UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

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Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - n° 8/9  settembre-ottobre 2004

Il lavoro a progetto 

La riforma Biagi ha avuto l'indiscutibile merito di affrontare il problema 
delle collaborazioni coordinate e continuative, introducendo la nuova figura 
del lavoro a progetto. La riforma ha perseguito in verità una finalità duplice: 
da una parte ha posto un argine allo scriteriato utilizzo della collaborazione, 
che tendeva sempre più a sconfinare nel campo proprio del lavoro 
subordinato, dall'altra ha garantito ai collaboratori una serie di tutele 
essenziali tipiche del lavoro dipendente. E' subito da rimarcare, però, che il lavoro a progetto non sostituisce completamente la vecchia figura della collaborazione coordinata e continuativa, piuttosto crea una sottocategoria destinata ad assorbire la maggioranza dei casi, peraltro quelli maggiormente bisognevoli di tutela. Provando a schematizzare, potremmo dire che in seguito alla riforma oggi coesistono la tradizionale figura della collaborazione coordinata e continuativa, relegata ad una serie piuttosto limitata di ipotesi specificamente individuate dalla legge, e la nuova figura del lavoro a progetto, cui le vecchie collaborazioni oggi devono uniformarsi nella stragrande maggioranza dei casi.
E' utile precisare che la collaborazione coordinata e continuativa si inserisce a pieno titolo nell'area del lavoro autonomo. Ciò nonostante negli ultimi anni si era assistito ad una pericolosa proliferazione dei contratti di coordinazione in luogo del contratto di lavoro subordinato. In altri termini, le parti spesso qualificavano come autonomo un rapporto che a buon titolo, nel concreto svolgimento dell'attività lavorativa, poteva considerarsi subordinato. In tal modo i neo assunti erano privati delle tutele tipiche del lavoro subordinato, o per meglio dire erano spogliati di una qual si voglia tutela.
In seguito alla riforma è sicuramente più difficile un utilizzo improprio dell'istituto, che fraudolentemente qualifichi come autonomo un rapporto sostanzialmente subordinato. Difatti la legge attuale prevede che "i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, (…) devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa". Ne deriva che i contratti di lavoro a progetto possono essere stipulati solo se hanno per oggetto il compimento di uno specifico progetto; i contratti di lavoro a progetto devono essere a termine, ciò ci appare una diretta conseguenza della "riconducibilità ad un progetto"; il carattere autonomo del rapporto deve essere effettivo, particolare enfasi pone la legge sul fatto che non debba sussistere un orario di lavoro. Nel caso in cui detti requisiti di validità del lavoro a progetto non sussistano, si avrà come conseguenza l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato. Si badi che il contratto di lavoro a progetto deve essere redatto per iscritto e, fra le alte cose, deve contenere puntuale indicazione del progetto cui il contratto è legato.
La riforma, come già enunciato, non si limita a pretendere con maggior rigore la effettività del carattere autonomo del rapporto di lavoro. Bensì essa riconosce ai lavoratori a progetto una serie di tutele tipiche del lavoro subordinato. Naturalmente si tratta di tutele ancora, per così dire, minimali. Ciò nonostante, la scelta legislativa appare non solo felice, ma anche di notevole portata storica, nell'ambito giuslavoristico.
Più in particolare la legge stabilisce che il lavoratore a progetto ha diritto ad un "compenso (…) proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito", tenuto conto dei "compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto". La norma ha innanzitutto un evidente valore pratico, poiché pone un limite alla possibilità di sfruttamento dei lavoratori a progetto, inoltre crediamo che abbia anche un grande valore di principio, poiché può rappresentare un primo ed incoraggiante segnale di estensione generalizzata del diritto ad una retribuzione equa e sufficiente, sancito dall'art. 36 della Costituzione, diritto fino ad ora negato ai lavoratori autonomi. L'ultima parte della norma (tenuto conto…) limita, però, la portata effettiva del precetto, poiché obbliga il giudice a considerare quale termine di riferimento un valore difficilmente individuabile nella pratica: non è chiaro, difatti, come e dove ricavare l'ammontare dei "compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto".
Altra rilevante norma stabilisce che "la gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore a progetto non comportano l'estinzione del rapporto, ma la sua sospensione, senza erogazione del corrispettivo. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale". E' inoltre da cogliere un altro segnale di avvicinamento della disciplina del lavoro a progetto con la disciplina del lavoro subordinato: a carico del lavoratore a progetto è posto l'obbligo di riservatezza, che ricorda molto l'obbligo di fedeltà dei lavoratori subordinati, ossia il lavoratore a progetto, salvo diverso accordo, non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi ed alla loro realizzazione.
Di fondamentale importanza è infine il rinvio alla contrattazione collettiva. La legge esplicitamente afferma che la disciplina legale non pregiudica "l'applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto". Da questa norma, come del resto dagli esempi più avanzati di associazionismo sindacale di alcune categorie di collaboratori, si può agevolmente ricavare l'opportunità di agire per l'affermazione dei diritti dei lavoratori a progetto in sede di contrattazione collettiva. Data la diffusione della collaborazione (oggi del lavoro a progetto), detta opportunità può divenire in sede di politica sindacale un'urgente necessità, benché la nostra categoria sia una di quelle meno colpite dalla sostituzione del lavoro subordinato con il lavoro autonomo.
Gianluca Ficco

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