. Lo faremo ancora, noi che ti abbiamo conosciuto e che abbiamo presto imparato a volerti bene.

                   Non ci resta che conservare il tuo più grande insegnamento, ora che non sei più con noi: amare la vita; amarla sempre; anche quando sembra volersi separare da te. Anche quando da te prende congedo.

                   Addio mia carissima amica
                                                                                                         Franco Lotito

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