UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - 6-7  giugno/luglio 2004

La formazione continua

Solo il 24,7% delle imprese italiane investe nella formazione continua dei dipendenti, contro una media europea che supera il 60%. Questo il dato emerso durante il convegno "La formazione continua. Il ruolo delle parti sociali, i fondi interprofessionali, gli strumenti contrattuali, organizzato lo scorso 22 giugno a Roma da Federmeccanica e Fim-Fiom-Uilm, presso la sede del Cnel.
I lavoratori coinvolti nei percorsi di apprendimento permanente sono stati, nel 2002, 1.915.000, pari al 17,3% degli occupati. Complessivamente, sono stati spesi oltre un miliardo e 300milioni di euro. ''Rilanciare la formazione continua - ha affermato il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, concludendo l'incontro - è il modo giusto di cogliere l'opportunità e la sfida offerta dalla sussidiarietà orizzontale. Un ruolo fondamentale nella gestione condivisa dei mercati del lavoro territoriali spetta alla bilateralità. Gli enti bilaterali, infatti, una volta a regime la legge Biagi e la riforma degli ammortizzatori sociali, che - ha ribadito Sacconi - contiamo di approvare entro l'anno, potranno simultaneamente fare colloqui di orientamento, incontro tra domanda e offerta, formazione continua e gestire gli ammortizzatori. Fare politiche di 'workfare' - ha concluso - significa proprio incrociare più strumenti, orientandoli sempre ai bisogni emergenti e alle persone a rischio di esclusione sociale". ''Sulla formazione continua c'è sicuramente un gap da colmare, che ci separa dagli altri Paesi europei", ha detto Roberto Santarelli, vicedirettore generale di Federmeccanica e membro della Commissione nazionale per la formazione professionale. ''Servono regole e strumenti fluidi ed efficienti, ma anche risorse e soprattutto la capacità di spenderle bene. Bisogna passare dalla logica dell'offerta 'a catalogo' a un approccio differenziato sulla base delle esigenze reali delle imprese". ''In questo contesto - ha sottolineato Santarelli - le parti sociali devono svolgere la loro parte e recuperare la capacità di dialogo scegliendo proprio il campo della formazione, caratterizzato da un ruolo importante della bilateralità. Un campo, inoltre, strategico sia per la competitività delle imprese sia per l'occupabilità dei lavoratori". Un traguardo importante è stato l'accordo sulla formazione continua firmato il 7 aprile. ''Per la prima volta -ha spiegato Santarelli- ha coinvolto tutte le organizzazioni sindacali e speriamo che l'iniziativa possa aprire un nuovo percorso di dialogo, anche in vista del rinnovo del biennio contrattuale".
A beneficiare dei corsi di formazione professionale sono in maggior misura gli impiegati. Fra questi, infatti, la percentuale arriva al 24,9%. Seguono i dirigenti, con il 22,5%, mentre è ancora bassa la quota di operai (13%). Secondo i dati contenuti nell'ultimo rapporto del ministero del Welfare sulla formazione continua, i dipendenti coinvolti crescono nelle aziende più grandi (28,8% in quelle con oltre 250 addetti), mentre ammontano al 17,1% in quelle tra i 50 e i 249, al 12,9% in quelle tra i 10 e i 49 e all'11% in quelle sotto i 9. Sono, infatti, soprattutto le aziende di medie dimensioni (50-249 dipendenti) a organizzare percorsi di apprendimento permanente, passate nel biennio 2000-2002 dal 38% al 54,6%, con un incremento del 16,6%. Tra queste, l'apporto maggiore è venuto dalle imprese del settore alimentare (+28,1%), dei servizi alle imprese (+22,1%), delle industrie meccaniche ed elettriche (+21,6%) e dei servizi alle persone (+21,5%). Sul totale delle imprese, invece, fanno più formazione quelle che operano nei servizi alle persone (41,5%) e quelle meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (40,2%). La formazione continua è destinata
prevalentemente ai lavoratori settentrionali. Nel Nordovest, sempre nel 2002, ha seguito corsi il 18,7% dei dipendenti. Intorno alla media nazionale si collocano il Nordest e il Centro (rispettivamente 17,4% e 17,3%). Tra il personale delle imprese del Sud, la percentuale scende al 14,8%. A livello regionale, il valore più elevato di lavoratori che si sono formati si registra nel Lazio (20,3%). Ma è nel Nord che si concentra il maggior numero di beneficiari: 18,8% in Lombardia e Liguria, 18,2% in Piemonte e Valle d'Aosta, 17,8% in Trentino-Alto Adige, 17,5% in Friuli-Venezia Giulia, 16,4% in Veneto. Elevata anche la percentuale in Emilia-Romagna (18,3%) e in Toscana (16%), mentre scende al 13,9% in Umbria e al 13,1% nelle Marche. Al Sud, la regione in cui le imprese mostrano l'interesse maggiore e' l'Abruzzo, dove il 16,7% dei lavoratori ha svolto corsi. Seguono la Puglia (15,9%), la Campania (15,3%), il Molise (15%), la Sardegna (14,6%). I valori più bassi si registrano in Basilicata (13,5%), Calabria (13%) e Sicilia, che con il 12,9% è ultima in classifica.

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